Post mortem
Pablo Larraìn - Cile/Messico/Germania 2010 - 1h 38'

Venezia 67 - concorso

    In modo meno ambiguo e più esplicito rispetto al suo film precedente Tony Manero, Pablo Larraìnfilm successivo in archivio in Post mortem, torna a raccontare la tragedia del popolo cileno nel periodo del colpo di stato di Pinochet, attraverso la storia emblematica di un uomo qualunque, regalandoci un film di grande impatto visivo, coinvolgente nonostante l’apparente freddezza, perfetto nell’architettura narrativa.
La morte qui è presente fin dal titolo e riempie figurativamente e metaforicamente lo schermo in quasi tutte le inquadrature, accompagnando come un’ombra il protagonista, che ha il volto inespressivo di Alfredo Castro, che in questo caso la morte non la dà, come in
Tony Manero, ma si limita a registrarla, essendo impiegato come dattilografo all’obitorio, con il compito di trascrivere i referti delle autopsie.
Ed è proprio sul cadavere di una donna sul lettino dell’obitorio che si apre il film: il medico detta il referto “…morta per denutrizione e disidratazione” e Mario Corneo (Alfredo Castro), senza lasciar apparire alcuna reazione, prende appunti.
Un incipit che contiene già tutte le coordinate e le chiavi di lettura del film, che, dopo questa sequenza anticipatrice, si sviluppa a ritroso raccontando la storia dell’amore di Mario per una ballerina di cabaret, Nancy, che è appena stata licenziata.
Con uno stile implacabilmente controllato, fatto di un uso minimale dei movimenti di macchina, che sembrano limitarsi a registrare gli avvenimenti seguendo un percorso perfettamente e piattamente orizzontale, anche nel descrivere situazioni altamente drammatiche, Larraìn ottiene un effetto di agghiacciante fissità, tanto estetica quanto etica.
Per raccontare un periodo storico che lui non ha vissuto, essendo nato nel 1976, ma che, a suo dire, incombe come un fantasma sui giovani della sua generazione, Larraìn è andato a cercare degli spunti, per entrambi i film, nelle pieghe delle pagine di cronaca dei giornali: una fotografia per
Tony Manero, un articoletto su un uomo che aveva assistito all’autopsia del corpo di Allende durante il colpo di stato del 1973 per
Post Mortem.
È infatti quando il corpo di Allende, con il cranio scoperchiato e il volto maciullato dalle percosse viene portato all’obitorio per l’autopsia, che la Storia si sovrappone in modo traumatico al privato; non a caso è proprio nella sequenza immediatamente precedente a questa, quando viene informato di fare parte dell’esercito del Cile, che l’espressione di Mario subisce un cambiamento, rivelando una partecipazione emotiva rispetto ad avvenimenti che fino ad allora sembravano lasciarlo indifferente.

I due protagonisti sono due perdenti, l’uno, Mario, intrappolato in una squallida routine, che lo fa convivere quotidianamente con la morte, con i corpi morti che immediatamente dopo il colpo di stato diventano mucchi di cadaveri, che lui è costretto a trascinare su un carretto nei corridoi dell’obitorio e nel contempo è ossessionato dal desiderio fisico per il corpo di una ballerina sua dirimpettaia; l’altra, Nancy, nonostante sia figlia di un dirigente comunista, è tutta concentrata sulla propria bellezza fisica che sta sfiorendo e sul fallimento dei suoi sogni di successo.
Due piccoli individui che percorrono le loro strade, cercando di realizzare i propri desideri, passando indifferenti e inosservati tra le pieghe della storia (vedasi la sequenza in cui in macchina cercano di passare attraverso il corteo di manifestanti), fino a che questa irrompe violentemente nelle loro vite, dando loro una piega inaspettata.
“La storia d’amore di Mario per Nancy, la storia di Nancy e Mario – dichiara Alfredo Castro – è la storia di un momento storico di questo paese, un tentativo, un’invenzione di rivoluzione, un’utopia d’amore, che altri hanno deciso di far diventare una tragedia.”
Nel mostrarci il progressivo precipitare verso l’abisso del rapporto tra Mario e Nancy, Larraìn crea una sovrimpressione tra Storia e orrore privato, congelando in un agghiacciante, inesorabilmente lungo piano sequenza finale la sepoltura dell’oggetto del desiderio, la trasformazione di un desiderio di amore in un desiderio di morte e di cancellazione del corpo stesso.

Cristina Menegolli - MCmagazine 29 - ottobre 2010

promo

Mario, cinquantacinque anni, lavora in un obitorio battendo a macchina i referti delle autopsie. Nel 1973, nel pieno del golpe cileno, fantastica sulla sua vicina Nancy, ballerina di cabaret, che scompare misteriosamente. L’esercito sequestra l’obitorio e i cadaveri si accumulano, ma Mario, mentre prova a concentrarsi sul suo lavoro, non riesce a distogliere la mente da Nancy...
Mario e Nancy sono due perdenti che vorrebbero passare indifferenti e inosservati tra le pieghe della storia. Il film si insinua in quella condizione umana lentamente, pedinando la loro crescita emotiva mentre tutto intorno il dramma fatalmente accade. Attraverso il progressivo precipitare verso l’abisso del loro rapporto Larraìn crea una sovrimpressione tra Storia e orrore privato, congelando in un agghiacciante, inesorabilmente finale la "sepoltura" della loro speranza d'amore.


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