L'elemento del crimine (The Element of Crime)
Lars von Trier - Danimarca 1984 - 1h 35'

    Dal Cairo all'Europa, il viaggio a ritroso di un detective ossessionato dal punto di vista del killer. Indaga su efferati delitti e ascolta un vecchio professore cieco che predica l'immedesimazione tra cacciatore e preda. Un film sotto ipnosi quello con cui esordì nel 1984 il danese Lars von Trier e che ora viene in sala. Un "cuore di vetro" sorprendente, che manipola i materiali visivi e psicologici del noir e del thriller (da Rapporto confidenziale di Orson Welles a M di Fritz Lang, passando per Tarkovskij) estremizzando il linguaggio (cinemascope e macchina a mano, barocchismi sfrontati). L'elemento del crimine fa parte di una trilogia che comprende anche i successivi Epidemic (1987) e Europa (1991). Ancora lontano dalla tracotanza teorica del Dogma, Lars von Trier film successivo in archivio si permette sublimi "alienazioni temporali e geografiche", descrive il caos dall'interno, evoca l'orrore della Storia e contempla con freddezza l'impasse della Cultura. Per non parlare dell'amore, che nell'Europa contagiata e virulenta dell'autore si consuma soltanto nelle fogne. Il miglior film del danese, che genio non è ma qui azzecca magicamente il senso estetico della modernità del cinema. .

Roberto Gervasini - Film Tv

    All'epoca della sua realizzazione, il 1984, L'elemento del crimine di Lars Von Trier mostrava ben chiaro un paradigma di riferimenti, cinematografici e non: Borges, il Tarkovskij di Stalker, Il terzo uomo, Blade Runner, per citarne solo alcuni. Ora che l'opera prima del regista esce nelle nostre sale, toccherebbe aggiungerne molti altri: ma di epigoni, questa volta. Basterà, per tutti, evocare Il silenzio degli innocenti e Seven, che gli deve moltissimo: dalla storia di serial-killer all'atmosfera incubosa, dagli scenari degradati alla pioggia che cade senza interruzione, evocando bolge infernali fatte d'acqua anziché di fuoco.
Futuro prossimo venturo. Fisher, un detective che ha ucciso il sonno e che soffre di continue emicranie, torna dal Cairo per smascherare il misterioso assassino del lotto, un omicida in serie di nome Harry Grey che infierisce su donne giovanissime. Secondo i dettami del libro del suo maestro, un volume che porta lo stesso titolo del film, l'investigatore cerca di identificarsi sempre più con il criminale per comprenderne i moventi e il modo di operare. Così facendo, però, finisce per confondere la propria personalità con quella di Grey, diventandone il doppio in una dimensione ossessiva in cui ciascuno è il doppio di qualcuno. Soprattutto una donna, che diventa l'amante di Fisher-Grey e non si capisce se rappresenti per lui una complice oppure una minaccia.
... L'elemento del crimine è una parabola sul nostro Vecchio Continente in forma di (atipico) film poliziesco: a dominare la rappresentazione è un'Europa da dopo-diluvio, degradata putrida ammuffita come lo è, secondo Lars, la sua cultura. I cinefili vi troveranno facilmente i germi del Von Trier successivo, inclusi la macchina da presa mobile (identificazione dell'obbiettivo, oltre che identificazione del protagonista), la tavolozza di pochi colori e gli altri elementi stilistici che contraddistinguono il futuro teorico di Dogma. Seguire Fisher nel suo percorso semionirico di cunicoli, gallerie, sotterranei è un'attività per nulla riposante e può certo scontentare chi, nel cinema, cerca soprattutto un momento di relax. Chi preferisce scoprire (o riscoprire) qualcosa, invece, può accomodarsi senz'altro in questo incubo da sognare insieme.

Roberto Nepoti – La Repubblica

 
  TORRESINO - febbraio 2000  

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