Un matrimonio all'inglese (Easy Virtue)
Stephan Elliott – Gran Bretagna 2008 - 1h 36'

  England, sweet England. Il verde dei suoi curatissimi prati, una magione che sembra uscita dalle fiabe, una famiglia di nobili attaccati al buon tempo antico. Un matrimonio all'inglese, di Stephan Elliott, è tutto questo, ma anche molto di più. Tratto da una pièce di Noel Coward, ambientato negli anni 20, il film gioca con il conflitto che, sempre più acido, si viene a creare tra la Lady che governa la casa e la nuova arrivata, la bella e pimpante americanina sposata, all'insaputa dei genitori, dal rampollo di famiglia. Qui tutto vorrebbe rimanere fermo, oltre Oceano le cose sono cambiate a ritmo di corsa (non a caso la nuora si diletta, oh scandalo!, di gare automobilistiche). E poi c'è il padre dello sposo, abulico e intristito dopo aver partecipato agli orrori della Grande guerra. Battute velenose, inframmezzate anche da buffe baruffe, ma con la situazione che precipita verso la resa dei conti.
Viva la campagna, ma forse la città è meglio; e viva il cinema made in England quando, fedele alle tradizioni di casa, cucina prodotti di estrema piacevolezza. Non frivoli, però: perché la morale c'è, eccome se c'è...

Luigi Paini - Il Sole-24 Ore

  È facile nonché gratificante per il critico raccomandare a tutti «Un matrimonio all'inglese» (Easy Virtue) diretto da Stephan Elliott sulla base della commedia di Noel Coward già trasposta al cinema (muto) dal giovane Hitchcock. Brillante scorcio d'inglesità anni Venti, sottoposto al vaglio delle battute e del ritmo perfetti (nonostante il doppiaggio sottragga per forza di cose un po' di glamour), il film contrappone la sportiva e sexy americana Larita al microcosmo aristocratico del fresco maritino John: tra equivoci e contrattempi esilaranti, l'iniziale disagio prima fomenta una sorta di guerra di nervi nella lussuosa ma indebitata magione di campagna e poi smonta l'intera impalcatura delle ipocrisie e dei tabù, delle repressioni sessuali e dei pregiudizi di classe connaturati alla società vittoriana ormai incalzata dall'età del jazz. Proprio l'irriverenza del commento musicale aggiunge un surplus di raffinatezza, intonato com'è al carattere del singolo episodio o addirittura della singola inquadratura; mentre il tema centrale dell'incontro/scontro tra vecchio e nuovo mondo trova nella figura del consorte segregato la chiave adatta per «aprire» a un'improcrastinabile modernità. Gli ottant'anni di vita del testo sono, insomma, scavalcati in scioltezza anche per merito di un cast in stato di grazia, tra cui spiccano la meravigliosa non-oca bionda Jessica Biel, il giovane & innocente Ben Barnes ex principe Caspian di Le cronache di Narnia, l'irresistibile Colin Firth reduce di guerra e Kristin Scott Thomas nel ruolo della suocera più ridicola e isterica della storia del cinema..

Valerio Caprara - Il Mattino

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2009