Un mostro dalle mille teste (Un monstruo de mil cabezas)
Rodrigo Plà - Messico
2015 - 1h 15’
versione originale sottotitolata

  Nato in Uruguay ma trasferitosi in Messico, Rodrigo Plá è sicuramente uno dei nomi da tener presente nella rinascita del cinema in America Latina. L’aveva dimostrato nel 2007 con il suo film d’esordio (La zona, premio opera prima a Venezia), lo conferma adesso con questo Un mostro dalle mille teste, che l’anno scorso era stato scelto sempre al Lido per inaugurare la sezione parallela Orizzonti e che i bravi distributori di Cineclub Internazionale fanno ora arrivare in Italia nella versione originale sottotitolata. Il che permetterà meglio di apprezzare la bella prova della protagonista Jana Raluy, una delle grandi interpreti del teatro messicano che fino ad ora aveva poco frequentato il cinema (di più la televisione, ma soprattutto serie che in Italia non sono ancora arrivate).
Nel film è Sonia Bonet, moglie di un malato di cancro che sembra dover lottare non solo contro la malattia ma anche una certa noncuranza dei medici. E proprio dopo un’ennesima crisi notturna, la moglie decide che è meglio parlare direttamente con il medico curante, il dottor Villalba (Hugo Albores). Ma la struttura mutualistica presso cui lavora, Alta Salud, sembra mettere continui ostacoli: prima un centralino piuttosto respingente, poi — presentatasi di persona — attese defatiganti e una segretaria il cui unico scopo sembra quello di impedire l’incontro col medico. Così, nonostante gli inviti alla calma del figlio Dario (Sebastián Aguirre) che la segue in queste peregrinazioni, Sonia decide di pedinare il dottore fino a casa sua: in fondo sembra che basti una rapida occhiata agli ultimi esami del malato perché si possa decidere una nuova cura capace di farlo soffrire meno. Ma quando gli arriva in casae lo blocca mentre lui vorrebbe andare a giocare a squash con i colleghi, Sonia deve estrarre la pistola che nascondeva nella borsa per farsi ascoltare. Oltre a scoprire che pur essendo il medico curante del marito, il dottor Villalba non può fare niente: l’autorizzazione per cambiare le cure deve essere firmata dal direttore generale Sandoval (Emilio Echevarría), uno delle persone che aspettano il medico in palestra per giocare.
Così, tra la paura di chi si vede un’arma puntata contro e lo stupore del figlio che non si capacita delle azioni della madre, il film prende quell’andamento, tra il dramma e la commedia involontaria, che diventa la cifra espressiva della messa in scena di Plá. Il regista -riprendendo una distanza dalle cose narrate che aveva già messo in pratica per
La zona - non vuole seguire la strada tradizionale che funzionerebbe in un film hollywoodiano, dove il piccolo Davide subisce i soprusi dei Golia della medicina alla ricerca di una strada (spesso legale) per far valere le proprie ragioni. Naturalmente c’è anche questa lettura: la si capisce da certi discorsi tra Sonia e Sandoval, quando lui sembra aver accettato - sempre sotto la minaccia della pistola - di collaborare rivelandole una serie di regole «segrete» tutte favorevoli alla logica imprenditoriale della società mutualistica. Ma il film non cavalca queste «rivelazioni», piuttosto sembra inseguire la voglia di sorprendere lo spettatore, a volte con un sorriso (l’irruzione di Sonia nel club di squash tra chi si fa la doccia nudo), a volte con un colpo di scena (la reazione di David quando vede la madre minacciata), a volte sottolineando l’ingenuità della donna che non ha assolutamente immaginato in che ginepraio si stia cacciando.
E che il regista non voglia nemmeno giocare troppo con le aspettative dello spettatore — come andrà a finire questa inaspettata odissea? — lo si intuisce da una serie di voci fuori campo che ogni tanto fanno capire come tutto si sia concluso con un processo, di cui sentiamo alcune delle domande e delle risposte dei testimoni. Ma anche qui, ancora, senza offrire alcuna soluzione definitiva. Anzi, l’ultima inquadratura, con l’ingresso della corte in aula ripresa da quattro punti differenti (telecamere di sicurezza? Film nel film per svelare i diversi punti di vista?) si ferma proprio sul più bello, come se il regista volesse ribadire che il «giudizio» finale spetta a ognuno degli spettatori e che il compito del cinema è caso mai quello di offrire gli elementi che possono servire a ognuno per costruire il proprio giudizio.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della sera

  Un uomo cade del letto in piena notte a causa dell’improvviso peggioramento del suo tumore. Esiste il medicinale per trattarlo ma occorre l’autorizzazione dell’assicurazione sanitaria per poterlo ottenere. Dopo lunga ed inutile attesa la mogli e il figlio seguono fino a casa il medico che dovrebbe autorizzare il trattamento ma costui si rifiuta di firmare i moduli necessari. La donna esasperata estrae dalla borsa una pistola e, minacciando il medico e sua moglie, riesce a sapere dove rintracciare i dirigenti dell’istituto assicurativo e a raggiungerli. Dopo il successo di La zona Rodrigo Plà affronta un tema che purtroppo non è specifico solo della sua nazione (il Messico) ma è diffuso in numerosi Paesi. Si tratta dell’assicurazione sanitaria, una modalità di assistenza con la quale si monetizza la salute e perfino la sopravvivenza di un essere umano. Nei confinanti Stati Uniti si verificano casi in cui l’ente assicurativo in forma scritta nega le cure necessarie, in quanto non previste nella polizza stipulata dal paziente, ma si dichiara pronto a pagare per il suicidio assistito. Sono scandali che dovrebbero gridare vendetta che si sono invece trasformati in pratica quotidiana. Plà decide di adottare la cifra stilistica del thriller al cui centro sta una donna che ama profondamente il marito e che è progressivamente sempre più esasperata dall’assoluta indifferenza di un sistema che è mostruoso quanto il male che ha attaccato il consorte. Si potrebbe scomodare Kafka per descrivere le sensazioni che la protagonista prova dinanzi ai suoi interlocutori. Di fatto però la situazione si presenta come ben nota a molteplici latitudini e anche per situazioni diverse da quella narrata tanto da poter stupire anche l’autore ceco se oggi fosse ancora in vita. Perché ciò contro cui ci si scontra è la negazione di responsabilità che si copre dietro ‘regole’ che sembrano scolpite nella pietra e che invece di pietra hanno solo il cuore di chi le ha pensate e ne pretende l’applicazione. Plà dimostra di avere le qualità necessarie per trasformare la denuncia in cinema.

Giancarlo Zappoli - mymovies.it

promo

Nel disperato tentativo di salvare la vita a suo marito, per riuscire ad ottenere per lui le cure mediche di cui ha bisogno, Sonia intraprende una lotta contro la sua compagnia di assicurazione, corrotta e negligente, e contro i rappresentanti complici - spingendo, così, se stessa e suo figlio all'interno di una vertiginosa spirale di violenza: eroi negativi di una paradossale vicenda di cronaca nera, che si colora di tragedia. Il regista de La zona si conferma autore di grande talento, grazie a un film asciutto che mette in scena una sorta di parabola sociale, con l'obiettivo di denunciare aspramente l'inefficienza, la burocrazia e la corruzione di una società che guarda solo al profitto.

film successivo presente sul sito

LUX - novembre 2016

film successivo presente sul sito