Lasciati andare

Francesco Amato


È cosa risaputa: un bravo psicanalista deve rimanere impermeabile alle emozioni che gli scaricano addosso i suoi pazienti. Ma nel caso di Elia c’è il sospetto che con gli anni la lucidità sia diventata indifferenza e il distacco noia. Ieratico e severo, con un senso dell’umorismo arguto e impietoso, Elia tiene tutti a distanza di sicurezza: un’esistenza avara d’emozioni la sua, sublimata mangiando di nascosto gran quantità di dolci. Finché un giorno, a causa di un lieve malore, è costretto a mettersi a dieta e a iscriversi in palestra… Un racconto piuttosto brillante e piuttosto anomalo nel panorama della recente commedia italiana, un copione che, grazie a dialoghi orchestrati con brio e scioltezza, offre a Servillo l’occasione di prodursi con godibile, leggiadra autoironia nel ruolo di un «avaro» che finalmente impara a sciogliere i lacci dei sentimenti.

 

Italia 2016 – 1h 42′

Avevamo appena finito di dire che la commedia italiana langue, che perde colpi e mordente in senso inversamente proporzionale alla sua resistente presenza in quantità massicce, ed ecco nuovi elementi che costringono a un riesame. Lasciati andare di Francesco Amato è uno di questi (…) . La novità parte dal cast. Toni Servillo in chiave di commedia è una novità. Così come l’utilizzazione spinta di quanto c’è di potenzialità comiche nel talento irrequieto di Luca Marinelli. (…) A parte quanto detto sul cast dov’è la novità? L’architrave che ha irrobustito la tradizione della commedia cinematografica di rito italiano – discendendo essa dal Neorealismo – è stato impastato con una vivace se non prepotente tendenza al realismo, con una vocazione a farsi specchio della società soprattutto in rapporto alle condizioni sociali, allo sfondo politico e storico. In una parola la commedia ‘all’italiana’ ha espresso i suoi momenti più alti (sia pur nelle mille differenze tra le personalità che l’hanno illustrata) nella sua attenzione ai fattori ‘strutturali’, che riguardassero la rivisitazione del passato Novecentesco (le due guerre mondiali, il fascismo, la Resistenza) oppure – specialità di Dino Risi – che celebrassero la sintonia con l’attualità del ‘boom economico’. Insomma faceva dell’umorismo su materie che avrebbero potuto avere uno svolgimento drammatico.

 

Qui invece l’asse è completamente spostato sulla ‘sovrastruttura’, e sull’esito brillante della confezione. E il canone di riferimento non è più italiano ma americano. Dai titoli della classicità quasi sempre concentrati sulla ‘guerra tra i sessi’ (pensate alle scoppiettanti schermaglie di cui furono protagoniste Katharine Hepburn e Carole Lombard, Claudette Colbert e Miriam Hopkins o Rosalind Russell su un fronte, e sull’altro Cary Grant o Spencer Tracy) alle innumerevoli evoluzioni e variazioni successive fino a oggi

Paolo D’Agostini – La Repubblica

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