Un mese in campagna (A Month in the Country)
Pat O'Connor  - Gran Bretagna 1987 - 1h 36'

     Verde profumo di campagna irlandese in questo film sensibile e raffinato che ci porta in viaggio premio in un piccolo villaggio dello Yorkshire, negli anni '20. Usciti dai disastri fisici e psichici della guerra si incontrano da quelle parti Birkin, restauratore che ha l'incarico di riportare alla luce l'affresco della chiesetta, e Moon, cui spetta, da buon archeologo, il non facile incarico di riscoprire una antica tomba. Tra reduci di guerra e amanti del passato ci si intende, anche se le classi sociali sono diverse e i desideri sessuali non convergono del tutto: infatti mente il primo si infatua, con grande rispetto, della moglie del pastore del luogo, contrario al restauro, il secondo, accarezzando la sua vena omosessuale, si invaghisce di Birkin, abbandonato di fresco dalla moglie.
Non succede gran che, guardando dal di fuori: ma dentro gli animi palpitano, le stagioni si mettono in mostra, le antichita tornano alla luce, la gente del posto è cordiale, si può perfino far la predica in chiesa la domenica. E intanto Birkin si accorge che quello che viene alla luce sotto l'intonaco, una raffigurazione medioevale incompiuta dell'Apocalisse, con un uomo che sta precipitando sullo sfondo, è forse un capolavoro. E c'è anche qualcosa che lega l'affresco alla tomba ritrovata da Moon, cosicché entrambi hanno risolto il loro mistero e ne hanno anche iniziato, sottovoce, un altro. Poi Birkin tornerà dalla moglie, e Moon resterà più di un mese, in campagna, tra le sue tombe.
Pat O'Connor, che fa parte della gente di Dublino che fa il cinema, ed ha nel suo passato documentari, molto lavoro per la tv e due film, ha fatto le cose di coscienza in grande:
Un mese in campagna è un piccolo grande film sui naufragi e gli arcobaleni, interiori, sulla scoperta dell'amicizia, intriso di non casuali riferimenti alla vita e tempestato di paillettes di ricordi e di rimpianti. Giocando a mezze tinte sullo scarto tra la soprannaturalità dell'arte e l'inadeguatezza del quotidiano, ma anche scegliendo un particolare e sofferto momento di storia postbellica, il regista entra col film sotto pelle senza far manierismi, lavora di fino con la complicità della natura magnificamente fotografata da McMillan, sceglie di non far "scoppiare" la storia in "melò" e lascia che i sentimenti più profondi, come quello che lega i due uomini, parlino senza parole. Un racconto di campagna - scritto da Simon Gray con i tempi di una novella - che ha stupendi colori naturali e in cui recitano attori che rendono molto bene l'inesprimibile e vanno su e giù dall'immortale al mortale senza fatica: si chiamano Colin Firth,
film precedente in archivio Kenneth Branagh e Natascha Richardson, cui spetta il non semplice compito di chiudere questo strano triangolo tra l'Uomo, l'Arte e l'Amore.

Maurizio Porro - Il Corriere della Sera

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2007