Oh Boy - Un caffè a Berlino
Jan Ole Gerster - Germania 2012 - 1h 28'
opera prima


   Bianco e nero, commento jazz, echi nouvelle vague, una traccia che evoca C'era una volta un merlo canterino di Iosseliani, con la Berlino di oggi al posto della Georgia anni 70... Sarebbe facile inserire questo debutto di un giovane tedesco nell'affollata casella dei film 'sotto influenza'. Invece Oh Boy ha stile, personalità, un tono tutto suo. Né ragazzo né adulto, Niko vaga 24 ore per la città indeciso a tutto, e intanto incrocia tipi strambi, ex-compagne di scuola, coreografi irascibili, set di film sul nazismo, un padre che gioca a golf e se ne infischia di lui... Ognuno di loro rappresenta ciò che non vuol diventare. Altro per ora Niko non sa. Ma ce n'è abbastanza per allestire una tutt'altro che futile tragicommedia dell'immaturità. E ricordarci che il cinema tedesco oggi abbonda di nuovi talenti. Anche se in Italia ne arrivano pochini.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero 

    Ventiquattro ore nella vita di Niko Fischer. Un anti-eroe a Berlino, con un oggetto di valore minimal, quotidiano, perfino ridicolo nel mirino: una tazza di caffè. Pare poco, lo è, ma sorbirla non è un gioco da ragazzi. (...) tra echi di Nouvelle Vague, musica jazz e sfottò sulla scena teatrale underground, il regista, esordiente, è Jan Ole Gerster, che con questo Oh Boy ha messo in bacheca ben 6 German Academy Awards. Gridare al miracolo sarebbe eccessivo, del resto, la cifra stilistica e poetica del film per prima lo rifiuterebbe: siamo di fronte a un'opera prima senza eccessive ambizioni, ma insieme con la capacità di dirsi senza fronzoli e darsi al pubblico sinceramente. C'è un correlato, viceversa, a suggerire il miracolo a Berlino: chi lo fa in Italia un Oh Boy? Domanda retorica, meglio, affondata dalla retorica stessa di chi approdando sul grande schermo si sente già Autore, chi, viceversa, tira indietro la camera per non 'bruciarsi' e chi, ancora, si omogenea senza drammi al gusto dominante: insomma, la prima volta da noi paga più di un peccato. E Oh Boy ci aiuta a capire perché: senza il nostrano pauperismo delle intenzioni né il massimalismo degli esiti, fa il suo, e dice molto dell'identità dei giovani oggi, ma evitando di calcare la macchina da presa sull'induzione. Jan Ole Gerster fruga nella propria biografia e tallona con Niko l'indecisione, l'astenia e l'ignavia dei 20-30enni e più di Berlino e altre città, non solo europee: si va in giro, ma a muovere le gambe di Niko e i suoi fratelli è solo la voglia di un caffettino, come se una camera caffè dovesse inquadrare la generazione X (o la lettera che preferite). Il miracolo, se ne vogliamo trovare uno, è l'equilibrio, la naturalezza, il furto al quotidiano di una vita da riconsegnare all'arte: Oh Boy è un ready-made, ti fa vedere quel che hai sotto gli occhi sotto una nuove luce, una nuova aura, un inedito status. Ed ecco Niko, un corso di laurea in legge lasciato a metà, e mille altre magagne affidate all'inerzia: si sveglia con la ragazza, ma è l'ultima volta; il padre abbiente lo accoglie sul campo da golf, sgama l'abbandono dell'università e chiude il rubinetto. Drammi ma vergati con ironia, nonsense e punteggiature argute su usi e consumi del vivere contemporaneo: si ride, anzi, sorride non di lui, ma con lui. (...) Niko è un perfetto Tom Schilling, anima, corpo e under statement al servizio di un one man show senza clamori né riflettori. Un ragazzo, come tanti altri, un film, come pochi altri. 'Oh Boy'...

Federico Pontiggia - il Fatto Quotidiano 



promo

Gli stati d'animo e le riflessioni del ventenne Niko Fischer, a spasso per le strade di una animatissima e frenetica Berlino, combattuto tra l'aspirazione a partecipare alla vita e la difficoltà di trovare il proprio posto nella società. Niko ha da poco abbandonato l'università ed è obbligato a confrontarsi, durante la sua lunga giornata berlinese, con le conseguenze della sua inerzia: la sua ragazza lo ha lasciato, suo padre ha deciso di tagliargli i fondi e uno psicologo gli sospende la patente a causa di una denuncia per guida in stato di ebbrezza... Debutto affascinante, in bianco e nero, ma con i "colori" della Nouvelle Vague: il destino di un ragazzo che forse voleva solo una tazza di caffè. Niko è un antieroe che se ne va a zonzo senza meta e, come e più dei personaggi dei primi film di Truffaut o di Godard, è l'emblema di una generazione totalmente alla deriva e che pare condannata al nichilismo. Oh Boy ha stile, personalità, un tono tutto suo!