Un canto per Beko (Klamek Ji Bo Beko)   Nizamettin Arià - Armenia/Germania 1992 - 1h 30'
Minder dood dan da anderen   Frans Buyens - Belgio 1992 - 1h 30'


     Klamek Ji Bo Beko (Un canto per Beko), una produzione Kurdistan-Germania firmata dall'esordiente attore-regista curdo Nizamettin Arià, è una testimonianza di guerra e un grido di pace. Beko, il protagonista, vive nel Kurdistan turco e parte alla ricerca del fratello che ha disertato il servizio militare. Riesce a varcare l'Eufrate, passa il Kurdistan siriano e arriva sui monti dell'Iraq dove si unisce ad una comunità nomade fuggita alle persecuzioni di Saddam Hussein. Beko non troverà più il fratello e, dopo aver assistito alla strage dei suoi nuovi compagni, si prenderà cura di una piccola sopravvissuta, cercando il suo destino tra i profughi in terra di Germania.
Le sequenze nel Kurdistan e sui monti hanno la durezza del diario di guerra, ma pure la leggerezza della commedia agreste (molto intenso il rapporto tra Beko e i bambini della comunità), gli squarci ambientati in Germania descrivono con lucidità l'angustia dell'emarginazione, smussata da un fiducioso sguardo sulla solidarietà umana, che dà pregnanza sociale ad un film di per sé lontano dalla nostra sensibilità.
    Al calore di
Un canto per Beko si contrappone il tono gelido di Minder dood dan da anderen (Meno morta degli altri) in cui il regista traspone in immagini l'autobiografia dello sceneggiatore Frans Buyens. Testimonianza di dolore e di morte: quella del fratello, fatalmente ustionato per l'incendio del suo costume, quella del padre e della madre entrambi distrutti da un tumore. Se il fratello compare nel suo sudario di bende come un brandello straziante della memoria familiare, i genitori dialogano confidenzialmente con la macchina da presa che diventa l'occhio amorevole del narratore-autore che guarda con affetto e compassione il sofferto vivere di chi perde prima i propri cari, poi lo capacità di sopportare il dolore e la stessa voglia di vivere. Meno morta degli altri (il titolo si riferisce alla forza della figura materna) è un film toccante, perfetto nella costruzione di uno spazio umano sospeso di fronte al dramma della morte, anche se è un vero stillicidio il seguirlo criticamente. Una scelta di tematica e stile che solo la visione estraniante nell'ambito della vetrina veneziana può arrivare a sopportare.

ezio leoni - Il Mattino di Padova settembre 1992 (xx Mostra del cinema di Venezia)