Bubble
Steven Soderbergh
- USA 2005 - 1h 14'

Venezia 62° - Fuori concorso

   "Un film elegante": il commento di un amico-collega all’uscita dalla proiezione di Bubble, film di Steven Soderbergh, presentato Fuori Concorso a Venezia. Confesso che l’attributo mi ha lasciata non poco perplessa in quanto riferito ad un film che racconta la storia di tre operai (un ragazzo, una ragazza madre e una donna matura) di un piccolo paesino dell’Ohio, tra i quali si sviluppa uno strano triangolo, che degenera in un imprevedibile omicidio.<<
L’ambiente descritto è quanto di più squallido si possa immaginare della provincia americana, la piccola fabbrica di bambole, in cui i protagonisti lavorano, li costringe a ritmi altrettanto alienanti di quelli di una grossa industria, gli stessi protagonisti, interpretati da attori non professionisti scelti sul posto, non concedono nulla alle esigenze di divismo (niente di più diverso, per essere chiari, da una Julia Roberts nei panni dell’operaia
Erin Brockovich).
Cercando di dare un senso al giudizio dello stimato collega, ho ripercorso le immagini del film e l’associazione più immediata è stata con un racconto di Carver.
Rinunciando alle acrobazie stilistiche e alla decostruzione narrativa dei suoi ultimi film, come
Traffic o i due Ocean's Eleven e Twelve, Soderbergh film precedente in archivio ha scelto di girare, in tre settimane e a basso costo, un film in cui lo sviluppo narrativo è ridotto all’essenziale, i dialoghi sono poverissimi, i volti degli attori inespressivi. E’ proprio questa scarnificazione della storia e dei personaggi, denudati come le loro bambole di gomma (bubble), che mi porta a ritrovare l’eleganza del film, eleganza che sta tutta nello stile pulito, asciutto, antiretorico con cui Soderbergh racconta.
La macchina da presa si sofferma volentieri sui volti dei protagonisti: primi piani che parlano più dei personaggi, con i loro occhi “televisivi”, sbarrati, vuoti, inespressivi, come quelli delle loro bambole, con i loro gesti impacciati, che denotano l'incapacità di capire la realtà, di capire ciò che accade loro intorno o che loro stessi hanno fatto, anche quando si tratta di un omicidio.
La storia si può riassumere brevemente: Martha e Kyle lavorano in una fabbrica di bambole da molti anni insieme e tra i due, nonostante la differenza di età, è nata un'amicizia, l'equilibrio del loro rapporto viene, però, disturbato dall'arrivo di una nuova operaia, una ragazza madre di nome Rose. Martha, che nutre qualche dubbio sul carattere ambiguo di Rose, rimane sconvolta quando scopre che Kyle ha iniziato una relazione con la ragazza. Il faticoso tentativo dei tre di costruire un rapporto personale più profondo sarà però vanificato dalla morte violenta di Rose. Attorno ai tre protagonisti si muovono dei personaggi secondari, che, più che svolgere un ruolo all'interno della narrazione, sembrano avere la funzione di rafforzare la chiave di lettura del film: la madre del ragazzo, disoccupata, che vediamo sempre incollata alla televisione, l'ex compagno di Rose, che si esibisce in un magnifico monologo - quintessenza del "tossico-pensiero" e il vecchio padre invalido di Martha, che, pur dipendendo interamente da lei, alla notizia del suo arresto non reagisce che con un laconico "mi dispiace". E’ spietato nella sua essenzialità il modo in cui Soderbergh guarda e ci fa guardare la provincia americana, dove si passa il tempo a lavorare e a guardare la televisione, dove la povertà dei sentimenti e delle emozioni può spingere ad uccidere per una banale gelosia, altrettanto spietato di quando in
Sesso bugie e videotape ci aveva descritto il mondo degli yuppies metropolitani.
Mentre scrivo mi giunge dalla televisione la notizia che in un paesino dell'Ohio venivano tenuti segregati in casa dentro a delle gabbie dieci bambini disabili affidati a un famiglia: è davvero elegante Soderbergh nella sua spietatezza a descriverci quella realtà!

Cristina Menegolli - MC magazine 14 - ottobre 2005


promo

In una cittadina sperduta del Middle West, Martha fabbrica bambole. Della sua povera vita lo consola l’amicizia di Kyle, assai più giovane di lei. L’arrivo di una nuova operaia, Rose, sconvolge gli equilibri... Girato in tre settimane, è interpretato da attori non professionisti che si fondono con lo scarno ambiente circostante. Lo stile è secco, condito con l'ironia grottesca del Soderbergh migliore, che nasconde una vena profondamente inquietante dietro l'immobile facciata. Un film dal soggetto duro, ma pieno di compassione per le debolezze umane.

TORRESINO - maggio 2006
 

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