Una canzone per Marion (Song for Marion)
Paul Andrew Williams - Gran Bretagna 2012- 1h 33’


   Song for Marion non riserva grandi sorprese ma tocca corde profonde. Fin dall'inizio si sa come andranno le cose, come cambieranno le vite. Marion, consumata dal cancro, fino all'ultimo insiste per partecipare alle attività del coro di quartiere, la "squadra" si sta preparando per una competizione, lei non vuole mancare. Arthur la accompagna ma non partecipa. Aspetta, fumando, fra le council house di una periferia inglese. Caccia in malomodo gli anziani del circolo che vanno a cantare davanti alla finestra di Marion, appena dimessa dall'ennesimo ricovero. Tutti lo conoscono, sanno di non poter pretendere di più. Lei lo conosce meglio degli altri, sa che quel "di più" c'è, è prigioniero da qualche parte. Riuscirà a liberarsi quando lei se ne andrà. Solo allora l'uomo che non sa dire "scusa" o "ti voglio bene" imparerà il valore degli affetti. E recupererà il rapporto con un figlio "che non ha mai fatto avvicinare", come dice Marion. La rinascita di un uomo sempre infelice e depresso che alla fine si apre alla vita. La storia può far pensare a un film dai toni cupi. Niente di più lontano. In Una canzone per Marion si ride dall'inizio alla fine grazie al gruppo di anziani scatenati che anima il coro del quale fa parte Marion e al quale, prima o poi, Arthur dovrà cedere. Un gruppo che mette insieme attori britannici e membri di un coro vero, quello di Newcastle-on-Tyne, protagonisti di episodi esilaranti perché coinvolti in cose che non ti aspetti da un pensionato. E così, finisce in ambulanza l'anziano che prova una coreografia rap e si rompe un braccio, mentre si presenta con un perfetto look metal la donna dai boccoli ossigenati che confessa trascorsi da batterista; e poi le reazioni dei coristi quanto l'insegnante propone di mettere in repertorio Let's talk about sex - le signore, soprattutto, sarebbero pronte a parlarne volentieri. Un gruppo tenuto insieme, nel film, dalla vitalità di Elizabeth, la maestra di musica interpretata da Gemma Arterton: una ragazza tenera e goffa, che si rifugia fra gli anziani perché non riesce ad avere rapporti con persone della sue età. Un male per lei, un bene per Arthur. Che anche grazie alle lacrime e alla tenacia della donna imparerà a lasciare libero il cuore.

Alessandra Vitali - La Repubblica.it

   Passando da Amour di Haneke e sfiorando Qualcuno da amare di Kiarostami, il film, seguendo un montaggio lineare, trascina e conduce lo spettatore all’interno della mente dei protagonisti attraverso l’uso del filo rosso dell’amore. Vite normali, persone semplici e comuni che prima o poi capiscono il senso della vita e ne trasmettono il messaggio: bisogna sorridere, accontentarsi di quel che si ha senza aver paura di mostrare se stessi. Tonino Guerra diceva “Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita!” e sembra che Marion abbia reso la propria esistenza aromatizzata e fragrante da poter alleviare le pene proprie e quelle del prossimo. La validissima interpretazione degli attori e il sarcasmo delle battute rende la tematica, di per sé non leggera, scorrevole, per molti versi commuovente. Un film che è un invito a sopravvivere sorridendo e godendo di quel che la vita offre...

Francesca Saveria Cimmino - Corriere dello spettacolo.com

  «Let's talk about sex», intonano gli ottuagenari di Una canzone per Marion. E saltellano in qua e in là, come se l'artrite non li riguardasse. A parlar di sesso, a imitazione dei Salt-n-pepa, li ha indotti la giovane Elizabeth (Gemma Arterton), che dirige il loro coro. La cosa le è parsa spiritosa. Di certo, spiritosa la trova Marion, corista entusiasta nonostante il cancro che la sta uccidendo. Molto meno entusiasta è il suo Arthur. Sposati da una vita, e tuttavia ancora teneramente innamorati, i due non potrebbero essere tra loro più diversi. Lei è luminosa e aperta, lui è ombroso e chiuso. Lo è da sempre, con tutti, a partire dal figlio James (Christopher Eccleston) e dalla nipotina Jennifer (Orla Hill). E adesso lo è anche con i vecchi canterini saltellanti, e con la loro fantasiosa direttrice.
Per girare questa sua piccola storia non proprio originale - fatta di anziani che, ovviamente, riscoprono scampoli di similgioventù - Paul Andrew Williams ha pensato bene di affidarsi a due attori che, da soli, ne potessero reggere le sorti. Capita così che la sua Marion abbia il volto e la grandezza di Vanessa Redgrave, e il suo Arthur quelli di Terence Stamp. E' a loro che si deve la parte migliore del film, la prima, quella in cui i caratteri dei due protagonisti vengono enunciati, esplorati, approfonditi. Fra i due, fra la vecchia attrice e il vecchio attore, è il secondo che affronta il ruolo più difficile, e più a rischio. Mentre Redgrave deve solo (si fa per dire) tenere insieme malattia ed entusiasmo, dolcezza e determinazione, a Stamp tocca di convincerci sia del proprio amore per Marion, sia della propria caparbia avversione alla sua avventura nel coro. E allo stesso tempo gli tocca di convincerci delle ragioni - più o meno buone, ma sempre molto umane - della propria rabbia esistenziale, acuita dall'età.
E' così misurato, ed è così dolorante nel profondo, il suo personaggio, che per un po' si perdonano a Williams le molte scivolate retoriche e d'effetto. Abbandonata al suo destino Marion, la sceneggiatura si impegna a redimere Arthur dalla sua misantropia e se neppure la bravura di Stamp e Redgrave riesce a far perdonare l'ovvietà della seconda parte del racconto, in platea la svolta narrativa è accolta con soddisfazione…

Roberto Escobar - L'Espresso

promo

A 72 anni, Arthur (Terrence Stamp) viene convinto dalla moglie Marion (Vanessa Redgrave), gravemente malata, ad entrare a far parte, a malincuore, di un coro locale poco convenzionale. Così facendo, il burbero, timido e scontroso Arthur si imbarca in un'esperienza che lo porta, grazie al carisma della direttrice Elizabeth (Gemma Arterton), ad affrontare i lati più oscuri del suo carattere e, con l'aiuto della musica, a scoprirsi una persona del tutto nuova… Il film non si compiace della tristezza inevitabile, bandisce il mélo: gli anziani coristi dilettanti ridono tra loro e per noi, accompagnano Marion all’estremo saluto con leggerezza e lei con leggerezza se ne va. L'empatica interpretazione degli attori e il sarcasmo delle battute rende la tematica, di per sé non leggera, scorrevole, per molti versi commuovente. Un film che è un invito a sopravvivere sorridendo e godendo di quel che la vita offre.

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 LUX - settembre 2013

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