Hero (Ying xiong)
Zhang Yimou - Cina/Hong Kong 2002 - 1h 36'

da Il Manifesto (Mariuccia Ciotta)

     Lo scenario storico è spostato molto indietro nel tempo, nella Cina pre Imperiale del 221 a.C., ma non per questo l'opera è meno attuale. Protagonista assoluto è infatti «il kamikaze», colui che si sacrifica per un ideale superiore, o inferiore. Il regista cinese della quinta generazione, Zhang Yimou, classe 1950, autore di Sorgo rosso, Lanterne rosse, La storia di Qui-Ju e Non uno di meno, pluripremiato a Cannes, Venezia e Berlino, lo Spielberg di Pechino, per questo classico targato Miramax è stato di nuovo accusato di connivenza con il governo e di simpatie anti-Tienamen, soprattutto dopo la candidatura «istituzionale» al premio Oscar come migliore film stranero. Ma solo una mentalità guasta e viziosa, «occidentale» cioè, potrebbe vedere Mao sotto le vesti di un imperatore spietato, o ancor peggio i suoi successori, nazionalisti solo nel senso delle multinazionali... Hero, genere «cappa e spada» - per la Miramax probabilmente un goloso sequel del mediocre (non al box office) filmone di Ang Lee La tigre e il dragone - sprigiona la tragedia della pace e lascia tutti ammutoliti sull'essere altro, altro mondo, sospesi in cielo come i maestri delle arti marziali, guerrieri volanti dentro nuvole di foglie gialle violentemente cangianti in rosso sangue. Delirio onirico da playstation per il regista abituato a piccoli racconti sovversivi in fatto d'amore e di giustizia, di scuola e di comunismo. Zhang Yimou con questo gioiello aggiunge alla sua «sensibilità spielberghiana», la dimensione gigantesca: l'utopia dell'horror b-movie che diventò Jurassic Park è quella del balletto marziale che diventò Hero, il kolossal. Sette regioni di una Cina feudale si massacrano per unificare l'Impero e egemonizzarlo. Vince chi ha la fly-sword, la spada volante, o riesce a schivare milioni di frecce scoccate all'unisono, nuvola nera saettante che copre il sole e precipita sulla scuola dei giovani studenti di calligrafia. Se scrivi bene la parola spada, nessuna freccia ti colpirà. Bastano anche due ballerini-guerrieri avvolti in garze colorate che roteando a mezz'aria spezzano i dardi neri, lanciati da eserciti contrapposti, truppe sterminate con i loro vessilli palpitanti, stile Kurosawa e Bertolucci. Senza Nome (Jet Li, Kiss of the Dragon), Spada Spezzata (Tony Leung, In the Mood for Love) e Neve Volante (Maggie Cheung, In the Mood for love, Irma Vep) si uniscono per compiere una missione che costa la vita...
Sono tre maestri del combattimento, uniti da doti eroico-erotiche - due uomini e una donna, i migliori, quelli che battono la forza di gravità, la velocità di una goccia d'acqua schizzata sulla guancia prima che diventi lacrima, e lievitano più alto di una folata di vento - decidono di assassinare il re più potente e crudele, the King of Qin, che regna nel nord, e aspira a schiacciare gli altri. Ma c'è un altro modo di essere «All under Heaven», tutti uniti sotto il cielo, per un alto grado di civiltà. I tre lo scopriranno un po' alla volta, nei flash-back evocati dal re.
In una varietà cromatica forte che indica verità diverse come nei Sette samurai, il racconto si srotola tra duelli e vendette, gelosie e rivalità. Osservatrice disperata del dramma è Moon, giovanissima allieva del teorico del gruppo, Spada Spezzata. L'attrice Zgang Ziyi porta con sé l'eco del film di Ang Lee di cui era protagonista. Ma
Hero è l'anti-tigre e dragone, un film che capovolge il genere, destinato alla sequenza obbligata duello-morte-duello. Votati al sacrificio di sé, infatti, i guerrieri tradiranno la loro missione e interromperanno il meccanismo del «gioco». Di fronte a King of Qin, disarmato e impotente, abbasseranno la spada. Saranno uccisi dalle truppe del futuro imperatore della Cina. «All under Heaven» è stato scritto sulla sabbia, dunque resta parola d'ordine, ornamento del deserto e del cielo. Eroi, non kamikaze.

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

      Per il suo primo "wuxia", fantasia di arti guerriere, Zhang Yimou ha scelto una delle leggende sulla nascita della Cina. Duemila anni fa. Il re Qin vuole unire i sette regni e dare origine a un grande impero; gli altri sovrani assoldano killer d'élite per eliminarlo. E' lo stesso soggetto già messo in scena dal suo maestro Chen Kaige nell'Imperatore e l'assassino; ma con l'aggiunta di un quarto sicario, Senza Nome, che intrattiene in flashback il monarca sui fatti d'arme da lui stesso compiuti contro i suoi nemici. Dice la verità; oppure si propone, a sua volta, di assassinarlo? Esordendo nel kolossal, il regista ha voluto fare di tutto, di più; più di Hollywood e Hong Kong messe assieme. Composte con una cura degna di Kurosawa, le immagini ci riempiono gli occhi: duelli sospesi nell'aria, combattimenti di uno contro cento, migliaia di frecce che piovono dal cielo; il tutto coreografato impeccabilmente da Ching Siu Tung (Storie di fantasmi cinesi). Però Zhang non si è fatto mancare neppure le soddisfazioni intellettuali: il racconto è una costruzione concettuale, dove le versioni dei fatti si contraddicono (confronta il classico kurasawiano Rashomon) e ogni flashback ha un colore differente per scenografie e costumi. Ha raggiunto lo scopo, poiché Hero è stato accolto triofalmente non solo in Cina, ma anche negli Usa. Eppure la perfezione dei dettagli va a scapito dell'anima; e il colore di una foglia finisce per contare più dei personaggi, che sembrano (splendide) marionette mosse da fili.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO febbraio-aprile 2005
giovedì GRASSO - biglietto MAGRO !!!