Bright Star
Jane Campion - Gran Bretagna/Australia/Francia 2009 - 2h

   Il bello dei grandi registi è che reggono nel tempo: possono sbagliare un film ma prima o poi tornano in sella con un lavoro che lascia senza fiato per coraggio, precisione, emozione. È il caso di film precedente in archivio Jane Campion che firma con Bright Star il suo film migliore insieme a Sweetie e Un angelo alla mia tavola e non era una scommessa vinta in partenza.
Trattandosi del casto, assoluto, infelicissimo amore fra il grande e squattrinato poeta inglese John Keats, destinato a morire 25enne di tisi nel 1821, e la sua vicina di casa Fanny Brawne, giovinetta di buona famiglia e cattivo carattere, appassionata di moda e cucito quanto Keats lo è di letteratura e poesia, era facile infatti cadere nel "poetico" o nel decorativo come tanto pessimo cinema in costume. Jane Campion invece ci dà un film formidabile fin dalla scena inaugurale - quell'ago che cuce in primo piano, ambasciatore di purezza, fragilità, attenzione, piacere, dolore - e così emozionante da mettere a disagio. Come se un bel film d'amore ci scoprisse di colpo disarmati, privi del vocabolario e degli strumenti per affrontare il sentimento più naturale (e abusato) che vi sia.
Eppure non c'è trucco. La bellezza del film sta nelle ambientazioni in miracoloso equilibrio fra precisione storica e forza metaforica. Nella semplicità (apparente) con cui ogni impennata verso il sublime è riportata a terra da un dettaglio insieme poetico e materiale. E naturalmente nell'estrema accuratezza con cui sono tratteggiati insieme epoca (usi, mentalità, occupazioni, aspettative, privilegi) e personaggi, dal primo all'ultimo.
Non solo dunque i portentosi Ben Wishaw e Abbie Cornish, il giovane poeta dalla salute incerta e l'animo ulcerato («Non sono sicuro di nutrire i sentimenti richiesti verso le donne») e la sua amica prima diffidente poi così intimamente legata a lui da soffrire ogni minima assenza, ma anche i comprimari. La famiglia di lei, madre, fratellino e sorellina, testimoni e spesso complici di quell'amore che cresce circondato da una natura incantevole (anche qui nessun estetismo, in
Bright Star ogni inquadratura, ogni albero, ogni prato fiorito segue una segreta, ferrea, gioiosa logica musicale). E l'amico e padrone di casa di Keats, compagno di scrittura e guardiano del suo talento, il grezzo, agiato, materiale (ma mai odioso!) Mr. Brown, perfetto contraltare alla purezza quasi soffocante di quell'amore mai consumato.
Con qualche inciampo nella seconda parte, troppo debitrice alle citazioni letterarie, riscattato da una capacità di rendere tutto caldo, vivo, presente, che assegna a
Bright Star un posto pressoché unico nel cinema di oggi. Un film d'amore moderno senza essere modernista, sapiente ma mai scostante, nutrito di verità storica senza però esserne schiavo. Una ballata, dice la Campion. Forse un modello.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   Un film come Bright Star pone seri problemi al recensore. Si tratta, infatti, di un'opera così metaforica, elegante, palpitante da doversi aspettare accoglienze del tutto contrapposte: a qualcuno la passione mai consumata tra il giovane poeta John Keats e la febbrile vicina di casa Fanny Brawne sembrerà un capzioso ghirigoro letterario, ad altri la tessitura per immagini della quintessenza dell'amore romantico. Jane Campion, la regista neozelandese di Lezioni di piano, s'immerge infatti negli ultimi tre anni della breve vita di Keats cercando di ritagliarsi un tempo cinematografico particolare, denso di risonanze segrete, scandito dai sottili sottintesi o dai repentini slanci e illuminato dai bagliori di una felicità chiaramente impossibile. C'è tutto e niente, insomma, nella storia della relazione che nasce tra il ragazzo figlio dello stalliere, malato di letteratura e di tisi, destinato a morire a Roma nel 1821 all'età di venticinque anni e la sua musa di buona famiglia, pionieristica creatrice di moda, anticonformistica padrona dei propri sentimenti... Da Hampstead Heath a Londra la differenza di censo non smette di ostacolare il connubio, ma la regia ha il buon gusto di non tentare la pantomima del «poeta all'opera» e di disseminare i riferimenti keatsiani nella selezione delle inquadrature, dei gesti, dei costumi, dei dialoghi: siamo all'alba dell'Ottocento e l'erotismo inespresso pulsa sottopelle degli intonati protagonisti Abbie Cornish e Ben Whishaw, prima d'espandersi nell'impasto della fotografia impressionistica di Greig Fraser. Il film può anche apparire a tratti freddo e notarile, ma è evidente come la Campion cerchi di schivare accuratamente il manierismo: la classe stilistica va di conseguenza rinvenuta nei dettagli, nel simbolismo ossessivo del ricamo e soprattutto degli abiti che Fanny inventa e poi indossa comunicando idealmente con i versi che incarnano la «divisa» del poeta. L'intarsio offre varie angolature di visione, prima fra tutte quella dell'eroina che si batte contro le convenzioni sessiste, ma non siamo sicuri che il film possa reggere a intrusioni così rudi. Il gioco che coinvolge anche riusciti personaggi di contorno è, in fondo, lo stesso praticato dal morituro che Percy B. Shelley invita nella sua dimora di Piazza di Spagna: una sfida estenuante al desiderio d'immortalità che solo i perfetti amanti credono, nei pochi giorni felici a loro concessi, di potere intraprendere e vincere.

Valerio Caprara - Il Mattino

promo

Londra 1818: tra il 23enne poeta inglese John Keats e Fanny Brawne, sua vicina di casa e candida studentessa di alta moda, inizia una tresca amorosa. L'improbabile coppia nei primi tempi è in disaccordo, soprattutto perché lui la considera una civettuola "fashion victim", disinteressata sia alla sua poesia sia alla letteratura in generale. Ma quando Fanny viene a sapere che il fratello più giovane del poeta è gravemente malato, la sua compassione e la sua vicinanza toccano il cuore di Keats alimentando di poesia la loro relazione, appianando le diversità e compensando una certa mancanza di passione, fino a trasportarli in un crescendo emotivo che rasenterà l'ossessione.
Un poema aperto, un film senza inizio e senza fine. La Campion pensa a Keats ma soprattutto al suo cinema, sospeso, sempre, in un sublime tempo emozionale. Le inquadrature sono affascinanti come quadri e come l'estetica romantica della vicenda. Lo stile asciutto del "presente" cinematografico corrisponde magnificamente alla poesia "datata", ricca di slanci dei due protagonisti.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2010