La vie en rose (La Môme)
Olivier Dahan - Francia/G.B./Rep. Ceca 2007 - 2h 20'

miglior attrice protagonista (MARION COTILLARD)
miglior trucco (DIDIER LAVERGNE E JAN ARCHIBALD)

        Applausi, commozione e un pizzico di stupore. Erano anni che Berlino non azzeccava l'apertura, diciamolo. Invece La môme (La vie en rose) di Olivier Dahanfilm precedente in archivio, 140 minuti sulla vita e l'arte di Edith Piaf, è il filmone che ogni festival sogna per l'inaugurazione. Un esempio, oggi sempre più raro, di buon cinema popolare, pieno di ambienti, di personaggi, di sentimenti. Il ritratto di una figura leggendaria sbozzato con tratto generoso e rotondo, senza esibire artifici formali invadenti, ma evitando anche la retorica o le riverniciature di nuovo di tanti pessimi biopic. Si comincia dalla fine, con il "passerotto" (questo significa piaf in argot) che crolla in scena a New York, e si torna all'inizio di tutto, a quell'infanzia che sembra uscita dal peggior melodramma, con la mamma cantante di strada che la abbandona, il padre contorsionista che la affida alla nonna, la nonna che la cresce fra le ragazze del bordello che gestisce. E come se non bastasse la piccola Edith dalla salute malferma perde la vista per riacquistarla dopo un pellegrinaggio sulla tomba di Santa Teresa di Lisieux, poi perde la puttana che le ha fatto da madre cantandole Je suis nue di Mistinguett (Emmanuelle Seigner), ritrova il padre che se la porta nei circhi e per strada, conquista a soli dieci anni il suo primo applauso cantando con voce incredibile la Marsigliese a una folla commossa di reduci dalla Grande Guerra.
Intanto continua lo slalom fra le epoche, l'infanzia si mescola a una vecchiaia solo apparente perché Edith muore ad appena 47 anni ma ne dimostra 70, consumata dall'alcol, dalla morfina, dal dolore. Ed eccola ventenne cercare fortuna nelle strade di Montmartre, e trovarla quando l'impresario di un cabaret alla moda (bel cameo di Gérard Depardieu) resta colpito dalla sua voce e la fa cantare nel suo locale, le presenta artisti e parolieri, le regala i primi successi e le prime fughe perché la môme, la ragazzina, sulle prime è terrorizzata, non si distacca dal suo mondo di alcolisti e macrò, anzi quando il suo benefattore è trovato ucciso viene accusata di complicità con la mala. E qui come altrove il film passa fin troppo in fretta. Ma ci sono da raccontare le amicizie, la nascita leggendaria di certe canzoni (La foule, Je ne regrette rien), la mamma che riappare in miseria (è Clotilde Coureau), il poeta che affina il suo talento naturale, brutalizzandola se occorre, l'amore immenso e tragico per il pugile Marcel Cerdan, sposato e destinato a morire troppo presto (il piano sequenza in cui si illude di averlo accanto senza sapere che è caduto in aereo è un piccolo gioiello a parte); e poi la droga, l'America, l'Olympia, i dolori più segreti. Ma sempre per piccoli tocchi, partendo dagli stati d'animo, ignorando la tirannia di quei "fatti" che sono la palla al piede di ogni biografia. Intanto Marion Cotillard, truccatissima ma mai ridicola, invecchia, ringiovanisce, canta in playback, si confronta con la vera Piaf rilanciandone, auguriamoci, la leggenda con questo film "per tutti", come si diceva un tempo, che potrebbe accontentare, chissà, anche i palati più esigenti.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

        «Non credo che l'essere infelici sia un prerequisito per essere grandi artisti, o anche solo artisti. Al contrario, si deve far di tutto per non essere infelici», ha detto Olivier Dahan a proposito della protagonista del suo film, La vie en rose. Protagonista imponente, anche se fragile, e tale da incutere timore a qualsiasi cineasta: Edith Piaf, icona della musica, minuta, nervosa e presto minata nel fisico, ma dotata di una delle voci più appassionate e appassionanti del mondo. Nacque povera, crebbe in un bordello, fu cieca per un periodo dell'infanzia, cantò per strada, finì in galera. Ma la sua voce era irresistibile, e "la Môme' (il passerotto: il suo soprannome e il titolo originale del film) divenne un mito. Visse, amò, si drogò, ebbe un sacco di batoste dal destino, morì giovane. «Je ne regrette rien», dice una delle sue canzoni più celebri, drammatico inno alla vita e traccia ideale di un film che insegue la donna al di là degli stereotipi dell'artista ma, quasi inevitabilmente, non riesce a non farsene catturare: un po' troppo "mimetica" l'interpretazione di Marion Cotillard, un po' troppo di maniera certe ricostruzioni. Ben costruito sui flashback, La vie en rose ha il coraggio di rischiare sul mélo ma, a volte, si lascia prendere la mano dagli effetti e ricade nel luogo comune che vuole sfuggire.

Emanuela Martini - Film Tv


promo

Tra la Francia e Praga, i drammi e le gioie di Edith Piaf, una delle leggende della canzone, francese e internazionale. E se il film serve per un tuffo nei ricordi di un mondo dello spettacolo ben diverso da oggi, è la colonna sonora, voce vera della Piaf, che diventa cult, dà la spinta, resta memorabile. Le molteplici facce della diva emergono con una soave naturalezza rendendo facile e scorrevole la lunga visione del film.

TORRESINO - giugno 2007
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