Belle toujours - Bella sempre
Manoel de Oliveira
- Francia 2006 - 1h 10'


Venezia 63° - Fuori concorso

   Chissà se Catherine Deneuve, presidente in giuria, troverà il tempo per vedere Belle toujours – Bella sempre (Fuori concorso). Chissà se ne resterà folgorata come noi, chissà se rimpiangerà di non aver accettato di riappropriarsi del ruolo di Severine da lei interpretato in Belle de jour - Bella di giorno. Il nuovo film di film precedente in archivio Manoel de Oliveira film successivo in archivio è infatti un anomalo sequel del capolavoro del 1967 (Leone d’oro!), con il quale il novantottenne maestro portoghese ha voluto rendere omaggio a “due personalità uniche” come Luìs Buñuel (regista) e Jean-Claude Carriere (sceneggiatore). Ma l’omaggio vero è quello che egli riesce a rendere a se stesso, capace com’è, alla sua veneranda età, di brillare per sagace spirito di scrittura, per una messa in scena impeccabile.
Travolgente, nella sua essenzialità, la sequenza iniziale, con oltre cinque minuti di camera fissa sull’appassionata esecuzione della Sinfonia n° 8 di Dvořák da parte della Gulbenkian Orchestra. Passati i titoli di testa la macchina da presa si posa su Husson (Michel Piccoli) che freme sulla sedia perché, tra il pubblico, ha intravisto Séverine…
È d’obbligo a questo punto un minimo rimando alla trama di
Bella di giorno in cui Séverine (Catherine Deneuve), bella moglie – trascurata - di un chirurgo (Pierre), fa sfociare la propria insoddisfazione in un’esistenza estrema: si lascia andare a strane fantasie sadomasochistiche, prostituendosi in una casa di appuntamenti, dove deve subire la veemente passione di un giovane delinquente (Marcel). Finale tragico con Marcel che viene ucciso dalla polizia mentre Pierre rimane paralizzato. Il suo amico Husson (Michel Piccoli), che ha seguito con partecipe interesse la vita perduta di Séverine, gli avrà rivelato la verità?
Ora, trentott’anni dopo, l’incontro è affidato alla alcolica baldanza senile di Piccoli mentre Séverine (qui Bulle Ogier) cerca di evitarlo in tutti i modi. Dopo l’Opera il punto di contatto potrebbe essere un bar del centro, ma lei gli sfugge di nuovo e a Husson-Piccoli non resta che ordinare una serie di whisky doppi (senza ghiaccio) e chiacchierare col barista. La situazione, che si ripeterà, diventa il corpo centrale del film a cui fanno da cornice due “angeliche” prostitute (“niente mariti da ingannare, niente cose da nascondere”); ma è soprattutto l’occasione per rivivere il passato: Husson racconta “una storia che non è mai esistita”, il barman riceve una inconsueta confessione sado-maso, lo spettatore rinverdisce il ricordo di surreali perversioni.

Poi, casualmente, Husson reincontra Séverine e, con la promessa di rivelarle se il marito abbia mai saputo, da lui, la verità, riesce ad invitarla a cena. Al lume di candela de Oliverira lascia alle loro voci l’onere di immergersi nei rimpianti del tempo andato (“siamo qui a rievocare le nostre malvagità” - “abbiamo di fronte un passato vissuto male, un futuro di vecchiaia, l’impossibilità di cambiare ciò che avremmo voluto fare diversamente”), affida al proprio stile rigoroso la composizione figurativa: da un’inquadratura laterale “distaccata”, a una pacata serie di campi-controcampi fino a un campo medio che fotografa Husson e Séverine sul controluce di una grande finestra. Lei ricorda quella lacrima sul volto inespressivo del marito, lui le regala la misteriosa scatola cinese che allora l’aveva turbata (recuperata da un antiquario), ma glissa sulla fatidica risposta. Séverine rovescia la tavola e se ne va. Sulla porta aperta, compare per una momento un gallo (citazione!), ma l’inquadratura clou, in chiusura, resta ancora per Parigi. In fondo è lei la protagonista (di) Bella sempre: ancorata su Les Invalides (di giorno) e sul faro della torre Eiffel (la notte), la macchina da presa di de Oliveira contrappunta la vicenda di Husson e Séverine con un tocco d’atmosfera che solo la città francese può dare. Così come è solo da lui che può venire uno stile così sublime, fatto di movimenti di macchina ridotti al minimo, dialoghi ipnotici, emozioni trattenute. La lentezza suadente di un piccolo (70’) nuovo capolavoro.

ezio leoni - Il Mattino di Padova  9 settembre 2006


promo

De Oliveira, dopo il successo di Un film parlato, rende esplicito omaggio a Bunũel: Bella di giorno trent’anni dopo. I personaggi di allora si incontrano di nuovo e… Ancora si ripudiano, nel corpo e nell’anima. Di nuovo Michel Piccoli, manca la Deneuve ( curiosa coincidenza, era in giuria al Festival…), ancora il tocco cinematografico del maestro portoghese: uno stile sublime, fatto movimenti di macchina ridotti al minimo, dialoghi ipnotici, emozioni trattenute. La lentezza suadente di un piccolo (70’) nuovo capolavoro.

LUX settembre 2006
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