Serie speciale questa di cinema invisibile. Con l’approssimarsi della bella stagione vengono sospese le serate del mercoledì e visto che (finalmente!) sono poche le pellicole di qualità che da Natale ad oggi non hanno trovato spazio sugli schermi padovani, la nostra proverbiale rassegna video d’autore al Torresino viene ad occupare lo spazio del giovedì e, in concomitanza col trentesimo anniversario dell’uscita di un film cult come Un anno con 13 lune, prende corpo una mini-maxi rassegna di 3 film in 10 serate...


 

“Ogni sette anni c'è un anno lunare. Gli individui la cui esistenza risente in modo particolare delle emozioni sono soggetti, durante questi anni, a depressioni, il che succede, anche se non in maniera così rilevante, negli anni con tredici lune nuove. Se un anno lunare è contemporaneamente un anno con tredici lune, i risultati sono spesso catastrofici. Sono sei gli anni del ventesimo secolo in cui questa pericolosa coincidenza si verifica. Uno di questi è il 1978…”

   Quando, trenta anni fa, Rainer Werner Fassbinder realizza il suo Un anno con 13 lune ha all’attivo già oltre trenta film (l’esordio è del 1969 con L'amore è più freddo della morte - espliciti gli influssi di Godard e Straub) e ha già segnato il “nuovo cinema tedesco” con l’impeto della sua filmografia, rivelatasi con la struggente love story di Petra e Karin soffocata dalle prevaricazionI interpersonali (La lacrime amare di Petra von Kant - 1972) e attestatasi nell’immaginario collettivo con storie di straziante (dis)umanità: dall’indimenticabile, commosso approdo sentimentale di Emmi e Alì (La paura mangia l’anima - 1974) alla parabola sul cinismo borghese di Il diritto del più forte (1975); dalla raffinata ricerca linguistica di Effi Briest (1974) alla cruda denuncia collettiva dello stato di polizia tedesco negli anni di piombo (Germania in autunno - 1978); dalla impietosa, sgradevole vacuità morale di Hanni e Frank (Selvaggina di passo - 1972) all’intellettualismo grottesco con cui Despair (1979) chiude una trilogia sulla decomposizione dell’ipocrisia borghese aperta con Nessuna festa per la morte del cane di Satana e culminata in Roulette cinese (1976).
Con
Un anno con 13 lune il dramma pubblico e sociale si tramuta in accorata tragedia personale (nell’estate l'amico/amante Armin Meier si è suicidato) e la forza dell’emozione intrinseca del racconto raggiunge momenti di angosciante forza figurativa (la sequenza dal mattatoio!). Una tappa memorabile nel cammino d’autore di Fassbinder (questa breve, estemporanea rassegna nasce proprio dall’idea di una doverosa celebrazione-esternazione di quest’opera clou) il quale ribadisce il suo ruolo centrale nella cinematografia tedesca di allora con il successivo, magistrale Il matrimonio di Maria Braun (1979). Costruito come una trasparente, lucida metafora della Germania post bellica, segnato dal suo “raggelato romanticismo” melodrammatico e dalla fulgida presenza scenica di Hanna Schygulla, Die Ehe der Maria Braun, apre a Fassbinder la via della notorietà internazionale.

Così nel 1980 il festival di Venezia presenta il suo maxi-film Berlin Alexanderplatz, realizzato per la televisione ed articolato in 13 puntate e un epilogo, per raccontare la dolorosa istoria di Franz Biberkopf, ex galeotto in cerca di redenzione, cuore semplice brutalmente privato dell’affetto della sua Mieze, non-eroe nazionalpopolare truffato dai suoi stessi compari e dalla crudeltà del vivere.
La perfezione dell’intrigo romanzesco e stilistico di Fassbinder (non è possibile non citare il tributo d’ispirazione a Douglas Sirk) trova ulteriore espressione artistica in Lili Marleen e Lola (1981) raggiungendo una gemma di purezza formale e magica nostalgia in
Veronika Voss (1982). Sarà lo scandalo di Querelle de Brest (ispirato all’omonimo romanzo di Jean Genet, saturo di un simbolismo onirico e di una cromaticità iper-reale) a chiudere la folgorante parentesi autoriale del trentaseienne Rainer Werner Fassbinder nello stesso anno della sua morte.

ezio leoni - TORRESINO - aprile/giugno 2008


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