Il miglio verde (The Green Mile)
Frank Darabont – USA 19993h 8’

da L'Unità (Michele Anselmi)

     Ci sono due modi per vedere Il miglio verde. Il primo è consideralo la solita "americanata", una storia di miracoli, magie e sedie elettriche che si svolge in un penitenziario della Louisiana durane gli anni Trenta; il secondo è invece lasciarsi andare alla narrazione fluente, per certi versi piuttosto classica, ma riscattata dallo struggente finale ambientato ai giorni d'oggi (tranquilli, non lo sveliamo) dove si precisa meglio lo sguardo di Stephen King, la sua riflessione tra l'amaro e il beffardo sul mistero di una morte continuamente rinviata. «Qualche volta, Dio mio, il miglio verde sembra così lungo», scandisce la voce del protagonista, e verrebbe quasi voglia di rivedere il torrenziale film (più di tre ore) alla luce di quella frase. Tratto dal romanzo di King pubblicato in sei puntate nel 1996, Il miglio verde porta la firma di Frank Darabont, che già aveva portato sullo schermo Le ali della libertà altra ballata carceraria tratta da un best-seller dello scrittore. Di nuovo è l'amicizia tra un bianco e un nero a ispessire la vicenda, anche se stavolta i due non stanno dalla stessa parte della barricata. Paul Edgecomb (Tom Hanks) è il responsabile del «braccio della morte»: caritatevole e giusto, si preoccupa di confortare i condannati alla sedia elettrica, in gergo The Old Sparky, la Vecchia Scintillante, alla quale si arriva percorrendo appunto «il miglio verde», un livido corridoio di quel colore. John Coffey (Michael Clarke Duncan), invece, è un gigantesco nero accusato di aver stuprato e ucciso, due bambine: ma capiamo subito che l'omone tutto cicatrici, parente stretto del celebre personaggio di Uomini e topi, non farebbe male a una mosca, essendo un candido dotato di poteri taumaturgici capaci di guarire le malattie più gravi e di ridare la vita. In un clima all'antica hollywoodiana, tra omaggi a Fred & Gingerquizn°38, brutalità carcerarie e divagazioni quasi comiche (quel topolino impertinente che porta un soffio di vitalità nelle celle), Il miglio verde racconta lo sbocciare dello strano rapporto tra guardia carceraria e detenuto morituro; e intanto, sotto sotto, passa un condivisibile messaggio contro la pena capitale e i suoi riti feroci, che Darabont restituisce con impressionante realismo nella seconda esecuzione, quando la sedia elettrica, va in tilt e brucia letteralmente il corpo del povero condannato cajun. Magari non è vero che nella prigione di Cold Mountain, giù nella Louisiana del 1935, le guardie carcerarie fossero così misericordiose, e certo l'apparato «miracolistico», tra lampadine che saltano e tossine malefiche aspirate e risputate, potrebbe a volte risultare un po' ridicolo. Eppure il film, prevedibile nella scansione ma non banale, risulta a suo modo emozionante, specie laddove la puntigliosa ricostruzione d'ambiente (sapevate che le esecuzioni avvenivano in una sorta di stamberga e che una spugna bagnata piazzata sotto la calotta rendeva più «rapida» la morte?) si sposa a una sottolineatura quasi mistica, in bilico tra fiaba e parabola. Tom Hanks, appesantito nel fisico, è toccante nel ruolo di questo funzionario della morte che dopo non riuscirà più uccidere nessuno: condannato a essere «infettato dalla vita», simile a un innocente/dolente Nosferatu della nostra contemporaneità...


6 titoli per 10 nomination

CinemaEstate - LOGGIA AMULEA - PD luglio-settembre 2000
CinemaEstate in
VILLA CONTARINI - Piazzola s.B. (PD) agosto 2000

[Don BOSCO - PD]