Murder à la Mod

Brian De Palma

 USA 1968 – 1h 20′

 TORINO – Murder à la Mod è il secondo lungometraggio girato da De Palma (dopo The Wedding Party, che uscì però l’anno successivo), ma il primo proiettato in sala, dove riscosse scarso successo di pubblico e di critica. Nonostante l’eccessiva complessità dell’intreccio, che rende arduo per lo spettatore districarsi tra i vari fili della storia, la sua visione costituisce un puro piacere per chi ha amato il suo cinema, in quanto vi si possono trovare molte anticipazioni di temi e modalità di rappresentazione, che costituiranno la marca stilistica di questo autore.


Innanzitutto il predominio dello sguardo nella costruzione drammaturgica, poi il moltiplicarsi dei punti di vista, la suspence creata, alla Hitchcock, attraverso i movimenti della macchina da presa, gli effetti di rallentamento, il film nel film, personaggi come il filmaker, la morte in scena della protagonista, il punteruolo come arma…
Al centro della storia c’è un delitto: una giovane modella bionda è innamorata di un filmaker di nudie, che le fa girare una scena in cui viene assassinata con un punteruolo da ghiaccio nell’occhio, come verrà realmente uccisa, una volta spenti i riflettori. La messa a morte è dunque anticipata dalla sua messa in scena, mentre la ricostruzione del delitto sarà filtrata dai punti di vista di tre personaggi e per ciascuna delle tre narrazioni De Palma adotterà stili diversi per sottolineare la differenza di ottica con cui i fatti vengono raccontati. Il primo testimone è la ragazza stessa e la sua storia ha dei contorni romantici, la seconda versione, quella del filmaker, è costruita secondo le regole della suspence hitchcockiana, la terza, che appartiene ad un attore di film horror sordomuto, interpretato da William Finnley, è realizzata nei modi del cinema muto, tutta azioni e gag visive.
C’è chi ha visto in questo film alcune anticipazioni di Blow Out (dove effettivamente in una scena un televisore trasmette proprio questo film), ma a questo vanno aggiunte anche le atmosfere e alcune marche stilistiche di Dressed to Kill (Vestito per uccidere), Body Double (Omicidio a luci rosse), Snake Eyes (Omicidio in diretta) e Femme fatale.
È curiosa la definizione che De Palma stesso diede del suo film, di cui si dichiarò non del tutto soddisfatto: “L’idea era quella di fare un cocktail erotico-fantastico-poliziesco completamente grottesco. Il risultato è stato un brutto Corman o piuttosto un Bergman che cerca di copiare Roger Corman” (M. Henry, Entretien avec B.D.P.) Troppo severo Brian!

Cristina Menegolli – MCmagazine 45

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