Il piccolo Nicolas e i suoi genitori (Le petit Nicolas)
Laurent Tirard - Francia 2009 - 1h 31'

   Adattamento per lo schermo di una serie di libri di Goscinny (l'autore delle storie di Asterix), illustrati da Sempé e assai popolari in Francia. Il gusto è dichiaratamente anacronistico: la scena, una Parigi da cartolina tinta a colori anni '50 su cui spira un venticello di nostalgia. Nicolas è un bambino ragionevolmente contento in famiglia e con gli amici, dotato di un'attiva immaginazione, che da un giorno all'altro si ritrova nelle ambasce: crede di capire che sua madre aspetti un fratellino o una sorellina e immagina che i suoi lo abbandoneranno nel bosco come Pollicino. Semplici situazioni, osservate dal punto di vista infantile, danno luogo a gag spesso piacevoli. Tirard indulge al gusto cinefilo: il suo film evoca Il favoloso mondo di Amélie, ma un po' anche il grande Jacques Tati.

Roberto Nepoti - La Repubblica

   Questa semplice commedia per bambini di ogni età è diventata campione di incassi in Francia e tiene magistralmente desta l'attenzione del pubblico anche se è priva di effetti speciali, «se non quelli naif che potrebbe immaginare un bambino», come dice il regista. Il trucco è quello di raccontare l'infanzia come la vivono e la vedono (non come la ricordano da grandi, anche se l'effetto nostalgia per gli spettatori over-8 è garantito) i più piccoli, zeppa di atti di eclatante eroismo, paure ancestrali e gioie incomparabili. La linearità di racconto ricorda quella delle Piccole canaglie, anche perché protagonista è un gruppetto di bambini intenti a combinarne una più del diavolo: marachelle inoffensive, non certo stupri di gruppo e atti di bullismo vandalico di gravità penale, poiché la storia è ambientata in un non-tempo a metà fra gli anni '50, epoca in cui è stata pubblicata la striscia scritta da René Goscinny (quello di Asterix) e illustrata da Jean-Jacques Sempé su cui è basato il film, e gli anni '30 (quelli dell'infanzia dei due autori). Il divertimento è assicurato, la grazia e la piacevolezza estetica della confezione sono un regalo per tutti.

Paola Casella - Europa

   Nel trailer francese del Piccolo Nicolas, gli attori adulti del film sgambettavano a turno in maglietta rossa, calzoncini e parrucca squittendo in falsetto «Le petit Nicolas c'est moi!», Il piccolo Nicolas sono io! Una strategia paradossale per giocare sulla clamorosa popolarità in patria del personaggio creato da Sempé e Goscinny negli anni 50, un bimbetto immerso in una Francia irrealistica e apertamente idealizzata «che non esisteva già all'epoca della sua creazione», come ricorda il regista Laurent Tirard.
Ma quegli adulti saltellanti e scherzosamente osceni sono anche una spia del sottotesto burlesco (e meno innocente di quanto sembri) di questa grande produzione tirata a lucido. Che sulle prime diverte, senza dubbio, ma qua e là gira un po' in tondo e mette vagamente a disagio. Non solo perché alcuni episodi sono più riusciti degli altri (chi vuole può godersi gli originali nel volumone pubblicato da Donzelli, illustrato dalla matita impagabile di Sempé), ma perché allontanandosi dai loro modelli, resi già allora in chiave di fiaba senza tempo (in fondo Goscinny negli anni 50 reinventava l'infanzia anteguerra anni 30), diventa difficile stare al gioco e credere fino in fondo a questi marmocchi in cravatta e calzoni corti lontani anni luce dai bambini precocemente informati(zzati) e responsabili(zzati) dei nostri giorni.
O meglio: è possibile crederci, ma solo arrendendosi al gusto sempre un po' appiccicoso della nostalgia. Anche se Tirard, sia detto a suo onore, evita con cura il sentimentalismo inseguendo un'innocenza perduta e un po' mitica che si affaccia già nei nomi dei piccoli protagonisti, l'ingordo Alceste, il somaro Clotaire, il pestifero Rufus, il manesco Eudes, il secchione Agnan, il ricchissimo Geoffroy. Nomi da re di Francia, o da chanson de geste , che esaltano le componenti di un'infanzia fatta ancora di tre sole dimensioni: la Scuola, la Famiglia, la Strada.
È in questi e solo in questi tre microcosmi, ancora perfettamente materiali ma impregnati di assoluto, che il piccolo Nicolas vive le sue avventure quotidiane fra maestre dal cuore d'oro, ministri in visita, supplenti che non capiscono un'acca, genitori che invitano a cena il capo di papà e signora, infilando gaffes a catena. Mentre basta vedere la mamma stranamente tenera col papà perché Nicolas sia colto da atroci sospetti: sto per avere un fratellino? Sono stufi di me, mi abbandoneranno nel bosco?
Di qui lo spazio dedicato anche ai genitori, alle loro umanissime mancanze, ai loro sogni altrettanto infantili. Anche se a giudicare dalla voluttà sado-maso con cui quella fioraia così sexy cade travolta da una montagna di cactus, o dai giochi di potere cui è sottoposto il piccolo Nicolas dalla figlia del capo, forse lo sguardo del film non è così innocente.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

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Adattamento per lo schermo di una serie di libri di Goscinny (l'autore delle storie di Asterix), illustrati da Sempé e assai popolari in Francia, ecco la storia di Nicolas, bambino dotato di un'attiva immaginazione, che da un giorno all' altro si ritrova nelle ambasce: crede di capire che sua madre aspetti un fratellino o una sorellina e immagina che i suoi lo abbandoneranno nel bosco come Pollicino. Semplici situazioni, osservate dal punto di vista infantile, danno luogo a gag spesso piacevoli. Il gusto è dichiaratamente anacronistico: la scena, una Parigi da cartolina tinta a colori anni ' 50 su cui spira un venticello di nostalgia. Il divertimento è assicurato, la grazia e la piacevolezza estetica della confezione sono un regalo per tutti.

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