<<

   Blog

ARCHIVIO recensioni MCmagazine      

Looking for Grace
Sue Brooks - Australia 2015 - 1h 40'

The Daughter
Simon Stone - Australia 2015 - 1h 34'

Tanna
Bentley Dean, Martin Butler - Australia 1h 44'

Venezia 72 - Concorso

12a Giornate degli autori

30a Settimana della Critica

 

Tre film per tre sezioni.
Questa la presenza australiana a Venezia con tre titoli, di cui due opere prime, uno più significativo dell'altro.


   
      Looking for Grace, sesta regia di Sue Brooks, ha ben figurato nella prima giornata del concorso: una rivitalizzazione della struttura narrativa a puzzle temporale che trasforma una tragedia familiare in un percorso a più sfaccettature, punti di vista, rivelazioni, in una commedia umana ansiosa e spiazzante. Il personaggio chiave è Grace, una ragazzina fuggita di casa con un'amica per assistere ad un concerto rock; lungo strada però incontra un giovane che la seduce e le porta via il bel gruzzolo che aveva preso dalla cassaforte di genitori. Sono loro, preoccupati per la sua scomparsa, i nuovi personaggi che entrano ben presto in gioco, ma si aggiungono anche un camionista in viaggio con la figlia, un anziano detective e, incombente, il landscape australiano che fa da vero protagonista nel pattering narrativo. Sì perché quello che Sue Brooks propone con Looking for Grace è come un quadro variopinto, quasi estraniante, dove le strade, le praterie del paesaggio sembrano linee e tracciati di un dipinto astratto e le emozioni e i sentimenti restano compressi dall'amaro evolversi del destino.

 

 

   

 Emozioni e sentimenti esplodono invece come in una tragedia greca in The Daughter , esordio di Simon Stone. Siamo in una zona periferica dell’Australia, con un’economia basata (un tempo) sulla produzione di legname. Ora Henry ha deciso di chiudere la sua segheria: ha una vita agiata e ciò che gli interessa al momento è celebrare le sue nozze con Anna, la sua ex governante, ben più giovane di lui. Per l’occasione torna Christian, il figlio che da tempo ha lasciato la casa paterna, dopo il suicidio della madre. Durante la permanenza Christian ritrova il suo amico d'infanzia, Oliver, uno dei tanti rimasti senza lavoro, e viene ben accolto dalla moglie di lui, Charlotte, e da Hedvig, la figlia. Walter, il padre di Oliver, che Christian già conosceva da ragazzo, ha avuto dei guai con la legge ma ora, pur presentando qualche problema senile, vive serenamente la sua vecchiaia curando una propria mini-oasi naturalistica. In questa situazione apparentemente tranquilla emergono tensioni via via crescenti: Christian che rinfaccia a Henry le responsabilità per la morte della madre scopre che lei si era uccisa perché il marito la tradiva con la precedente governante; ma la rivelazione più sconvolgente e che questa altri non era che Charlotte e che la nascita di Hedvig, assieme al matrimonio con Oliver, sono concomitanti con la brusca interruzione della relazione tra i due…

Tra Eschilo e Shakespeare, mediato dalla presenza marginale ma tangibile di una natura che, come l’essere umano che la abita, necessita di protezione e comprensione, The Daughter fa emergere con crescente intensità le dinamiche interpersonali che trovano il loro punto di rottura proprio alla festa di nozze. Christian non sa tenere a freno la lingua, Charlotte non trova tempi e modi per tamponare le falle familiari, Hedvig, sentendosi rifiutata da Oliver, porta il suo dolore alle estreme conseguenze. Stone sa far crescere il dramma con coerenza e angoscia e nel cast all’esperta recitazione di Geoffrey Rush (Henry) e Sam Neill (Walter) fanno eco l’immediatezza delle intemperanze di Christian (Paul Schneider) e Oliver (Ewen Leslie) e la sofferta spontaneità che riesce a dare al personaggio di Hedvig la giovane Odessa Young (protagonista anche di Looking for Grace).


 

Tanna
Bentley Dean, Martin Butler - Australia 1h 44'


  Se The Daughter punta molto sulla professionalità del cast, Tanna di Bentley Dean e Martin Butler riempie lo schermo con un impatto che ha il sapore del documentario etnografico-antropologico (lo conferma il curriculum dei due registi) e la verve romantica di Romeo e Giulietta. Siamo in una società tribale del Pacifico meridionale dove le guerre “civili” si perpetuano da tempo così come la tradizione di matrimoni combinati tra membri di un gruppo e l’altro. L’amore tra Wawa e Dain, figlio del suo capo tribù, è quindi messo al bando quando la ragazza viene promessa in sposa come parte di un accordo di pace. La disperata fuga dal villaggio non serve a nulla: le comunità a cui approdano al di là del vulcano sacro che sovrasta la valle non assicurano loro né serenità né sicurezza. Un destino di punizione e morte li sovrasta e si propone per loro la scelta, ineluttabile, tra l’aderire alla cultura del loro popolo o alla intensità del loro sentimento… Detta così la storia sa di patetico e “già visto” ma Dean e Butler, immergendo(c)si nella magia della natura incontaminata, sanno trasformarla in un’esperienza avvincente ed empatica: i lapilli del vulcano Yahul invadono lo schermo con la stessa forza figurativa del verde della giungla, cascate e pozze d’acqua sembrano purificare il vivere quotidiano, le usanze e i costumi del villaggio Yakel (i copri-pene, le gonnelline di paglia variopinte) acquistano sempre più naturalezza ai nostri occhi così come le corse gioiose dei bambini; la “voce” del vulcano che si fa sentire solo dai saggi e dalla piccola Selmi (“la sento, mi sta parlando”) e gli squarci di cielo tra gli anfratti delle caverne aprono infine ad un’aura di speranza che corrisponderà alla ricontestualizzazione che le tribù decideranno di applicare all’antica legge Kastom. Spontaneità, cultura ancestrale, immagini mozzafiato, musica possente: il premio della 30° Settimana della Critica è davvero meritato.

 

 una distribuzione 


ezio leoni - FIPRESCI settembre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38