Il grande Gatsby (The Great Gatsby)
Baz Luhrmann - Australia/USA 2013 - 2h 22'

   La sfida, effettivamente, era delle più ambiziose: portare sullo schermo ancora una volta uno dei più grandi romanzi americani, Il grande Gatsby di Scott Fitzgerald che, ambientato nella New York del 1922, con qualche anno di anticipo (il libro, spedito all'editore proprio dalla Costa Azzurra, uscì nel 1925) presagì il crollo dell'impero americano, la fine di un'era alla deriva, corrotta e decadente, di un sogno destinato a essere travolto dalla crisi economica del 1929. Baz Luhrmannfilm successivo in archivio, il visionario regista australiano che Cannes scoprì 21 anni fa con Ballroom e che poi ha diretto film di culto come Romeo + Juliet e Moulin Rouge, ha messo le mani su uno dei classici della letteratura d'Oltreoceano e ne ha fatto un'opera pop, colorata e in 3D, che, interpretata da Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire, ha incassato oltre 50 milioni di dollari nel primo weekend, riguadagnando già la metà di quello che è costato, ma ha deluso molti dei critici... Meno pirotecnico di Moulin Rouge (l'inutile 3D che stende su ogni immagine una patina di 'finto'!) il film alterna momenti di grande e iperbolica bellezza scenografica (il 'decorè' un elemento essenziale nel film di Luhrmann) a scene che dovrebbero suscitare forti emozioni (e invece non lo fanno), lasciando lo spettatore in fondo freddo davanti alla tristezza di un amore impossibile. Obiettivo del regista è quello di introdurre in questo mélo di quasi un secolo fa elementi di contemporaneità, e lo fa mandando dall'analista Carraway, che disgustato dalla decadenza di New York, invece di tornare ai valori della tradizione americana (come accadeva in una precedente versione cinematografica, quella con Robert Redford film precedente in archivio) cade in depressione. E poi accostando Gershwin e il jazz all'hip hop di Jay Z, alle canzoni di Beyoncé e U2, come suggerito dalla Marie Antoniette di Sofia Coppola...

Alessandra De Luca - Avvenire

  Fillm perfetto per l'inaugurazione (naturalmente fuori concorso) di un grande erudito festival mondialpopolare, soprattutto in tempi di crisi non solo cinematografica, ecco finalmente materializzarsi e quindi umanizzarsi, la quarta ma non certo ultima cineversione di Il grande Gatsby. Già metabolizzata da mezzo mondo per la minacciosa invasione pubblicitaria iniziata mesi fa, 50 milioni di incassi in America nel primo fine settimana, mantiene a suo modo quello che promette, cioè dirompente opulenza, attori celebri belli e bravi, regista temerario quindi chic, schermo immenso e inutile 3D, sonoro fracassone e contemporaneo, un accumulo di ogni tipo di effetto cinematografico, tutto ciò che si è già visto o immaginato di lussuoso, folle, depravato e criminale dell'età del jazz al suo culmine e già avviata verso il precipizio del proibizionismo e della grande depressione. (...) con il talento orgiastico del regista australiano Buz Luhrmann, il pallore perlaceo, la vocina proveniente da laggiù dell'attrice inglese Carey Mulligan e soprattutto gli occhi blu di Leonardo DiCaprio, sulle cui paffute guance ogni tanto scivola una lacrima di dolente e folle passione, saranno milioni a riconoscere l'autore nella figura del narratore Nick (Tobey Maguire, occhioni sempre stupefatti). Il povero Scotty, morto a 44 anni nel 1940, umiliato e dimenticato, forse non approverebbe l'ardire di Luhrmann, solo quando colloca il narratore, cioè lui, in un istituto psichiatrico (dove invece fu rinchiusa e morì in un incendio la sua vedova Zelda) alle prese con una psicoterapia che gli impone di scrivere i suoi ricordi, cioè Il grande Gatsby. Che, precipitando nella mente fantasmagorica di Luhrmann e nei 200 milioni di dollari a sua disposizione, diventa un amabile e lussureggiante casino lungo 150 minuti di rutilante melodramma d'amore e di separazioni sodali, all'ombra del sogno americano.

Natalia Aspesi - La Repubblica

promo

New York, primi anni del 1920. Nick Carraway, aspirante scrittore del Midwest, arriva nella Grande Mela in cerca del suo personale 'sogno americano'. In un'epoca in cui regna la dubbia moralità, la musica jazz e la delinquenza, Nick si ritrova coinvolto dal suo vicino di casa Jay Gatsby - un misterioso milionario a cui piace organizzare feste - nell'accattivante mondo dei super-ricchi, con le loro illusioni, amori ed inganni. Ben presto Nick si ritrova coinvolto in una storia d'amore impossibile, segnata da sogni incorruttibili e tragedie in agguato, prendendo consapevolezza di quanto effimera e problematica sia l'esistenza di questo 'nouveau riche'... Esaltato ed esangue, ebbro e convulso come i suoi protagonisti votati agli istinti meno nobili, il film rielabora il melodramma da camera provando a rivitalizzarlo con frenesie kitsch, fastosi numeri danzanti e inquadrature sovraeccitate. A Luhrmann non interessa la ricostruzione storica, né tanto meno la storia dell’amore impossibile, o forse mai esistito, tra Gatsby e Daisy: la sua messa in scena si fa specchio dell’anima del suo protagonista, consumato dal sogno di essere il più grande, di riconquistare il passato a suon di party mastodontici. Una messa in scena, una finzione dichiarata e scintillante: l’inganno eterno del cinema.

film del week-end precedente

 LUX - giugno 2013

film successivo presente sul sito

cinélite giardino BARBARIGO: giugno-agosto 2013