Dorian Gray
Oliver Parker - Gran Bretagna 2009 - 1h 52'

Nella Londra Vittoriana arriva Dorian Gray, un giovane uomo di straordinaria bellezza e nobiltà. Sensibile e impressionabile, Dorian viene molto presto coinvolto e trascinato nel vortice della mondanità dal carismatico Lord Wotton, incallito fedifrago sposato a Lady Victoria. Colpito dal suo bel sembiante, il pittore Basil Hallward lo cattura nei colori e sulla tela. Il giorno dell'inaugurazione del ritratto, Dorian pronuncia un giuramento e il desiderio di restare giovane per sempre. Conteso dall'interesse di Lord Wotton e dall'amore di Hallward, Dorian dissipa la sua eterna e giovane vita tra bordelli e teatri, libertinaggio sfrenato e promesse di matrimonio, prostitute consumate e spose ripudiate, senza che il suo volto patisca il segno del vizio. A sfigurarsi e a insozzarsi è la sua anima, incorniciata e fissata sulle pareti di una casa troppo grande. Spaventato dal deperimento del ritratto, Dorian lo ripone in soffitta, lontano dallo sguardo dei gentiluomini e delle nobildonne che affollano insaziabili la sua esistenza e i suoi salotti. Mentre il tempo scorre e appassisce i volti e le volontà dei suoi amici, Dorian resta fedele alla sua bellezza e al suo diabolico patto... Potrà l'amore per la figlia di Henry Wotton redimerlo e annullare i malefici effetti del maligno?

  Non è facile adattare un libro per lo schermo, rinnovando e prolungando il piacere del testo. Ancora più complesso è realizzare la trascrizione cinematografica di un classico della letteratura come Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, pubblicato nel 1890 nell'Inghilterra di gusto e ideali vittoriani. Tenta l'impresa, ma non è nuovo all'impresa e alle parole di Wilde, il regista inglese Oliver Parker. Dopo le trasposizioni di due commedie del poeta, scrittore e drammaturgo irlandese (Un marito ideale e L'importanza di chiamarsi Ernest), Parker cerca un confronto diretto con l'eroe decadente di Wilde. Dorian Gray, interpretato sullo schermo da Ben Barnes, è un ribelle "freddo" a cui manca la tumultuosa vita interiore degli eroi romantici e a cui un contratto demoniaco ha fissato una maschera immodificabile. L'usurpato e imberbe principe Caspian, delle celebri Cronache di Narnia, attraversa questa volta una ben più temibile soglia, praticando il culto esclusivo della bellezza e superando i confini assolutamente invalicabili di decoro e di pudicizia stabiliti dalla timorata società vittoriana. A incalzarlo con sentenze, aforismi e brillanti paradossi è lo straripante Lord Wotton di Colin Firth, magnifico e sprezzante nel suo tentativo di scandalizzare i virtuosi borghesi e di spostare e rilanciare la frontiera morale del suo giovane protetto. Le soluzioni alle domande che derivano dalla costruzione letteraria non riescono, nonostante le migliori intenzioni del regista, a produrre suggerimenti in direzioni di altre e più contingenti analisi. Dorian Gray resta fortemente ancorato alla mentalità e al tempo di Oscar Wilde, limitandosi soprattutto nella sceneggiatura a una fedeltà al limite dell'illustrazione. Parker si guarda bene dal buttarsi in un corpo a corpo tra letteratura e cinema, lasciando trasparire l'origine letteraria del film ed esibendo, all'interno della dimensione scenografica, la spettacolarizzazione degli effetti speciali. Effetti che illustrano gli incubi nevrotici del protagonista e rendono visibile la sua mostruosità, la miscela umana e ripugnante di un dandy animato dalla vocazione a realizzare una vita inimitabile, vendendosi banalmente l'anima al diavolo. Ben Barnes, principe superbo ma dandy prematuro, prova con risultati alterni a liberare le potenzialità di godimento del suo Gray, eliminando il candido Dorian dell'incipit e avanzando nei bassi istinti e nella indispensabile carnalità di un altro e orribile da sé. Un po' Harker e un po' Dracula, il gotico Dorian Gray di Parker-Barnes, nell'epilogo a sorpresa, si consegna all'amore di un personaggio inventato (la Emily Wotton di Rebecca Hall), ritrovando rughe e fisionomia e recuperando il proprio sé sepolto sotto la crosta e sotto i colori.

Marzia Gandolfi - Mymovies.it

   Per la terza volta alle prese con Oscar Wilde, Oliver Parker fa il primo passo falso con un adattamento quasi horror del famoso romanzo faustiano con il quadro che invecchia nella soffitta. Con aggiunge poco opportune e il mood paranormale il film tradisce la snobistica perversione dell' originale. Tutto risaputo e patinato: Ben Barnes sembra capitato là per caso e bisogna fidarsi di Colin Firth, l'amico. ben poco wildiano e di sensualità liberty e di peccati veri non c'è l'ombra...

Maurizio Porro - Il Corriere della Sera

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Nella Londra Vittoriana il bel nobile Dorian Gray (Ben Barnes), in un mefistofelico patto, lascia che la sua immagine, catturata su una tela, supplisca al deperire del suo corpo e della sua morale, preservandosi giovane per sempre... Osando una nuova trasposizione dell'opera di Oscar Wilde, Parker si guarda bene dal buttarsi in un corpo a corpo tra letteratura e cinema, lasciando trasparire l'origine letteraria del film ed esibendo, all'interno della dimensione scenografica, la spettacolarizzazione degli effetti speciali. Un po' Harker e un po' Dracula, il gotico Gray di Parker-Barnes, prova a stupire con un epilogo a sorpresa, alla ricerca del proprio sé sepolto sotto la crosta e i colori di un dipinto e del proprio destino.

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TORRESINO - gennaio 2010

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