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Alfred Hitchcock (Leytonston 1899 - Los Angeles 1980)

       È con The Lodger - A Story of the London Fog (1926) che Alfred Hitchcock comincia a mettere a fuoco la cifra che diventerà inconfondibile in quasi tutti i suoi film successivi: un’atmosfera carica di tensione, di insostenibile attesa, di paura e di pathos. Il film ha un grande successo e attira l’attenzione sul giovane regista, il quale, dopo aver diretto alcuni film non memorabili, coglie di nuovo il bersaglio con Blackmail (1929), girato ancora muto e subito dopo sonorizzato senza apparenti dissonanze, cioè senza nulla cedere delle sue atmosfere thrilling, rese acute da un artifizio esemplare: la parola «knife» (coltello) iterata fino al parossismo. Il successo non lo abbandonerà più, e di lì in avanti girerà — senza perdere un colpo, se non raramente — un numero incredibile di film, buona parte dei quali nella natia Inghilterra, dove rimarrà fino alla fine degli anni ‘30. È qui che il regista si fa definitivamente le ossa in un genere come il thriller, che frequenterà sempre, con poche eccezioni. Solidamente ancorato al genere, procede in una continua messa a punto di canoni — la suspense, il mistero, l’azione ecc. — che contribuisce a rendere classici, sottoponendo al tempo stesso le pratiche della messa in scena a un perenne affinamento, tale da rendere immediata e insieme complessa la lettura dei suoi film. In opere come Murder (1930) o The Man Who kKnew Too Much (1934) — quest’ultima una delle migliori del periodo «inglese» — il rigore strutturale e l’accuratezza minuziosa della costruzione degli stati di tensione si mostrano subito capaci di coinvolgere lo spettatore in una trama psicologica che sempre lo presuppone, facendone un elemento essenziale del gioco filmico. In Young and Innocent (1937), per esempio, è gia anticipata una delle chiavi della «fenomenologia» hitchcockiana, vale a dire l’imponderabile casualità come fonte dell’incubo. Qui Hitchcock struttura una narrazione squisitamente antideduttiva (in cui è negato il meccanismo del giallo) per concentrare l’interesse su una sorta di dialettica dell’accidentalità. Allo spettatore è nota fin dall’inizio l’innocenza del protagonista accusato di omicidio. Solo per caso il plot si scioglierà  [...] . The Thirty-Nine Steps (1935), Sabotage (1936), The Lady Vanishes (1938), sono tra i più riusciti film che precedono il passaggio di Hitchcock a Hollywood, avvenuto anche a causa delle condizioni non esaltanti del cinema inglese alla vigilia della seconda guerra mondiale.
È il produttore D.O. Selznick che riesce a convincerlo a trasferirsi, affidandogli la regia di Rebecca (1940). Il film vince l’Oscar, e Hitchcock si trova la strada immediatamente spianata. Comincia a girare un film dietro l’altro, tra cui Foreing Correspondent(1940), Suspicion (1941), Saboteur (1942), Shadow of a Doubt (1943), Lifeboat (1944), Spellbound (1945). Non scostandosi quasi mai dalle modalità del thriller e della suspense, il regista in realtà bersaglia nel profondo la psiche dello spettatore, scaraventandolo repentinamente in un universo di fantasmi e di incubi. Procede così — al di là della consuetudine del genere— verso la messa in campo di una sottile strategia dell’angoscia che si rivela capace di seminare inaudite turbolenze nelle profondità dell’inconscio. [...] In Notorious, uno spionistico ad alta tensione C. Grant e I. Bergman si producono in una performance antinazista costantemente tenuta in equilibrio spasmodico, lui agente segreto che convince lei, pur amandola, a sposare uno dei capi dello spionaggio tedesco per meglio controllarlo, in un intreccio di melodramma, passione e suspense al calor bianco. Successivamente è la volta di pellicole «minori», quali Stage Fright (1950), I Confess (1953), ma anche di grande intensità emotiva come Stranger on a Train (1951) [...]
Con il famosissimo Psycho (1960), in cui si mostra una volta di più capace di esaltare le strutture del thriller sconvolgendo alcune delle convenzioni più inveterate del cinema di intrattenimento. Per esempio., facendo morire la protagonista femminile dopo soli quaranta minuti; oppure impiegando una settimana per girare la celebre sequenza dell’accoltellamento della stessa protagonista nella doccia. Ma certo ancora una volta il nodo cruciale del film converge sul tema del doppio, o meglio, dello sdoppiamento schizoide generato dalla patologia psichica del protagonista maschile, fortemente intrisa di venature edipiche. Gestore di un motel sperduto nel deserto dell’Arizona, oppresso da uno shock familiare, in realtà l’uomo è dominato solo dal proprio «io» uscito «fuori di sé». Ed è certamente questa scissione, elaborata da Hitchcock con una con disseminazione quasi maniacale di tracce inquietanti, che proietta lo spettatore in una dimensione emotiva bruciante...

el le garzantine-Cinema a cura di Gianni Canova


contatore cinema invisibile dal 04-10-2001