Bumažnyj soldat
Aleksei German jr. - Federazione Russa 2008 - 1h 58'

 


Venezia 65° 

Leone d'argento alla regia
Osella per la migliore fotografia



     Figlio di uno dei principali rappresentanti del cinema russo d’autore, Aleksei German jr. ha un rapporto speciale con Venezia, che lo ha lanciato nel 2003 premiando il suo primo lungometraggio e che segnala ora sulla scena internazionale questo suo lavoro non facile, ma di grande impatto visivo.
La vicenda ha una collocazione storica precisa: i giorni che precedono il lancio dello Sputnik, nel 1961. Protagonista è l’ufficiale medico Daniil Pokrovski, incaricato di assistere i cosmonauti dalla fase dei test fino al lancio. Egli si muove tra il Kazakistan, luogo ancestrale e misterioso dove si svolge la missione, e la Mosca rassicurante delle infinite discussioni con gli amici: è in atto il “disgelo” dopo la morte di Stalin. Sentimentalmente Daniil è diviso tra la relazione nascente con la giovane Vera e il rapporto consolidato a Mosca con la moglie Nina. Il dilemma però più profondo riguarda la legittimità o meno di sacrificare la vita umana (uno dei piloti brucia durante uno dei test, come il soldatino di carta della canzone) in nome di una causa , per quanto grande essa sia. Questo dubbio scaverà nell’animo del protagonista fino a distruggerlo...
Bumažnyj soldat (Soldato di carta) non è, dicevamo, un film facile. Scandito in parti ben separate che progressivamente ci avvicinano, come in un conto alla rovescia, alla partenza dello Sputnik, esso procede con una struttura lineare dal punto di vista temporale. Ma all’interno dei singoli blocchi narrativi il regista non dà punti di riferimento chiari su fatti e personaggi e soprattutto preclude uno sguardo agevole sulle situazioni rappresentate, privilegiando piani sequenza con sfruttamento della profondità di campo, che sviluppano la narrazione su più piani. Lo spettatore è cosi chiamato ad orientarsi e a guardare un avvenimento noto, parte dell’immaginario di tutti, da un punto di vista inedito.
Se ciò all’inizio mette a dura prova, l’universo visivo e uditivo dentro cui si è costretti finisce a poco a poco per catturare e affascinare. Felici sono soprattutto le invenzioni visive (spazi e oggetti, campi neutri e fiammate di colore), sostenute dalla collaborazione con Alisher Khamidhodjaev e Maxim Drozdov, che hanno meritato l’Osella per la migliore fotografia. Meno convincenti forse le idee sonore, perché il sovrapporsi delle voci e il bombardamento audio rende faticosa la visione: ma è innegabile che anche questa componente sia funzionale al discorso del film.
La riflessione sulla storia attraverso uno sguardo laterale, attraverso una prospettiva marginale sono temi cari al regista, che qui riesce a tradurli efficacemente in messa in scena. Essenziale il contributo degli attori, soprattutto di Merab Ninidze, che ben rappresenta il fascino tormentato di Daniil e dà consistenza a un personaggio emblema (per la cultura russa, "così come in Cechov - si è sottolineato in conferenza stampa - la figura del medico rappresenta l'intelligentia, con tutte le sue contraddizioni")
German riesce dunque a destrutturate un mito e l’immaginario legato all'avvenimento storico, favorendo una riflessione inedita sul passato, auspicando forse la necessità di prospettive nuove per affrontare nodi irrisolti. Sembra allora non casuale che il prossimo film, come afferma l’autore, sarà sull’oggi, “ per raccontare quello che oggi siamo”.

Licia Miolo - MC magazine 24  ottobre 2008