Master & Commander - Sfida ai confini del mare
(Master and Commander: The Far Side of the World)
Peter Weir - USA 2003 - 2h 20'

miglior fotografia (RUSSEL BOYD)


sito ufficiale

La Repubblica (Roberto Nepoti)

      Capitano di Sua Maestà Britannica, Jack Aubrey è un predatore dei mari, abituato a trionfare sul nemico al punto da essersi conquistato la fiducia incondizionata della ciurma e il soprannome di "Jack il fortunato". Rischia però di trasformarsi in "Jack lo jellato" quando incontra la nave francese Acheron, una specie di vascello fantasma che sembra uscita dalle acque dell'omonimo fiume infernale. Malgrado la sua Surprise abbia subìto gravi danni, l'inglese la giura al potente nemico, dandogli una caccia spietata parecchie miglia dopo capo Horn. Senso del dovere o smania di vendetta? E' la domanda che si pone il medico di bordo Stephen Maturin, naturalista e pacifista nonché suo amico personale (e suo alter ego, opposto-complementare). Capitano coraggioso, Aubrey è un po' carente della nobiltà d'animo che dovrebbe contraddistinguere il grande condottiero, alla Nelson o alla Hornblower; ma sarà proprio una ferita subita dall'amico a far emergere il lato umano del prode marinaio. Se qualcuno immagina un film sul genere del recente La maledizione della prima luna ha preso la rotta sbagliata. Tratto dalla saga letteraria di Patrick O'Brian, Master & Commander segue la scia del grande romanzo di mare alla Melville, con risvolti psicologici che evocano certe pagine di Conrad (il che non gli impedisce di essere un film movimentato e pieno d'azione). Saldamente al timone, Peter Weir si prende il tempo necessario per una narrazione di largo respiro, che non ha nulla a che vedere con il videogame piratesco di cui sopra. Gli effetti speciali sono accurati, ma piuttosto "cancellati" che esibiti alla percezione dello spettatore; mentre il regista preferisce concentrarsi sul personaggio di Crowe e sul suo itinerario iniziatico, dove scontri e battaglie sono soprattutto le prove che questi deve affrontare per crescere di statura morale.

La Difesa del Popolo (Alberto Fassina)

