Heimat – Frammenti, le donne (Heimat-Fragmente, Die Frauen)
Edgar Reitz - Germania 2006
- 2h 25'


Venezia 63° - Orizzonti

      Non si entusiasmino troppo i cinefili Heimat-dipendenti. Il nuovo lavoro di Edgar Reitz, Heimat – Frammenti, Le Donne non si può considerare davvero un proseguimento della trilogia di Schabbach: anche se l’ambizione del regista è quella di un vero nuovo capitolo artistico, in realtà questi ulteriori 145 minuti sono una ricomposizione, attraverso gli occhi di Lulu Simon (Nicola Schössler), di un passato fatto di spezzoni scartati dagli Heimat precedenti (essenzialmente da Heimat e Heimat 2). Una specie di “contenuti speciali” non inseriti in DVD (oltre sei ore di pellicola già montati) e utilizzati per comporre un’opera autonoma che parte dalle riflessioni esistenziali della figlia di Herman (“certi giorni mi sveglio e ho la sensazione che tutto sia già successo”) per arrivare a ripercorrere una storia del passato non affrontata in modo rigorosamente cronologico, ma vissuta attraverso volti e personaggi, (principalmente femminili) perfettamente riconoscibili per gli appassionati della saga: da Clarissa a Helga, da Maria a Schnüsschen, da Renate a Dorli.
Alcuni brani sono particolarmente significativi nella definizione dei singoli personaggi (un vero rimpianto non averli visti inseriti nei film), altri certamente meno indispensabili, ma in ogni caso l’operazione ha un grande potenziale nostalgico, per Lulu, per Reitz, per lo spettatore.

È curioso scoprire Evelyne a Parigi col suo compagno di colore (che poi sarebbe apparso, a sorpresa al matrimonio di Hermann), sapere che proprio da lei Clarissa aveva trovato dove abitare nella capitale francese in uno dei suoi viaggi di isolamento-peregrinazione. Vediamo come Hermann ed Helga abbiano risolto conflittualmente una relazione che sembrava poter supplire al grande amore per Clarissa. Adorabile Schnüsschen che si trucca come Elizabeth Taylor e parte per il suo lavoro di guida turistica, amara (e più complessa di quanto sembrasse) la figura di Olga con le sue ambizioni d’attrice e il suo corpo prorompente che rimane in mente più delle sue interpretazioni (lo adocchia anche Ansgar, ancora cinico e sfrontato prima di incontrare la sua Evelyne). Si ripercorre anche il primo Heimat con l’apparizione di Klärchen (la passione giovanile di Hermann), Paul (la sequenza che lo vede, incerto, camminare per l’Hunsrück presagisce quella che lo vedrà sparire per sempre dal suo villaggio) e Maria, madre coraggio di una discendenza orgogliosa e tormentata.

Complicato comprendere in quale contesto temporale inserire il requiem composto da Hermann (“il passato esce come un iceberg dal lago del presente” riflette Lulu), emozionante l’accostamento welllesiano per la verve registica di Reinard, immortalato in alcune immagini di lavorazione in Messico. La coppia Stefan-Rob accompagna Hermann nella sua esperienza con il console Handschuh alla Isarfilm (nuovi tasselli narrativi che portano alla creazione del Variavision…), Helga appare sempre più indurita nelle sue relazioni con gli altri (ricordate che poi finirà nella Baader-Meinhof?), ma altre sequenze della parentesi a Dülmen ce la ripresentano nei momenti di spensieratezza che il giovane Hermann aveva trovato tra le attenzioni sue e delle amiche Marianne e Dorli (più rilevante risulta il ruolo di quest’ultima nell’educazione sentimentale di Hermann).
Lo scavo nel passato e nei ricordi viene formalizzato da Reitz
con un approccio simbolico e surreale a cui la trilogia non ci aveva preparato. Lulu si muove sullo schermo con sottobraccio ora una vanga, ora con un trapano (“l’archeologia del futuro che scava nel presente…”), quando entra in un cinema le immagini con cui si confronta diventano proprio quelle del percorso filmico di Reitz, quando, nei magazzini cinematografici della Filmproduktions apre le scatole delle pizze, all’interno si animano altre immagini “mancate”... Nel suo viaggio interiore Lulu  ripercorre "la storia dei padri", cercando un senso per il suo presente: i frammenti di una memoria (cinematografica) satura di  contraddizioni e vitalismi esistenziali ("l'arte o la vita" recitava l'ultimo capitolo di Heimat 2) la conducono a riscopre "l'antico futuro della fanciullezza", a ritrovare dentro di se la forza di una nuova coscienza: "Apro gli occhi, respiro, e all'improvviso riesco benissimo a distinguere che cos'è qui, adesso, e che al tempo stesso sono fuori e sono dentro. Dentro di me il mio io, limpido, e fuori il mondo. Posso andare in entrambe le direzioni: nel tempo e fuori di esso. Sono libera. Vivo".

ezio leoni - Il Mattino di Padova  5 settembre 2006