Pitch Black |
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
Dopo
tanti anni di fantascienza a costi galattici, levigata e piena di star, ecco
finalmente (a volte ritornano) un vitaminico film di serie B, rabbioso come
certe strisce a fumetti, perfino politicamente scorretto. Che, in poche settimane,
ha conquistato il pubblico americano e si è già guadagnato un seguito (meglio:
un «prequel»). Irreparabilmente danneggiato da una pioggia di micro meteoriti,
un vascello spaziale deve posarsi su un pianeta misterioso. Dei quaranta passeggeri
originari non resta che un pugno di sopravvissuti, tra cui la pilota (Radha
Mitchell), un cacciatore di taglie (Cole Hauser) e il criminale Riddick (Vin
Diesel), montagna di muscoli agile e pericolosa come un predatore. Mentre i
superstiti cominciano a sparire misteriosamente, si viene a sapere che i tre
soli da cui il pianeta è illuminato stanno per allinearsi in un’eclisse decennale.
Il che, tra le altre conseguenze, ne avrà una particolarmente inquietante. Libererà
una quantità industriale di mostri sanguinari, allergici alla luce ma decisi
a rifarsi dei pasti saltati. Soltanto un membro del gruppo, a causa di un’operazione,
è in grado di vedere al buio: precisamente quello al quale ciascuno è meno disposto
a dare fiducia. Dopo la serie Alien,
i connubi tra la fantascienza e l’horror hanno quasi sempre generato mostriciattoli
cinematografici. Al contrario Pitch Black
di David Twohy (anche sceneggiatore) è un film d’azione brutale
e senza concessioni che rovescia le convenzioni, spiazza le attese dello spettatore
più smaliziato, mette in scena un gruppo di personaggi dalle reazioni non sempre
prevedibili (Riddick, in particolare, un kamikaze psicopatico più umano delle
apparenze). Twohy non dà solo un bel ritmo al film; gli regala anche ottime
qualità visive: incluso l’utilizzo di un colore desaturato che rende le immagini
particolarmente suggestive.