Burn After Reading - A prova di spia
Ethan e Joel Coen - USA 2008 - 1h 36'

Venezia 65° - Fuori concorso


     Con Burn After Reading i fratelli Coen tornano alla commedia. Dopo aver omaggiato quella classica e averla innestata in vari generi, questa volta i due maestri della contaminazione la sposano felicemente con un filone non ancora sperimentato, la spy story.
Siamo a Washington. Silurato dalla CIA l’agente Osborne Cox (John MalcKovich) inizia a scrivere le proprie “ esplosive” memorie, lasciandosi irrimediabilmente andare all’alcol. Sua moglie Katie (Tilda Swinton), che già da tempo lo tradisce con lo sceriffo Harry Pfarrer (George Clooney), decide di divorziare e, su suggerimento di uno zelante avvocato, attinge dal computer del marito più informazioni finanziarie possibili: ma il CD copiato contiene ben altro e soprattutto finisce nelle mani sbagliate, quelle di Linda Litzke (Frances McDormand) disperata dipendente di una palestra, alla ricerca di fondi per ricostruirsi con la chirurgia plastica, e dei suoi colleghi Chad (Brad Pitt) e Ted (Richard Jenkins). Linda e compagni tenteranno il gran colpo, ma non sono esattamente delle aquile e la commedia si tingerà di nero.
Il film è un meccanismo che funziona perfettamente: la sceneggiatura senza smagliature o cedimenti garantisce un divertimento continuo. La prima fonte di divertimento proviene dal carattere dei personaggi: di primo acchito una sfilata di cretini da far invidia a un cartone animato. In questi uomini e donne di mezza età monopolizzati da un desiderio, una mania, una debolezza, un vizio, troviamo molte delle ossessioni made in USA, e non solo. Certo si ride di tutte, ma qualcuna sembra più inquietante delle altre: la fede aggressiva di Litzke nel “pensiero positivo”, usato come arma contro qualsiasi obiezione razionale, qualsiasi riflessione o dubbio, bollati di per sé come malefica “ negatività”, sembra più vicina e pericolosa di altre ossessioni .
Nello sguardo divertito dei Coen sui propri coetanei non si salva nessuno, si può tuttalpiù cogliere una diversa forma di ottusità: se gli uomini appaiono tutti deboli, irrimediabilmente persi nei propri giochi, le donne sono spaventosamente determinate fino a diventare energiche macchine da guerra. Vi è poi una secondo livello di gioco, quella da cui pare sia nata l’idea del film e che chiama in causa direttamente lo spettatore. Mostrandoci alcuni tra i divi più amati e tra gli attori più intelligenti in circolazione alle prese con personaggi scopertamente ridicoli (uno per tutti il palestrato - calzoncini stretch, ciuffo platinato e i-pod incorporato - interpretato da Brad Pitt ) è come se i Coen ci strizzassero di continuo l’occhio e giocando sullo scarto tra attore e ruolo ci rendessero loro complici. E vi è infine un’ultima, la più riuscita, fonte di divertimento: l’accostamento dei due mondi, quello approssimativo dell’uomo comune e quello ovattato della sicurezza. Naturalmente i Coen fanno reagire non tanto le due realtà, quanto la quintessenza dei due mondi così come il cinema, attraverso inquadrature e movimenti di macchina codificati, li rappresenta nei suoi generi. Gli effetti prodotti immettendo personaggi cialtroni e caotici da commedia nel mondo dei segreti, con i suoi codici fatti di silenzi, sguardi, gesti, oggetti, spazi, sono sfruttati al meglio e creano momenti esilaranti di puro cinema. Inoltre, a contatto con corpi estranei, il mondo della sicurezza sembra svelare il vuoto che c’è dietro la facciata dei miti e i riti: e nello spettatore nasce il dubbio che questo vuoto possa essere tremendamente reale...

Licia Miolo - MC magazine 24  ottobre 2008