La locanda della felicità (Xingfu shiguang)
Zhang Yimou - Cina 2000 - 1h 35'

da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

      «La locanda della felicità» del titolo italiano è un vecchio autobus arredato come una garçonnière, sistemato su un prato spelacchiato, affittato a ore alle coppie che non hanno dove andare a fare l´amore, rimosso alla fine dai vigili con una gru e ondeggiante nell'aria. Intorno, la città cinese è una metropoli: luci splendenti, traffico, locali, periferie desolate, folla solitaria. Nella luce dell'estate si allineano piccole storie crudeli su una ragazza cieca, un padre dimentico, una matrigna cattiva, un ragazzino obeso prepotente, un pensionato povero e bugiardo, voracità, lavoro inventato, matrimoni combinati e scombinati. Tutto avviene tra affetto e malvagità in una nuvola di chiacchiere, in una strana atmosfera di distanza calma, di impassibilità non giudicante: le cose della vita sono quelle che sono, vanno così anche nella Repubblica popolare cinese, e basta. Il film minimalista tratto da un racconto di Mo Yan e coprodotto dagli americani, conferma un´integrazione etico-culturale cinese: personaggi ed episodi potrebbero appartenere anche a un Paese diverso, ideologia e moralità scomparse lasciano il posto all´avidità e all´egocentrismo, il passato recente è cancellato nell'oblio, il sole dell'avvenire ha smesso di splendere e soltanto l´amicizia o la generosità individuali possono curare l´infelicità. Zhang Yimou ribadisce il suo talento con un'opera toccante, classica, di perfetta semplicità.

da L'Unità (Dario Zonta)

      E' ormai da qualche anno che l'autore dello straordinario Lanterne rosse, certo opera lontana nel tempo e nella qualità, realizza film «particolari», con un forte accento pedagogico, ma con un linguaggio che sembra tradire proprio l'alfabeto del cinema esigente, di cui è rappresentante. Basti pensare a La strada verso casa che, con molta serietà, spiega l'avvento della modernità nella società cinese e la relativa corruzione televisiva e politica, a un pubblico che considera come già capitalizzato. Ora con La locanda della felicità si ripropone il dilemma. Ancora una parabola pedagogica che si interroga, a suon di metafore, sull'avvento del concetto di impresa e di mercato nel sistema cinese [...] La simbologia che sorregge le favole non va svelata, per non impoverirla, ma se la rappresentazione dell'ultima generazione come cieca e ingenua è quanto mai esemplificativa, la messa in scena, in forma di commedia metropolitana, tradisce una povertà e un semplicismo che sembrano rivolti ad altro uditorio che quello autoctono....


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Per conquistare una corpulenta vedova Zhao, operaio in pensione, si fa credere proprietario di un fiorente albergo. La donna è piuttosto rapace ed esige la somma di 50mila yuan come regalo di nozze. Le cose si complicano con l'ingesso in scena di Wu Ying, la figlioccia diciottenne della signora che chiede a Zhao di assumere la ragazza, cieca, come massaggiatrice nel suo hotel...
Un film minimalista che conferma il talento di Zhang Yimou. Un'opera toccante, classica, di perfetta semplicità.

ZHANG YIMOU, impeto o compostezza?
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO gennaio-aprile 2003