Canone inverso - Making Love
Ricky Tognazzi – Italia 20001h 45’

da FilmTv (Emanuela Martini)

Il cinema europeo, quando decide di essere "europeo" e quindi di proporre temi "di peso" (e di costumi, coproduzioni e partecipazioni internazionali), ama molto la cultura mitteleuropea, le storie che attraversano generazioni, Grandi Eventi Tragici, meglio se con un risvolto Artistico. È nato così questo immaginario da "presepe Adelphi" che viaggia tra Praga, Vienna, Budapest, l'occupazione nazista e quella comunista, affogato nel flou e nella musica, parlato sempre (nella versione originale) in inglese. È così che il cinema finisce per far davvero male alla cultura mitteleuropea: le fanno male Istvan Szabò, Agnieszka Holland, Volker Schlondorff quando pescano pomposi tra queste suggestioni. Non può, perciò, non farle male Ricky Tognazzi, che con Canone inverso esce dalla Cronaca per entrare nella Storia, e lo fa senza trascurare un solo tocco di kitsch: dall'immoto Gabriel e da tripli salti mortali nel flashback (un ricordo dentro un ricordo dentro un ricordo), giù fino all'incrocio di epoche diverse nella stessa inquadratura, ai bamboleggiamenti di collegiali e pianiste. In più, il pericolosissimo binomio amore- musica e frasi che, se sulla pagina possono essere tollerabili, in un film sono impronunciabili.

da L'Unità (Michele Anselmi)

Titolo sofisticato, Canone inverso (definisce una partitura musicale a due voci in cui la seconda esegue a ritroso le note della prima): sarà per questo che Ricky Tognazzi ha aggiunto un Making Love che si intona al manifesto ritraente due giovani corpi nudi stretti nell'amore. Girato in inglese tra Praga e Marienbad, con attori francesi, anglosassoni, italiani e ceki, Canone inverso appartiene un po' alla famiglia dei cosiddetti «euro-pudding»: quei film che cercano di proporsi al di fuori degli stretti confini nazionali, raccontando storie di forti sentimenti, di solito in costume. Qui lo spunto è fornito dall'omonimo romanzo di Paolo Maurensig (Mondadori), ma nel rielaborare la materia letteraria, insieme a Graziano Diana e Simona Izzo, Tognazzi intreccia drammaticamente vari destini in una struttura costruita per scatole cinesi, con un flash-back dentro l'altro. È un violino seicentesco costruito dal liutaio Jakob Stainer a fare da collante. Acquistato a caro prezzo dal vecchio barone Blau, lo strumento racchiude una storia di famiglia che parte dagli anni Ottanta, retrocede al '68 praghese e infine si inabissa negli anni Trenta già lambiti dall'oppressione nazista. Chi è quel misterioso violinista con la faccia pesta di Gabriel Byrne (dedica la sua soave musica alle donne "che hanno negli occhi la memoria del mondo") che la giovanile studentessa Costanza insegue sul greto del fiume Moldava mentre i carri armati sovietici stanno per invadere la Cecoslovacchia? Un segreto familiare si nasconde dietro l'esistenza di entrambi, ma per scoprirlo dovremo risalire alla vibrante passione del violinista contadino Jeuo Varga per la pianista ebrea Sophie Levi. In una cornice sontuosa, tra frasi del tipo «Il violino è come una donna, le devi stare addosso», amicizie virili che sbocciano al Collegium Musicum e violenze ai danni degli ebrei, Canone inverso racconta una passione incontenibile per la musica, vissuta come un antidoto alle atrocità commesse dagli uomini. Purtroppo il film - classico nella struttura a incastro non restituisce il fascino allusivo e sottile della pagina scritta, preferendo imboccale la strada del melodramma fiammeggiante in polemica con una presunta «frigidità» del cinema italiano. Si stenta, però, a riconoscere il linguaggio asciutto, realistico, caro al Tognazzi di La scorta. Alle prese con un romanzo di formazione dai sapori mitteleuropei, il regista capitalizza la bella musica di Morricone e sfrutta i chiaroscuri della fotografia di Cianchetti: ma lo stile risulta decorativo, gli interpreti stranieri sono più febbricitanti che convincenti (il doppiaggio «sussurrato» non aiuta), e la scena del lager, con il violinista smunto che suona dietro il filo spinato per moglie e figlia, è proprio da dimenticare.

 

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

Tratto, con parecchie varianti, dal romanzo omonimo di Paolo Maurensig, Canone inverso è un film a scatole cinesi. Una cornice a due personaggi, la giovane Costanza (Nia Roberts) e il vecchio barone Blau (Peter Vaughan), racchiude una seconda cornice a due personaggi, Costanza e un misterioso violinista (Gabriel Byrne), il secondo dei quali narra la storia principale. Jeno Varga (Hans Matheson) suona il violino e la musica lasciatagli dal padre che non ha mai conosciuto. Innamorato della pianista Sophie Levi (Melanie Thierry, già amata dal pianista sull'Oceano di Tornatore), Jeno studia al Collegium Musicum, dove si lega d'amicizia col giovane David Blau. Ma il nazismo ha preso il potere, i protagonisti sono ebrei e le leggi razziali stanno per arrivare a Praga. Un ultimo concerto praghese segna il destino di tutti. La materia narrativa con cui Ricky Tognazzi, regista e sceneggiatore (assieme a Simona Izzo e Graziano Diana), si è misurato è varia e proliferante: articolata nel tempo, densa di eventi e characters, piena di agnizioni romanzesche. Per ribadire i contatti tra i vari piani temporali, Tognazzi deve ricorrere a inserti di brevi sequenze pro-memoria; a volte, con maggiore originalità, fa convivere nella stessa inquadratura elementi di epoche diverse. In parallelo con le violenze naziste, una delle cornici culmina nella repressione sovietica della primavera praghese. Canone inverso assembla un "melting cast" eterogeneo piuttosto ben scelto - graziosi gli interpreti giovani, generalmente buoni i secondi ruoli - dove il regista riserva a se stesso la parte del barone Blau in versione giovane, che non ha molte scene ma è cruciale per lo sviluppo di tutto l'intrigo. Sviscerando l'idea-guida del canone inverso (una composizione musicale eseguibile anche a ritroso), il film orchestra tutto un complesso sistema di doppi e di risonanze arcane delegato in gran parte alla parola (sfideremmo chiunque a capire quel che succede con l'aiuto delle sole immagini). L'aspirazione di Tognazzi a uscire dalle convenzioni più rassicuranti del cinema italiano, sfidando implicitamente sul loro terreno colleghi di respiro più internazionale come Bernardo Bertolucci o Giuseppe Tornatore, è onorevole. Però le inquadrature a larga scala di Fabio Cianchetti, le accurate scenografie, la partitura musicale di Ennio Morricone non bastano a impedire che le modalità di messa in scena siano più vicine all'estetica televisiva che a quella del grande cinema.

CinemaEstate in VILLA CONTARINI - Piazzola s.B. (PD) agosto 2000
scheda CGS aprile 2000
[Don BOSCO]