Perdona e dimentica (Life During Wartime)
Todd Solondz - USA 2009 - 1h 36'

Osella per la migliore sceneggiatura

    In un romanzo di Paul Auster Viaggi nello scriptorium un vecchio scrittore viene visitato dai personaggi dei suoi romanzi. In tal modo l’autore si interroga sui rapporti tra uno scrittore e i personaggi a cui ha dato vita con la sua penna.
Quali siano i rapporti tra Todd Solondz
film successivo in archivio  e i personaggi dei suoi film, è l’interrogativo che inevitabilmente ci si pone, vedendo questo film, in cui si ritrovano, dieci anni dopo, i protagonisti di Happiness (1998), con in più alcuni personaggi minori di Fuga dalla scuola media (Welcome to Dollhouse - 1996). *
Diversamente da Truffaut, che fece interpretare Antoine Doinel nelle varie fasi della sua vita dall'adorabile Leaud, Solondz ci fa ritrovare la famiglia Jordan, le tre sorelle e le persone che stanno loro intorno, con fattezze completamente diverse, così come è diversa l’ambientazione del film.
“Non sarebbe stato ugualmente interessante riportare lo stesso cast – afferma l’autore – Avevo già lavorato con quegli attori in quei ruoli. Mi piace rendere le cose interessanti per me stesso. Anche la logistica sarebbe stata problematica, quindi alla fine non lo abbiamo mai preso in considerazione.”
Non tanto un sequel, quindi, quanto piuttosto una progressione: Solondz ha riselezionato per ciascun ruolo l’attore che riteneva potesse portare qualcosa di inatteso al personaggio, talvolta anche in modo sorprendentemente drastico: basti pensare che Philip Seymour Hoffman, che in
Happiness aveva dato un indimenticabile ritratto del perverso futuro marito di Joy è stato sostituito da un attore di colore, Michael Kenneth.
D'altra parte Solondz, lungi dal manifestare esigenze di verosimiglianza, ci aveva già sorpresi in Palindromes, facendo interpretare lo stesso personaggio da otto attrici diverse. Ma se lì l’espediente aveva lo scopo di dimostrare come i cambiamenti siano solo apparenti, qui invece il cambiamento di immagine vuole corrispondere al cambiamento reale che ciascuna persona subisce col passare di dieci anni. Anche l’atmosfera generale è cambiata, sottolinea il regista, definendola più “politicizzata”.
L'America in cui si muovono i personaggi del film è quella del disordine post-traumatico del dopo 11 Settembre, cui allude il titolo, in cui tutti hanno paura di qualcosa e i rapporti umani sono caratterizzati solo dall’apparenza.

Attraverso le vicende delle tre sorelle Jordan, Solondz ci dà, ancora una volta, un ritratto spietatamente lucido della società americana, con i suoi bei paesaggi, con le sue case eleganti e plastificate, dove si muovono persone incapaci di fare i conti con il proprio passato e in una condizione di totale straniamento, che le porta a vivere in un mondo finto, attraversato da fantasmi ossessivi, con i quali dialogano.
Ma lo sguardo dell’autore su questa realtà desolante non è mai cupo, in quanto è l’ironia la cifra stilistica di Solondz.
L'incipit del film, perfettamente speculare a quello di
Happiness, ci fa ritrovare l’eterea ed ingenua Joy (una bravissima Shirley Henderson, la Mirtilla Malcontenta di Harry Potter, ma anche attrice di Mike Leigh), alle prese con l’ennesimo fallimento del suo rapporto, che, si conclude dopo un serrato dialogo al ristorante. E la vedremo poi, nella sua ansia di redimere il mondo, percorrere il suo cammino circondata da suicidi, senza rendersi conto di ciò che c’è di sbagliato in chi le sta vicino. Così come sembrano proseguire a vuoto le vicende delle sue sorelle, Trish (Allison Janney) che cerca di ricostruirsi una vita, peraltro non dissimile dal modello precedente, rimuovendo il ricordo del marito pedofilo ed Helen (Ally Sheedy) che ancora si sente vittimizzata sia dalla sua famiglia sia dal successo conquistato ad Hollywood come sceneggiatrice. E attorno a loro un mondo di mariti gay, padri pedofili, adolescenti in crisi d’identità, bambine impasticcate di psicofarmaci, signore in età che pagano per un po’ di sesso: un ritratto di family-life surreale, grottesco, disperato, in cui divertente e tragico, oltraggioso e toccante si alternano e si sovrappongono continuamente.

Un apporto importante è sicuramente dato dalla scenografia e dalla fotografia. La scenografa Roshelle Berliner ha costruito un mondo di forme geometriche e colori assoluti, al confine tra realtà e graphic novel, cui il bravissimo direttore della fotografia Ed Lachman, attraverso l’uso della sofisticata tecnologia digitale RED, ha conferito una piattezza visiva di consistenza quasi plastica, che si adatta perfettamente al mondo di fantasia in cui vivono i personaggi. Non a caso il film è ambientato in Florida (anche se girato prevalentemente a Portorico), che per Solondz è la quintessenza della “dittatura del Magazine Style”.

Senza dubbio la riflessione di Solondz, uno dei registi più intelligenti, rigorosi, graffianti del cinema indipendente americano, ruota attorno all’interrogativo di come noi ci adattiamo ai cambiamenti del mondo che ci circonda e attorno ad esso ha costruito questa black comedy, che sa farci ridere, ma soprattutto riflettere su temi importanti, quale quello, più volte ribadito, del perdono, senza però la pretesa di dare delle risposte, perché, come suggerisce lui stesso ai suoi personaggi, in fin dei conti cambiati solo in apparenza, la realtà non va dimenticata o perdonata, ma va guardata coraggiosamente in faccia.

* I personaggi di Harvey Weiner (Michael Lerner), il nuovo fidanzato di Trish e quello di suo figlio Mark (Rich Pecci) appaiono in Fuga dalla scuola media e addirittura il secondo anche in Palindromes

Cristina Menegolli - MCmagazine 27 (ottobre 2009)

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L'incipit del film, perfettamente speculare a quello di Happiness (1998). Attraverso le vicende delle tre sorelle Jordan, Solondz ci dà, ancora una volta, un ritratto spietatamente lucido della società americana, con i suoi bei paesaggi, con le sue case eleganti e plastificate, dove si muovono persone incapaci di fare i conti con il proprio passato e in una condizione di totale straniamento, che le porta a vivere in un mondo finto, attraversato da fantasmi ossessivi, con i quali dialogano. Ma lo sguardo dell’autore su questa realtà desolante non è mai cupo, in quanto è l’ironia la cifra stilistica di Solondz, uno dei registi più intelligenti, rigorosi, graffianti del cinema indipendente americano. Perdona e dimentica ruota attorno all’interrogativo di come noi ci adattiamo ai cambiamenti del mondo che ci circonda e attorno ad esso si costruisce questa black comedy, che sa farci ridere, ma soprattutto riflettere ...

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