Le stelle di Celi

Lucia Zanettin

 

La vicenda sportiva ed umana di Marcello De Dorigo, grande campione dello sci da fondo degli anni ’60, il primo atleta centroeuropeo che è riuscito a battere gli sciatori nordici in una disciplina sport che, tradizionalmente, costituiva un loro appannaggio. Durante un allenamento invernale in Svezia De Dorigo, rimasto solo, si perde però nel bosco; dovrà affrontare la prova più difficile della sua vita: riuscire a sopravvivere.

 

 

 

Italia 2017 – 1h 13′

Le stelle di Celi racconta la vicenda sportiva, ma soprattutto umana, di uno dei più grandi fondisti italiani, Marcello De Dorigo, il primo che, nel 1963 a Seefeld in Austria, in una gara preolimpica, riuscì a battere i nordici e, per questo, a conquistare la copertina della Domenica del Corriere.
Una carriera destinata probabilmente a diventare straordinaria, quella dell’atleta di Laste di Rocca Pietore il cui cuore pulsava appena 26 volte al minuto. Se non fosse stato per quello che successe a Volodalen in Svezia il 28 novembre 1964 durante un allenamento con la nazionale. Una vicenda nella quale la regista, al suo secondo film dopo Il fronte di fronte (la Grande guerra nella cornice della Val Vanoi), si è tuffata grazie al figlio di Marcello, Santo, che le ha proposto di farne uno sul padre. Negli oltre 70’ (le location per gran parte sono ancora i boschi del Vanoi) il pubblico è rimasto in un angoscioso silenzio ad accompagnare Marcello De Dorigo, interpretato da Giampiero Orsingher, in quell’incredibile giornata svedese, iniziata come tante altre e diventata un incubo.

 

De Dorigo si separa dai compagni di allenamento e prosegue da solo nella foresta svedese. È mattina. Le ore passano e lui non trova più la strada per tornare al rifugio. Il freddo si fa più pungente e la luce invece si affievolisce. Zanettin riduce al minimo la voce narrante del vero De Dorigo per far vivere appieno al pubblico quei momenti disperati in cui l’uomo, da solo con se stesso, si aggrappa all’unica ancora di salvezza, il movimento. Gira tutta la notte, De Dorigo, con gli sci e senza, anche quando non sente più i piedi. Poi, guardando in alto nel cielo svedese vede tre stelle (che danno il titolo al film; Celi è il diminutivo di Marcello con cui veniva chiamato a Laste). A loro si volge per tornare verso il rifugio nei cui pressi arriverà al mattino. Salvo.All’ospedale gli vengono amputate sei dita dei piedi perché congelate. La carriera è finita, ma la vita è ancora sua. Ed è proprio della vita che la vicenda di Marcello De Dorigo è metafora. Ci si può smarrire in vicoli ciechi da cui si può uscire trovando la forza dentro di sé e appigliandosi a pochi punti fermi. Qualcosa, probabilmente, si perderà, ma qualcosa si salva. Come dice nel film De Dorigo: «Perderò un piede, ma la vita è un’altra cosa»

Gianni Santomaso – Corriere delle Alpi

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