Barnabo delle montagne
Mario Brenta - Italia 1994 - 2h 04'

  

    Più olmiano di Olmi. Il rigore stilistico di Barnabo delle montagne, tratto dal primo romanzo di Dino Buzzati, lascia stupefatti, anche in virtù dell'evidente simbiosi tra regista e racconto originario, tra la silenziosa non-eroicità del protagonista e l'incombente maestosità delle montagne che riescono a creare, pur nella concretezza della finzione cinematografica, un'atmosfera dal fascino austero.

La storia di Barnabo è infatti quella di un uomo delle montagne, "nato" per fare il guardaboschi ma espulso dal corpo per essersi ritratto al primo scontro a fuoco con dei bracconieri. Codardia? Sindrome da non violenza (già al tiro al piccione la sua mano aveva tremato di fronte all'inutilità crudele del gesto)? Barnabo espia la sua colpa lavorando come bracciante nel Polesine, ritrovando se stesso nella quotidianità della fatica (significativo il contatto con la laboriosità femminile che sopravvive al flusso migratorio dei primi decenni del novecento), pronto a ritornare tra le sue Dolomiti quando gli si offre un'altra possibilità di lavoro. Di nuovo a contatto con l'epica tensione delle alte vette, Barnabo avrà occasione di riscatto, ma scoprirà invece nuovi moniti di fraternità e pacifismo. Controcorrente sia nello stile, afasico nel linguaggio verbale, ma sempre efficace nella cadenzata liricità delle immagini (superba la sequenza iniziale), sia nell'umanità sofferta dei contenuti (non per niente è una delle poche produzioni italiane senza lo zampino berlusconiano), Barnabo delle montagne resta negli sguardi e nell'animo con la stessa intensità emozionale.

Certo qua e là, nelle oltre due ore di proiezione, la lentezza si fa estenuante, qualche metro di pellicola può risultare superfluo, ma la struttura narrativa è articolata puntigliosamente, la fotografia di Vincenzo Marano davvero esemplare, la finezza della regia segnalabile anche nella direzione di attori sconosciuti o non professionisti: il linguaggio cinematografico di Mario Brenta è puro ed essenziale come il suo personaggio, un inconsueto monito di cinema e di ideali.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  10 aprile 1994

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