American Sniper
Clint Eastwood
- USA  2015 - 2h 14’

Miglior montaggio sonoro

   Otto anni fa Clint Eastwood film precedente in archivio girò due grandi film sulla stessa battaglia. Flags of our Fathers e Letters from Iwo Jima. Due film cioè due punti di vista, diversissimi e complementari. Il primo era raccontato con gli occhi degli americani, il secondo con quelli dei giapponesi. Ma se nel primo dominava la 'macchina' (la macchina infernale della guerra, la macchina della propaganda, i cannoni e i mezzi da sbarco delle scene di battaglia), nel secondo c'erano solo i soldati, cioè gli uomini. Con tutti i loro sentimenti e i doveri, i dubbi, i conflitti, ammirevolmente orchestrati in un racconto corale tanto asciutto quanto libero nella struttura. American Sniper (...) è l'esatto opposto. Non due film, ma uno solo, dedicato a un uomo che diventa una perfetta macchina da guerra senza smettere di pensare, sentire, soffrire, da essere umano. Non un racconto libero e corale, ma un film ossessivamente orchestrato intorno a uno e un solo punto di vista, quello del leggendario cecchino Chris Kyle (un mastodontico Bradley ooper). (...) Si capisce cosa deve aver attratto Eastwood in questa storia, tratta dalle memorie dell''American Sniper' (Mondadori). Chris Kyle è l'ambivalenza fatta persona. Nessuno spara meglio di lui. Nessuno dubita meno di lui, quando si tratta di difendere i suoi compagni o uccidere quei «selvaggi» (...). Tanto che il film, per aderire meglio al suo sguardo (alla sua visione del mondo), evita con cura ogni riferimento esterno all'orizzonte, angusto quanto inesplorato, dell'eroico Chris. Niente Abu Ghraib, dunque, né la minima allusione alla scena politica. American Sniper parla di soldati, punto e basta. Anzi di quel soldato, della sua vita, della moglie che lo aspettava a casa, magari ascoltando battaglie terribili in diretta sul cellulare (Sienna Miller). Di come riuscì, in un modo o nell'altro, a essere - anche - un bravo padre e marito. E del prezzo pagato, perché non si esce interi dall'inferno. (...) Difficile non fare paragoni con l'unico cine-capolavoro prodotto finora dalla guerra in Iraq, The Hurt Locker di Kathryn Bigelow (e volendo col successivo Zero Dark Thirty)...

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   Era stato sdoganato dalla critica monopensante, ora tornerà tra i (quasi) reprobi. Pazienza: Clint Eastwood, 84 anni e oltre 50 film, si è appostato dietro la cinepresa scegliendo - al contrario di quanto hanno fatto con la macchina fotografica l'Hitchcock di La finestra sul cortile o il Powell di L'occhio che uccide - il mirino del fucile di un cecchino dei Navy Seals per la sommessa celebrazione dell'abilità di un guerriero e insieme il lamento sulla sua condizione di alienato votato alla salvezza dei compagni e la morte del nemico. American Sniper è il potente diario audiovisivo tratto dall'autobiografia di Chris Kyle (...). Lo sguardo del demiurgo Eastwood, asciutto e implacabile come quello del massiccio protagonista texano, coglie senza perdersi in ghirigori estetici lo stato di assoluto disorientamento provocato dall'insanabile scissione tra le certezze patriottiche e l'adrenalina della missione foriera dell'impossibilità di tornare alla normalità del quotidiano. Non è un pacifista, certo, il grande vecchio del cinema americano e non lo è mai stato neppure quando officiava le vendette di Gli spietati, i tormenti fisici e mentali di Mystic River, le insurrezioni anti-apartheid di «Invictus» o gli assalti da kamikaze per amore di giustizia di Gran Torino. Ma giudicarlo in virtù d'ideologie pregiudiziali significa non capire la sua tematica fordiana, il suo interrogarsi sul destino e la responsabilità individuali e il ricorrente dissidio tra queste ultime e le ragioni primarie di sopravvivenza di una comunità. Il western, ancora: l'infallibile fulminatore come sceriffo, il suo contraltare adepto di Al-Qaida come 'wanted'; il duello -tra l'altro girato al culmine di una sequenza mozzafiato, un inferno dantesco tra tempeste di sabbia e corpi che s'abbattono- come versione moderna dell'OK Corral; la moglie, il cui rapporto col coniuge rischia sempre più di deteriorarsi, come Grace Kelly che attende trepidante Gary Cooper mentre le pistole cantano nel prefinale di Mezzogiorno di fuoco. Scabro, lucido e sintetico, Eastwood si avvicina al Peckinpah di Il mucchio selvaggio per come sa trasferire il dramma delle acmi mortali dalle quali non si può più recedere nell'occhio, il cuore e la mente dell'interprete combattente (Bradley Cooper): un procedimento d'alta miniatura filmica che funziona da agente principale del suo progressivo sprofondamento in una realtà fantasmatica, ingiudicabile in astratto, inguaribilmente 'altra'. Cosa importa definire Chris un eroe o un assassino, cosa importa sentenziare se ha ragione l'invasione Usa o il terrorismo islamico? Il lavoro dell'artista è quello di mettere a disagio lo spettatore, mordergli l'anima e suscitarne le emozioni più recondite e estreme (Leonardo o Michelangelo non erano biechi guerrafondai). In American Sniper è stato fatto così bene da rispondere al compito come quasi mai succede.

Valerio Caprara - Il Mattino

promo

Le vicende del Navy Seal Chris Kyle, personaggio controverso e considerato uno dei più letali cecchini del reparto speciale (ha totalizzato il record di uccisioni per un militare nella storia degli Stati Uniti). Chris viene inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua massima precisione salva innumerevoli vite sul campo di battaglie e mentre i racconti del suo grande coraggio si diffondono, dietro le file nemiche viene messa una taglia sulla sua testa trasformandolo nel bersaglio primario per gli insorti. Allo stesso tempo, però, Chris combatte un'altra battaglia, in casa propria, nel tentativo di essere un buon marito e un buon padre... È la guerra vista attraverso il potente binocolo di Kyle: le lenti mostrano in modo deformato, ingrandendolo, lo strazio della guerra moderna. Un'etica pericolosa e ambigua quella del "falco" Eastwood, ma all'attento osservatore, capace di guardare lo schermo con occhi spalancati e vigile coscienza, non può sfuggire la sottile morale: la morte genera solo la morte. Anche se si pensa di essere nel giusto. Anche se per un intero Paese sei un eroe. Film durissimo che richiede assoluta maturità di giudizio.


cinélite giardino BARBARIGO: giugno-agosto 2015