Dove non ho mai abitato

Paolo Franchi

Massimo è il delfino e il “figlio putativo” di Manfredi, celebre architetto della Torino bene. Francesca è la vera figlia del luminare, anche lei architetto di talento: ma con grande disappunto del padre la donna ha deciso di abbandonare la professione e trasferirsi in Francia con un marito che, secondo Manfredi, non vale un centesimo di quello che vale lei. Quando Francesca torna a Torino per fare visita al padre, Manfredi le affida l’incarico di portare a termine la ristrutturazione di una magnifica villa alle porte della città, affiancando Massimo nell’impresa… Una narrazione classica di una grazia non comune, capace di veicolare il calore di emozioni vere attraverso appassionati squarci mélo.

 

 


Italia 2017 – 1h 37′

Due solitudini si incontrano, due «cuori in inverno» cominciano ad aprirsi in un intreccio che scorre sotterraneamente, dove si intuisce la forza dei legami e dei contrasti, anche di chi è fuori campo. Conta molto di più la messa in scena che non le parole, in quegli ambienti come luoghi emotivi, lontani dal frastuono della contemporaneità. Paolo Franchi apre ancora una volta un orizzonte inedito nel racconto cinematografico con dispositivi che può utilizzare per la scelta di attori carismatici (l’uso del primissimo piano, le ellissi, i sottintesi, il gioco dei silenzi, la lontananza linguistica) e costruisce così l’inestricabile rete di una passione romantica. (…) Gli spazi entro cui si muovono i personaggi sono quasi sempre vuoti come negli agghiaccianti interni delle riviste di arredamento e aspettano che il calore umano li riscaldi. II regista accende questo fuoco, ma non ne fa un incendio, procede con riserbo e cautela, con la malinconia strategica e poetica dell’amore impossibile. (…) Un film che sfugge alle classificazioni, un tono di racconto e di tensione morale che concilia con il nostro cinema.

Silvana Silvestri – Il Manifesto

Il regista Paolo Franchi cita come modelli di ispirazione Cechov, straordinario tessitore di tranche de vie sul filo ondivago della realtà, e Henry James, squisito incisore di ritratti femminili imprigionati in una repressiva cornice sociale. Suggestioni letterarie a parte, formalmente Dove non ha mai abitato è un film alla Antonioni, orchestrato su un impeccabile slittamento di tempi e spazi, sottolineato dalla musica da noir dell’anima di Donaggio; ed emozionalmente alimentato, anche grazie ai due ottimi interpreti, da un intreccio di sguardi che dicono più e meglio delle parole.

Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa

 

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