Essential Killing
Jerzy Skolomowski - Polonia/Norvegia/Ungheria/Irlanda 2009 - 1h 23'

Venezia 67 - concorso

    Tutto il senso di Essential Killing è già racchiuso nel titolo. Essenziale, uccidere: le due parole chiave della storia. Skolomowskifilm successivo in archivio riduce al minimo l’intreccio portando lo spettatore all’interno di un viaggio, di un’esperienza che, per quanto muova i passi da un dato storico-politico, rimane scevra da ogni giudizio di parte. La cornice politica è chiara, ma è altrove che si trova il significato più profondo del film.
Mohammed (Vincet Gallo), talebano, viene catturato dall’esercito americano in Afghanistan e portato in Europa. Lungo il viaggio verso il carcere, la vettura dove è trasportato subisce un incidente, per Mohammed significa la fuga. Si ritrova così ‘libero’ e fuggitivo. L’aridità del deserto lascia il posto al biancore delle foreste innevate mentre la causa bellico-politica del suo scappare sfuma all’interno di un'altra dimensione, quella della lotta per la sopravvivenza. Pur rimanendo il motivo drammatico di fondo la fuga del prigioniero, la tensione si sposta su un piano più intimo, depoliticizzato quasi, in cui perde importanza sapere chi è Mohammed, se è colpevole o no. Ciò che interessa è seguirlo in una lunga prova di resistenza in cui i tratti di bestialità sono di volta in volta delineati poiché atti a ridisegnare costantemente i ruoli di preda o predatore.
Essential Killing è dunque una storia sull’Uomo e sulla Natura, un’avventura estrema (nel senso di lotta contro la morte) di animalità e umanità tra l’uno e l’altra. L’uomo, privato di tutto e catapultato da un deserto all’altro, rimane solo con se stesso in balia del proprio istinto di sopravvivenza. Le coordinate spazio-temporali vengono a saltare, il dialogo non esiste, la prova di resistenza si inasprisce: è la lotta del singolo contro il Tutto. Al di là della ragione politica sullo sfondo, le prove della colpevolezza di Mohammed come terrorista rimangono fuori scena, eppure può essere Mohammed definito un eroe? Al regista poco importa delineare politicamente i confini di chi è la vittima e di chi il carnefice, il nervo centrale del racconto sta nella lotta per la vita. Ma non solo di Mohammed. Dei suoi nemici, della gente che incontra occasionalmente durante l’errare in fuga e, non da ultimo, degli animali. Ciò che interessa è dunque coinvolgere lo spettatore all’interno di questa sfida con la natura, laddove uccidere perde ogni valenza politica e diventa un essential killing, appunto: un uccidere per salvare la propria vita.

Il film non è tratto da una storia vera, ma il ritratto che offre non è lontano dalla realtà che la "sua" Polonia – dice il regista – sta vivendo in questi anni. Skolomowski infatti muove i passi dal dato di fatto del militarismo americano in territorio polacco. “Gli aerei dell’esercito americano atterrano a meno di venti kilometri da dove abito”. Velato e sullo sfondo, il tono di denuncia però si percepisce. “L’esistenza in Europa di postazioni segrete della CIA per la guerra al terrorismo ad opera del governo americano rimane una controversia. A nessun organismo politico polacco è permesso sapere qualcosa circa gli aerei americani, eppure la loro presenza è un dato di fatto grazie anche alle indagini del Parlamento Europeo”, racconta Skolomowski. La portata del soggetto è certo complessa, dunque, ma l’intento non è quello di un’aperta denuncia politica, né la struttura drammatica è quella di un film militare. Nessun punto di vista imposto a priori, quindi, ma piuttosto un voler mettere lo spettatore nelle condizioni di scegliere da che parte stare e questo spogliando il presunto colpevole di ogni arma, di ogni difesa. Non si tratta della dualità tra americani e afgani pertanto, o meglio, non per qualcosa di più di un pretesto, semmai di un continuo depistaggio dai giudizi più immediati e di un continuo rinnovarsi dell’idea che in guerra come nella brutale sopravvivenza ciascuno diventa, insieme, preda e predatore.
Vincent Gallo è in questo caso il simbolo di questa dualità. Un film tutto incentrato sulla fisicità dell’attore, sulla sua presenza scenica, sul movimento e sul gesto. Per nulla sulla parola. Magistrale la fotografia, promossa ad una sorta di deuteragonista. Le riprese della prima parte del film – ambientata nel deserto afgano – di fatto hanno avuto luogo vicino al Mar Morto in Israele, mentre la seconda parte – che si immagina ambientata in un non ben precisato paese dell’est Europa – è stata girata in Polonia e in Norvegia ed è nell’inverno di questo paese imprecisato che il misto di dramma e poesia di
Essential Killing trova la sua massima espressione. Simbolico poi il finale. Sull’immagine di un cavallo bianco (animale-emblema di certo cinema dell’est Europa. Si pensi a Wajda, a Zanussi, o, con le dovute differenze, a Tarkovskij) sporco di sangue si chiude il viaggio del ‘nemico del nemico’.

Erica  Buzzo - MCmagazine 29 - ottobre 2010