Un anno con 13 lune (In einem Jahr mit 13 Monden)
Rainer Werner Fassbinder - RFT 1978 - 2h 04'

Il 1978 è stato uno anno con tredici lune. Ed è proprio l'anno in cui si svolgono a Francoforte gli ultimi cinque giorni di vita di un transessuale, Elwin Weishaupt, divenuto Elvira in seguito a un'operazione fatta a Casablanca. Abbandonato da bambino in un orfanotrofio, perché illegittimo, Elwin da adulto era diventato macellaio nel mattatoio di Francoforte, si era sposato, aveva avuto una figlia. Questa è la sua famiglia che non abbandonerà mai affettivamente, anche dopo l'operazione di Casablanca. L'uomo per il quale ha subito l'operazione è Anton Seitz, un ebreo, sopravvissuto ai lager e divenuto potente con la speculazione edilizia e con la prostituzione organizzata. Ora Seitz è lontano e non pensa più all'amica. L'unico conforto di Elvira è una prostituta, Zora la rossa. Seguendo i pressanti consigli della sua ex sposa, Irene, Elwin-Elvira si mette sulle tracce di Seitz, lo incontra e ne subisce il cocente disprezzo. Ad Elvira rimane solo Zora. Vorrebbe ritornare a vivere nella sua famiglia, con la sposa Irene e con la figlia. Ma ormai è troppo tardi. Si sente un respinto da tutti. Solo la morte non può opporgli un rifiuto…

 

    …La didascalia iniziale pone subito sotto il segno di un destino astrale pressoché ineluttabile la parabola di Erwin/Elvira Weishaupt. Infatti, sempre è fondamentale il ruolo del destino nel melodramma, in cui il protagonista, per quanto lotti, non può resistere al fatale e inesorabile avvicinarsi della morte. La vita stessa di Elvira, ancor prima della sua messa in scena, è un grande melodramma. Il suo problema è trovare la giusta parte da recitare, a cominciare dalla definizione della sua stessa sessualità. Apprendiamo che nemmeno lei sa «perchè» è andata a Casablanca: non era in grado di farsi amare come Erwin, ma non riesce nemmeno a farsi accettare come Elvira. Non a caso il suo momento di felicità l'ha vissuto con Christoph, un attore. Da questo punto di vista la impressionante sequenza del mattatoio è rivelatrice. Mentre Elvira racconta a Zora la sua vita e le recita istericamente i brani teatrali che provava insieme a Christoph, le vacche, ordinatamente disposte in una gabbia-corridoio, vengono uccise, sgozzate, squartate e macellate. Il paragone che a prima vista vien fatto di istituire tra Elvira e queste bestie, accomunate dal destino di una morte «meccanica», è in realtà molto più complesso. Un anno con 13 lune non è un film suIl'emaginazione dei transessuali, animali da macello della società consumistica. A un certo punto del delirante monologo, Elvira fugge per la tangente della finzione e dell'autosuggestione fin quasi a gridare nel vuoto il suo desiderio di autodistruzione. Il facile parallelo con Francoforte, la città-mattatoio, si rivela allora come l'alibi di Elvira per la messa in scena del suo suicidio. È significativo che, quando era uomo, Elvira fosse macellaio (e, a quanto emerge dai suoi ricordi, un macellaio un po' troppo inebriato dal sangue): era uccisore perchè voleva essere vittima, come finalmente adesso può diventare (secondo un rapporto che Fassbinder avrebbe poi sviluppato a oltranza in Querelle). Il fatto è che, a differenza di altri eroi fassbinderiani, a Erwin-Elvira manca l'innocenza. E non potrebbe essere altrimenti in un personaggio condannato all'ambiguità anche dal punto di vista fisiologico. Per quanto possiamo compatire la sua infelice condizione, non ci può sfuggire il suo autocompiacimento nella sofferenza, la sua incapacità di scegliere un'identità. Non le resta che comportarsi come un'eroina da melodramma e come tale recita la sua scena secondo le situazioni che la vita quotidiana le propone. È chiaro, però, che il suo comportamento è motivato in gran parte dal cinico sfruttamento che dei suoi sentimenti fa la società.
Sembra che la società abbia punito Elvira per tutte le scelte che di volta in volta, per quanto incoscientemente, ha fatto: il matrimonio, il cambiamento di sesso, le sue storie d'amore con gli uomini. Perfino la nascita e la infanzia sono percepite come un'offesa dalla sua ignota madre. Elvira è talmente stritolata da questo vampirismo quotidiano che se ne fa una ragione di vita. Negli ultimi cinque giorni della sua esistenza ripercorre come in una via crucis le stazioni del suo martirio pagano: ma dietro l'inevitabile sacrificio non c'è salvezza, solo il nulla e le stimmate dell'egoismo impresse su chi resta.
Tutto questo è materiale abbastanza consueto per i film di Fassbinder. Ma in
Un anno con tredici lune compare un elemento filosofico insolito nella cosmologia del regista. Corteggiati intellettualmente per tutto il film, la figura e il pensiero di Arthur Schopenhauer vengono scopertamente citati nell'inquadratura in cui sorella Gudrun solleva la copertina del libro che sta leggendo (e che ironicamente si poteva supporre fosse un breviario). Schopenhauer è il pensatore che intende «il mondo come volontà e come rappresentazione». Schopenhauer è il filosofo di Francoforte, la città che, come ha ammesso lo stesso Fassbinder, è un elemento determinante della storia («una città la cui struttura specifica provoca dei destini come quello che qui è rappresentato»). Schopenahuer è quindi un punto di riferimento importante per addentrarsi nel significato di Un anno con 13 lune...


Davide Ferrario -
Cineforum

cinema invisibile TORRESINO gennaio-marzo 2008