      Almeno due motivi rendono Master & Commander: sfida ai confini del mare un grande film. Il primo è legato alla narrazione: efficace, possente, interpretata benissimo dal capitano Russell Crowe e dal suo amico, consigliere e medico di bordo Paul Bettany. Il secondo sta nella regia affidata all’australiano Peter Weir, un nome che sta dietro ad altri grandi successi. Film che, a una prima occhiata, sembrano totalmente diversi tra loro e da questa storia che vede Jack Aubrey, al comando della fregata inglese Surprise, dare la caccia alla nave corsara francese Acheron. Siamo nel 1805, Napoleone fa il tiranno e qualsiasi minaccia battente bandiera francese dev’essere eliminata, soprattutto se il pericolo naviga per gli oceani in cerca di bottini, territori, potere. Che cosa può aver spinto, ci si chiede, il regista a passare dalle alienazioni del grande fratello (The Truman Show), alle battaglie d’epoca in mezzo al mare? Il cinema di Weir in verità, con stili e caratteristiche sempre diverse, racconta ogni volta la stessa storia, ed è in questo ribadire i temi cari che sta la grandezza dell’autore. Weir racconta sempre un luogo ben definito: lo studio televisivo di Truman Show, il college de L’attimo fuggente, l’appartamento di Green Card, la roccia di Picnic ad anging Rock, la comunità amish di Witness. In questi luoghi circoscritti nello spazio si svolge sempre un conflitto con un potere: l’audience televisivo, i registri dell’istruzione, il potere della natura, le regole della religione.
Weir prende un uomo, in questo caso tocca a Russell Crowe, e lo mette in uno spazio, crea il conflitto e lo spettatore segue il suo sviluppo. Weir, australiano, è ormai un regista hollywoodiano, ma di quella Hollywood ancora capace di cre
are immagini e immaginazioni. È chiaro che l’incontro con la cultura americana è stato stimolo creativo per la sua arte. In ogni suo film c’è lo scontro tra culture diverse. In Master & Commander ritroviamo tutto ciò. Il conflitto è quello bellico, Inghilterra contro Francia, ma il film prende direzioni ancora diverse. Weir nella sua nave, stipata di 197 persone, ha a disposizione un micromondo. Ci sono le classi sociali: mozzi, marinai, soldati, guardiamarina, ufficiali, e ogni classe sociale ha le sue regole. I gradi minori credono nelle leggende, pensano che quello che stanno inseguendo sia una vascello fantasma, sono convinti che a bordo, tra di loro si nasconda un “Jona”, che ha offeso Dio e si porta dietro una maledizione. C’è il medico di bordo, razionale, scientifico, che crede ai libri, alla scienza, all’osservazione; ci sono i giovani ufficiali e i guardiamarina, poco più che bambini, scaraventati su questa nave per imparare il mestiere della navigazione e del comando, credono nella patria e nelle regole per difenderla. E poi c’è il capo, colui che detta le regole, quello che in Truman Show era il regista Christof, e nell’
Attimo fuggente era il professor Keeting, che di regole apparentemente non ne voleva sapere, ma che (in)volontariamente ne dettava altre. Ora c’è Jack Aubrey che sacrifica un uomo per non mettere in pericolo l’intera nave (e la sua caccia), che decide di non mollare l’inseguimento anche se la ciurma è sfinita, assetata, malata, che si trova solo nella sua cabina quando perde il sostegno dell’amico dottore. Tutto ciò è raccontato con grande mestiere.
Master & Commander inizia nel mare dove Truman Show finiva. Non è un caso che il protagonista di quest’ultimo show navigasse e rischiasse la vita nella tempesta, per trovarsi davanti a una porta, la porta del suo mondo. Truman è un attore, noi siamo spettatori. Gli attori per vivere devono entrare in un mondo finto, gli spettatori nella finzione del cinema trovano sospensione, piacere, fantasia. Master & Commander è un film che fa bene al cinema, perché coinvolge e, come nelle migliori storie, alla fine stravolge. Stravolge il finale con un colpo di scena, stravolge lo sguardo con le onde delle tempeste, e stravolge il pubblico, portandolo ai confini. Del mare? Del mondo? Della realtà? Del cinema?

La Stampa (Lietta Tornabuoni)

