Il caimano
Nanni Moretti - Italia 2006 - 1h 52'

     Cos'è successo all’Italia in quest'ultimo decennio? Cos'è successo alla nostra politica, alla nostra cultura, al nostro cinema? La chiave di lettura, autoreferenziale, del nuovo lavoro di Nanni Moretti film successivo in archivio passa proprio attraverso l’essenza del cinema, sta nel suo personalissimo modo di essere autore, da Aprile ad oggi in particolare. Quel film (1998) di forte autobiografismo, familiare e sociale, aveva lasciato fulgidi stralci di sarcasmo politico (quel “di' qualcosa di sinistra...” rivolto a D'Alema) e amabili ingenuità di crisi artistica confessa (il bizzarro musical del pasticcere troskista); poi l'introspezione dolente de La stanza del figlio (2001) aveva stemperato il bozzetismo satirico in una prova di raggelato intimismo. Ora con Il caimano Moretti cerca di riannodare i fili spezzati del suo percorso autoriale attraverso l’impegno civile che la catastrofe berlusconiana impone; ma se l'assunto è lucido, l'esito stilistico è incerto. Proprio dal finale di Aprile si riprende il gioco (a noi è parso logoro) del film nel film. L’interpretazione di Silvio Orlando fa da trait d'union, ma qui è lui a far da protagonista nei panni di Bruno, un regista con un passato trash, rivalutato dalla critica (gli fa da spalla un logorroico Tatti Sanguinetti), ma senza concrete prospettive di lavoro. I suoi studi di posa sono subaffittati per spot commerciali e il progetto su Il ritorno di Colombo non trova sbocchi (gli sarà portato via dal suo assistente – Giuliano Montaldo - vendutosi alla concorrenza ). Quando gli capita tra le mani la sceneggiatura di una giovane autrice esordiente (Teresa-Jasmine Trinca) che scava nei misteri e nelle contraddizioni di un rampante imprenditore, Bruno si lascia affascinare dall'idea. Troppo tardivi saranno i dubbi sulla fattibilità dell'impresa (quando Teresa pronuncia infine il nome di Berlusconi, il tamponamento in auto è inevitabile!) e l’avventura del cinema passa attraverso le tappe tradizionali di ostracismi politici, difficoltà economiche e capricci d’attori. Il funzionario Rai (Antonio Catania) si guarda bene dal finanziare il progetto, l’interprete-protagonista non avrà la straripante euforia che Bruno aveva dapprima immaginato (Elio De Capitani), né il tocco sornione e imbonitore di un attore famoso (Michele Placido) che avrebbe garantito la partecipazione di una produttore straniero (Jerzy Stuhr). Nell’escalation fallimentare sopravvive l’entusiasmo di Teresa: del film si riuscirà a girare almeno (solo) la sequenza conclusiva, quella clou del processo, con lo spolvero di Anna Buonaiuto (nei panni della Boccassini) e di Nanni Moretti che (nella autorefenzialità della fiction) ha alfine accetto il ruolo del Silvio-Caimano.
Parallelamente abbiamo visto scorrere l’amara vicenda familiare di Bruno che subisce la separazione (poco) consensuale dall’amata moglie Paola (Margherita Buy), che cerca di non lasciar disgregare il rapporto coi figli raccontando loro le mirabolanti azioni di Aidra, eroina del suo film-cult Cataratte, interpretato proprio dalla moglie (quando cinema e vita andavano a braccetto), o vivendo, partecipe, la ricerca di un mattoncino Lego nel caos multicolore della quotidianità; che si affeziona alla tenace Teresa, restando sconcertato nello scoprirla legata sentimentalmente ad un'altra donna, con tanto di figlia avuta (“non voglio saper come”) in Olanda…

Paradossalmente
Il caimano funziona più sulla carta che sullo schermo: tutte le sfaccettature-caricature enunciate non hanno, come nel resto della filmografia morettina, quel contrappunto di forte connotazione satirico-surreale che la recitazione di Moretti stesso imprimeva, sono pensieri cinematografici strutturalmente irrisolti, che hanno la suggestività della cornice e non del primo piano e che, senza la verve sardonica e stranita di Moretti-Michele Apicella a far da protagonista, paiono i soliti quadri retorici di tanto cinema italiano recente (da Verdone a Faenza). E se la finezza cinefila s'insinua, sottile, con la comparsata di nomi famosi del cinema (oltre a Montaldo e Stuhr anche Virzì, Mazzacurati, Sorrentino, Rulli…), anche l’invettiva antiberlusconiana appare talvolta ritrita. Non per niente nella sequenza in cui l’attore-Moretti sembra voler rinunciare al ruolo, il suo dichiarare  "non ha senso parlarne ancora" - “chi sa sa e chi non sa non vuol sapere” ha il sapore di una triste verità.
Ma ecco che
Il caimano “si salva” proprio grazie alla performance, in immagini-documento e in aberrante ideologia, del Silvio cinematografico. Quando il grande schermo si riempie della sparata del nostro premier all’assemblea del Consiglio d’Europa (che, dopo l’infausta battuta sui kapò, si conclude appellando gli astanti come “turisti della democrazia”), la disperata incredulità dipinta sul volto di Gianfranco Fini vale più di mille parole. E quando, in chiusura, il Berlusconi-Moretti, condannato dal tribunale a sette anni e alla interdizione dai pubblici uffici, proclama a se stesso e al “suo” pubblico che la rivolta contro i giudici e lo Stato è lecita (“…una sentenza di regime… mi aspetto qualsiasi reazione dagli italiani”), il lancio di bombe e le esplosioni che si intravedono dal finestrino dell’auto lasciano percepire come, almeno a livello di rispetto di diritti e di legalità, il presente-futuro della nostro paese sia sul barato di una guerra civile.
Quel sulfureo monito conclusivo resta davvero nel cuore e va detto che quelle scene di maleducata tracotanza politica solo il cinema ce le ha finalmente mostrate con tanta impietosa efficacia. E come non sentirsi sviliti dalla parole del produttore polacco (“mi diverte l’dea di raccontare l'italietta berlusconiana, il vostro andare sempre più a fondo” - “siete un popolo a metà tra orrore e folklore”) e dal livello dei quesiti fondamentali della nostra cultura contemporanea (“è meglio Dida o Buffon?”)? Ma se certo ci manca un'Italia con più valori, più senso civico e più democrazia dell'informazione, ci manca anche il radicalismo egocentrico e surreale di un ex-“splendido quarantenne”. Cos'è successo in questi anni al cinema di Nanni Moretti?

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  2 aprile 2006


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Cos'è successo all’Italia in quest'ultimo decennio? Cos'è successo alla nostra politica, alla nostra cultura, al nostro cinema? La chiave di lettura, autoreferenziale, del nuovo lavoro di Nanni Moretti passa proprio attraverso l’essenza del cinema, sta nel suo personalissimo modo di essere autore. E mentre racconta le peripezie di un regista di B-movies, che in crisi produttiva e sentimentale, prova a realizzare un film su Berlusconi, s'intrufola come protagonista-paradosso che in un finale da brivido rivaluta un'opera cinematografica più chiacchierata che riuscita, ma in ogni caso efficace, contraddittoria, stimolante.

TORRESINO - maggio 2006
 

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