La versione di Barney (Barney's Version)
Richard J. Lewis - Canada/Italia 2009 - 2h 12'

Venezia 67 - concorso

    È una questione ormai datata e di poco interesse per gli studi cinematografici l’adattamento di un romanzo per il grande schermo. Eppure eludere del tutto la preesistenza di un testo letterario è davvero impossibile. Il dilemma che accompagna ogni trasposizione rimane: il testo filmico è fedele o meno al romanzo? “Qual è più bello?”, domanda tanto antipatica quanto scontata all’uscita della proiezione. Non ci preoccupiamo di rispondere a questo ora. Piuttosto, introduciamo la questione nella misura in cui tra romanzo, film, autore e protagonista del libro, produttore e regista del film si costruisce un fitto intrecciarsi di relazioni che fanno oscillare a più riprese l’analisi dell’opera tra il piano della finzione (letteraria o filmica che sia) e quello della vita reale.
La versione di Barney film è più che una trasposizione dell’omonimo romanzo. Con questo «più» non si vuole alludere a giudizi qualitativi né tanto meno quantitativi, semplicemente fare riferimento alla stretta collaborazione tra Robert Lantos (produttore del film) e Mordecai Richler (autore del romanzo) e ai riflessi che l’enorme apprezzamento del romanzo ha suscitato presso numerosi artisti, canadesi in primis e perlopiù presenti come camei nel film (compaiono David Cronenberg
film precedente in archivio, Atom Egoyan film precedente in archivio, Denys Arcand film precedente in archivio, Ted Kotcheff - l’amico e regista con cui Richler ha lavorato ad alcuni adattamenti, tra cui Joshua allora e ora – mentre il regista stesso, Richard J. Lewis, compare come patologo). Dunque una trasposizione, ma soprattutto un omaggio all’amico, stimato conterraneo, Mordecai.
Il romanzo esce per la prima volta nel 1997, del 2000 è l’edizione italiana, solo un anno dopo l’autore ci lascia. Il padre artistico di Barney non riesce a vedere il suo personaggio incarnatosi in Paul Giamatti per il grande schermo, ma la collaborazione tra Richler a Lantos inizia ben prima. “Ho letto La versione di Barney per la prima volta quando Mordecai mi ha mandato il manoscritto” ricorda il produttore aggiungendo poi “È un romanzo scritto da uno dei miei autori preferiti e uno dei migliori libri che lui abbia mai scritto”. Lantos si appassiona al personaggio, a questo Barney Panofsky, della cui vita si segue un lungo spaccato – circa una quarantina d’anni, divisi tra l’Europa e l’America e tra tre diverse mogli – secondo appunto la sua versione. Personaggio irriverente, scontroso, arrivista, a tratti irritante e politicamente scorretto, ma anche furbo e (auto)ironico (si pensi al nome Totally Unnecessary Productions che dà alla compagnia televisiva a cui deve il successo), esce dal proprio autoritratto come un inetto, eppure non mancano occasioni per scoprirlo uomo non meno gentile, brillante e romantico di altri. Come osserva il regista, Barney è una sorta di personaggio-simbolo nella misura in cui «tutti abbiamo dentro quel mostro latente, intenzionato a sabotare la nostra felicità». Barney Panofsky lo conosciamo prima a Roma (la Parigi del romanzo. Unica deliberata infedeltà voluta da Lantos e approvata da Richler stesso), dove da bohemien, frequenta un gruppo d’amici tra cui l’amico Boogie (Scott Speedman) e la pittrice Clara (Rachelle Lefevre), colei che sarà la sua prima moglie, poi a Montreal dove si risposa prima con la facoltosa Mrs. ‘P’ (Minnie Driver) e poi, una terza volta, con Miriam (Rosamund Pike). Il suo raccontarsi segue il ritmo e la densità dei ricordi, talvolta traditi dalla poca memoria talvolta annebbiati dall’alcool, ma temporalmente ben ordinati dalla scansione diacronica dei tre matrimoni, ciascuno dei quali racconta un pezzetto (di vita) di Barney.
È verosimile trovare specchiarsi nell’immagine del protagonista alcuni tratti del profilo di Richler, figura alquanto controversa a Montreal (città natale di Mordeacai, come del produttore e dello sceneggiatore) per la sua satira politica, religiosa e sociale senza esclusione di colpi, ma fuori dubbio narratore stimato nonché importante collaboratore in progetti cinematografici. Alla stessa sceneggiatura di
Barney's Version, poi affidata a Michael Konyves, l’autore lavorò stendendo le prime bozze. E fu proprio il lavoro di sceneggiatura che, ricorda Lantos, segnò le tappe più difficili del film, in parte per la perdita di Richler, in parte per la struttura narrativa che, spesso in prima persona, si fa antipatica in sede di adattamento cinematografico. A Konyves si deve allora la scelta felice di evitare l’escamotage della voice over mentre al produttore – dietro al progetto per oltre dieci anni – quella, come protagonista, di Giamatti, il cui personaggio in
Sideways è per certi versi l’antesignano di Barney Panosfky. Purtroppo al regista, Richard J. Lewis, non rimane un lavoro facile e il risultato non va molto al di là di un film convenzionale. Forse avvezzo alla regia televisiva (dal 2000 al 2006 lavora a CSI: Crime Scene Investigation), non sa sfruttare le infedeltà al romanzo per staccarsi da un impianto narrativo prevedibile che poco regala oltre a qualche momento di simpatia per questo Barney anti-eroe.
Nota a parte merita Pasquale Catalano, autore della colonna sonora, che insieme al set romano e alla produzione Fandango fanno de
La versione di Barney cinematografica un prodotto parzialmente made in Italy.

Erica  Buzzo - MCmagazine 29 - ottobre 2010

promo

Versione cinematografica del supersuccesso letterario di Mordecai Richler con i quarant'anni di vita di Barney Panofsky (produttore televisivo di scempiaggini, maschilista e ubriacone) raccontati attraverso i suoi tre matrimoni. Chi ha amato il Barney cartaceo riuscirà a trovare uno spazio nel suo cuore anche per quello di celluloide dove la forza delle immagini, le emozioni, riso e pianto, vanno di pari passo con il ricordo delle parole scritte. E questo grazie al faccione ingenuo e anche disincantato di Paul Giamatti, con gli occhioni a palla e il fisico tozzo, le sue scelte folli in sintonia con il politicamente scorretto, lui che nella realtà si detesta e ad ogni successo cerca di spiegare ai fan che non vale la pena di applaudirlo.

film del week-end precedente

TORRESINO - febbraio 2011