Una questione privata

Paolo Taviani


Estate del 43. Milton, ragazzo introverso e riservato, e Giorgio, allegro e solare, amano Fulvia. Lei si lascia corteggiare da entrambi, giocando con i loro sentimenti. I tre ragazzi nell’estate del 43 si incontrano nella villa estiva di Fulvia per ascoltare e riascoltare il loro disco preferito: “Over the Rainbow”. E nonostante la guerra, sono felici. Un anno dopo tutto è cambiato. Milton e Giorgio sono ora partigiani. e quando Giorgio è catturato l’unica speranza è trovare un prigioniero fascista per uno scambio, prima della fucilazione imminente… I Taviani si ispirano al romanzo di Fenoglio come a sfogliare quelle pagine già quasi pronte a fornire una sceneggiatura (prevale il racconto epico nel monologo interiore del protagonista), ripescando le parole a volte un po’ attempate che diventano movimenti di macchina, scene struggenti col loro marchio inconfondibile. Uno stile che incanta! 

 

 

Italia 2017 – 1h 24′

Per una volta i due fratelli italiani si sono divisi i compiti (la regia è solo di Paolo, per i postumi di un incidente che ha tenuto Vittorio lontano dal set) ma il film è totalmente di entrambi, coerentissimo con un percorso che ha sempre chiesto al cinema di farsi strumento di riflessione e di discussione, di confronto con la Storia e con il Presente. Anche a costo di apparire fuori moda. Fedele al romanzo di Fenoglio (…). Non è la prima volta che i Taviani scavano dentro le incoerenze dell’impegno, l’irrazionalità di azioni che dovrebbero essere mosse solo dalla ragione, ma qui lo fanno dal punto di vista esistenziale più che da quello ideologico. La rabbia del partigiano Milton prende forza dalla gelosia dello spasimante Milton, quasi se ne nutre, per restituire una complessità di motivazioni che non può non rimandare alla confusione dei giorni nostri. E i due fratelli lo raccontano come hanno sempre fatto, evitando le facili allusioni e i moralismi, con uno stile che può sembrare fin troppo «pacato» rispetto alle imperanti mode sincopate, dove ogni immagine trova un senso grazie al legame con il tutto e mai per la pura voglia di stupire, scegliendo una recitazione classicamente mimetica e una fotografia (di Simone Zampagni) dai toni compressi, mai eclatanti, come a restituire la «bruttezza» (morale prima che estetica) di quegli anni bui. Privilegiando così la coerenza con la propria storia che l’adesione agli imperativi di una presunta modernità.

Paolo Mereghetti – Il Corriere della Sera


Paolo e Vittorio Taviani (…) hanno davvero conosciuto, da adolescenti, l’epoca del film (che hanno tra l’altro raccontato in La notte di San Lorenzo). Ma qui sembrano piuttosto tentare una sorta di riattualizzazione metaforica e metastorica, provando a far incarnare a un gruppo di giovani d’oggi, come in trance, lo spirito di quell’epoca. L’esperimento riesce solo in minima parte, anche a causa delle evidenti carenze di gran parte del cast, sintomo forse di un’incertezza più generale di tono: tra realismo e astrazione, tra distanza saggistica ed elegia, tra dialoghi letterari riproposti tali e quali, e gusto del paesaggio che conduce verso la fiaba. Rimangono certe atmosfere sospese, i momenti in cui si avvertono la paura, la nebbia, il freddo e la fatica; e rimangono pur sempre la presenza scenica e lo sguardo allucinato di Marinelli, che era in effetti l’unico attore italiano a poter interpretare la febbrile ossessione di Milton.

Emiliano Morreale – La Repubblica

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