      Grande, grande. Master & Commander - Sfida ai confini del mare di Peter Weir, tratto dal romanzo di Patrick O'Brian pubblicato da Longanesi, non è soltanto un bellissimo film d'avventure di guerra e di mare: è pure etico e romantico, una lezione alla puerilità e alla cialtroneria della maggior parte del cinema corrente, una evocazione affascinante di valori desueti (coraggio, patriottismo, senso dell'onore e del dovere, bravura, disciplina, amicizia virile), un'esaltazione del gusto del comando e del piacere di obbedire a un capo ammirato, rispettato. «1805. Napoleone è padrone d'Europa. Soltanto gli inglesi gli tengono testa», è la premessa. Il vascello della Royal Navy «Surprise», al largo della costa settentrionale del Brasile, riceve l'ordine di intercettare e distruggere la «Acheron», una nave corsara francese autorizzata ad attaccare e saccheggiare ogni natante straniero che incontri sulla propria rotta. Il duello tra le due imbarcazioni sul mare, fatto di attese, inseguimenti, inganni, acceso da una grande battaglia navale all'inizio e da uno scontro con arrembaggio vittorioso alla fine, è condotto per gli inglesi dal bellicoso capitano Russell Crowe, gran marinaio, amico del medico di bordo Paul Bettany, mite, naturalista: insieme fanno musica, ragionano, discutono. Sono uomini diversi, diversamente coraggiosi: se l'uno conduce la guerra con ardire, fermezza e abilità, l'altro con perizia e senza timore sa svuotare col cucchiaino il sangue rappreso intorno a un cervello scoperchiato, sa estrarsi una pallottola dall'addome; se il capitano sostiene «gli uomini vanno governati», il medico obietta «detesto i tiranni». Durante il viaggio, c'è quanto non manca in ogni film di avventure marinaresche: morti, mutilati e feriti, la memoria degli eroi (in questo caso, l'ammiraglio Nelson), i ragazzini allievi ufficiali o mozzi sempre presenti sulle navi inglesi, discorsi sul nemico («l'odiato còrso»), frustate inflitte al marinaio irrispettoso, pericoli del mare in burrasca, luoghi incantati come le isole Galapagos, l'amputazione di braccia o gambe, il suicidio per acqua di chi non ce la fa, il linguaggio enigmatico («tenere pronti gli inneschi per ogni armo»). Son cose già viste molte volte. Mai realizzate così bene, con una maestria cinematografica degna del regista australiano sessantenne Peter Weir, con una rara accuratezza di ricostruzione storica. Il kolossal niente affatto pretenzioso né retorico, non vittimizza né esalta, non altera il coraggio in crudeltà né la paura in viltà. Guarda le battaglie per quello che sono: massacri.

Il Giornale Nuovo (Maurizio Cabona)

      «Questa nave non è un pezzo di Inghilterra: è l'Inghilterra». Così il solenne, ma a tratti magistrale, Master & Commander - Sfida ai confini del mare di Peter Weir accoglie l'intuizione di Carl Schmitt in Terra e mare (Adelphi). La Sfida ai confini del mare non è solo il titolo di un romanzo di Patrick O'Brian (1914-2000) e il sottotitolo del film che ne è tratto: è l'essenza della decisione dell'Inghilterra di prendere il mare, facendosi - da isola - nave, mentre gli altri Stati potenti sul mare avevano mantenuto sempre il vincolo con la terra. A dire la grandezza di quella scelta inglese è il film americano di un australiano interpretato da un neozelandese: è il club di Echelon che dall'intercettazione nel presente passa alla rappresentazione del passato. Perché il sottinteso politico sia più chiaro, Weir e John Collee - che firmano la sceneggiatura - alterano trama e tempi dei due dei tanti libri sul capitano Jack Aubry (Longanesi) scritti da O'Brian: rivale della Surprise nel film non è più una fregata americana nel 1812, ma una francese nel 1805. Si passa cioè dall'anno in cui gli inglesi presero e incendiarono Washington al 1805 della guerra inglese contro i francesi di Napoleone. Ogni riferimento ad attuali rivalità non è casuale. Weir conferma di eccellere in ogni genere, dal bellico (Gallipoli) al fantastico (Picnic a Hanging Rock, L'ultima onda, The Truman Show), dal drammatico (Un anno vissuto pericolosamente) alla commedia (L'attimo fuggente) e al giallo (Witness). Così, tornato dopo un quarto di secolo al film di guerra, ricostruisce una battaglia navale di due secoli fa come mai era stato fatto: anche la vita di bordo in Master & Commander è verosimile e affiora che fra il capitano (Russell Crowe) e il medico di bordo (Paul Bettany) c'è più che amicizia. Il brindisi iniziale è doppiato, in modo fuorviante, «alle mogli e alle amanti»; in versione originale c'è lovers, non necessariamente femminile. Né mancano nel film omaggi all'ammiraglio Nelson, che spirò in battaglia non fra le braccia di Lady Hamilton, ma di un amante (lover) senza apostrofo. Nel 2003 la Miramax ha proposto, prima di Master & Commander, gli ottimi Gangs of New York e The Quiet American. A chi associava Miramax a Il talento di Mr. Ripley e Chocolat pare un miracolo.