Il grande quaderno (A nagy füzet)
János Szász
- Ungheria/Germania 2013 - 1h 49'


   Nessuno dei personaggi ha un nome: ci sono due gemelli, una nonna, una madre e un padre, un ufficiale tedesco e poi un parroco, una fantesca, un calzolaio e così via. Ciò ne rende ancora più evidente il carattere di fiaba nera: un racconto di formazione che, però, segue regole tutte sue, crudelmente darwiniane e tutt'altro che consolatorie dove l'ingresso nell'età adulta ha forma d'incubo. (...) Il film dell'ungherese János Szász lascia la guerra sempre fuori-campo (però è eloquente la scena dei bombardieri sul villaggio: se ne vedono solo le ombre proiettate in strada e sui muri delle case, con un forte effetto di minaccia), preferendo mostrarne gli effetti sugli individui. E non sono conseguenze edificanti: a parte un calzolaio ebreo dall'anima di buon samaritano e una piccola ladra, tutti sono personaggi degni di una storia dell'orrore. Inclusi i gemelli, che 'crescono' rinunciando all'umanità imparata in famiglia e facendosi vieppiù crudeli con se stessi e con gli altri, per un estremo principio di sopravvivenza del più forte che li porta a rubare, ricattare e peggio. Senza arrogarsi giudizi morali su di loro, il film lascia tuttavia ben poco spazio all'ottimismo (...). Malgrado la cupezza degli eventi che racconta, Il grande quaderno (...) è un film dall'andamento narrativo nitido e dalla progressione coinvolgente. Contribuisce molto a valorizzarlo il lavoro sull'immagine e sulla luce naturale dell'austriaco Christian Berger, tante volte direttore della fotografia per Michael Hanekefilm precedente in archivio.

Roberto Nepoti - La Repubblica

   Ungheria, Seconda Guerra Mondiale. Una giovane madre lascia la città, minacciata dai bombardamenti, per la campagna. Indotta dal marito, impegnato al fronte, affida i figli alla propria madre, una persona sadica e ostile decisa a piegarli con schiaffi e vessazioni. Resistenti e in attesa di poter riabbracciare i genitori, i due fratelli, gemelli e adolescenti, tengono un diario, regalo del padre, al quale consegnano le scoperte quotidiane e il loro apprendistato alla vita. Fuori dalle pagine del loro grande quaderno intanto la guerra corrompe uomini, donne, bambini.
Dentro una guerra sprezzante dei diritti dell'individuo si muovono i giovani protagonisti di Ágota Kristóf, autrice di un best seller pubblicato nel 1986, celebre per il suo rigore formale e l'asprezza caparbia. Trasposto da János Szász col titolo omonimo, Il grande quaderno guarda in faccia alla violenza senza cercare effetti melodrammatici e affidandosi piuttosto a una durezza ordinaria e a un orizzonte vuotato dalla speranza. E in questa prospettiva scoraggiante, seminata dai nazisti e rinforzata da meschini e delatori, il regista ungherese emerge momenti e sentimenti di umanità inaspettati che provano a 'correggere' la materia densa e torbida del romanzo (il primo di una trilogia) e a dire con le immagini le verità implacabili di un diario intimo scritto a quattro mani. Quelle delicate e incoscienti di due fratelli strappati al loro comfort e al conforto dell'amore materno e consegnati troppo presto alla brutalità dell'esperienza umana. Piantato nella campagna di un Est di cui scrittrice e regista non forniscono alcuna localizzazione, il romanzo di formazione di Ágota Kristóf educa due ragazzi attraverso umiliazioni fisiche, ingiustizie, privazioni, fame, sete, esercizio della disciplina. Vittime di predatori sessuali, in divisa o in gonnella, i protagonisti sopravvivono attraverso un rigido codice morale autoimposto. Rispettoso dello spirito del romanzo nondimeno Szász risparmia allo spettatore alcune sofferenze, consapevole del diverso impatto di alcune scene alla lettura e sullo schermo. Intatta resta invece la propensione alla fatalità dell'autrice, che scivola e penetra le immagini lasciando fuori campo la guerra, evocata soltanto dalle ombre dei cacciabombardieri sui tetti delle case o dai suoni delle esplosioni, tristi echi sonori che impattano la vita di nonna e nipoti. Nipoti frontali e immobili, lo sguardo fisso verso l'orrore e come in un film dell'orrore. Perché i due protagonisti non sono (e non saranno) più bambini come gli altri ma creature marcate dall'odio che ci dicono della guerra e delle trasformazioni che impone.
Dentro la luce naturale di Christian Berger, celebre direttore della fotografia di Michael Haneke
, che illumina i giorni bui e spenti della Storia, il regista rappresenta la perdita dell'innocenza e la distruzione della vita in nome della sopravvivenza. Sopravvivere per i gemelli diventa una seconda natura, a cui sacrificare le loro emozioni e la loro più grande paura, quella evocata (ed anticipata) dall'interrogatorio di polizia, la separazione. Nonostante le buone intenzioni Il grande quaderno resta un film ponderato e prudente, indeciso tra la fedeltà a un romanzo senza concessioni, che avanza in acque limose senza paura di scomodare, e la ricerca di una messa in scena per dire efficacemente del processo di disumanizzazione della guerra subito dai protagonisti. Resta intatto il coraggio di averci provato e di aver posto degli interrogativi in luogo di risposte manichee. Consigliamo ai genitori di avvicinare il film nella prospettiva storica (la Seconda Guerra Mondiale) o in quella favolistica (una sorta di riscrittura di "Hänsel e Gretel"): due fanciulli abbandonati e precipitati nelle grinfie di una strega, come viene soprannominata la nonna nel villaggio, che minaccia di 'divorarli' se non lavoreranno. Libro e film rivelano una dimensione universale e iniziatica che confronta il bambino col mondo adulto, messo sotto accusa e tuttavia mai condannato in maniera definitiva.

Marzia Gandolfi - mymovies.it





promo

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale le città ungheresi sono devastate dalla povertà. Nella speranza di salvare la vita dei suoi gemelli, una giovane madre decide di portarli dalla nonna che vive nei pressi di una piccola città. La nonna, una donna che beve molto e ha un atteggiamento crudele e distaccato tanto che i ragazzi la chiamano "la strega", accetta i gemelli pensando che potranno tornarle utili. La difficile esperienza a casa della nonna - raccontata in modo estremamente sintetico e rigoroso, senza registrare emozioni, nel loro "Grande Quaderno" - si rivelerà per entrambi i fratelli particolarmente dura e difficile: impareranno infatti a badare a se stessi attraverso l'arte della sopravvivenza... Fedele allo spirito del romanzo di Ágota Kristóf il film lascia ben poco spazio all'ottimismo ma, malgrado la cupezza degli eventi che racconta, riesce a "bucare" lo schermo grazie al prezioso lavoro sull'immagine e sulla luce naturale, all'andamento narrativo nitido e di coinvolgente progressione.