Questione di cuore
Francesca Archibugi – Italia 2008 - 1h 44'

  Un film molto italiano Questione di cuore; ma per classificarlo, la più efficace sembra l'espressione inglese comedy-drama: quel tipo di storia dove commedia e dramma si fiancheggiano di continuo, gestendo alternativamente le emozioni dello spettatore. Drammatico l'incipit: in montaggio parallelo, i due protagonisti finiscono al pronto soccorso per attacco cardiaco. Angelo sembra l'erede dei semplici "poveri ma belli" della nostra commedia nazionale; anche se, col suo lavoro di carrozziere, provvede bene a una famiglia già numerosa: moglie incinta, Rossana, una figlia adolescente, un ragazzino. Quanto ad Alberto, pare il suo opposto speculare:è colto e sarcastico, dissipatore, instabile negli umori come nei sentimenti. L'incontro, in sala rianimazione, genera una strana-coppia. Accomunati dalla malattia, i due diventano grandi amici: come se ciascuno fosse l'unico capace di capire stato d'animo, fragilità e speranze dell'altro. Il sodalizio cambia soprattutto la vita Alberto, che va ad abitare con Angelo e i suoi; finché l'aggravarsi delle condizioni del secondo non innesca un processo di cui sarebbe peccato dire di più. Storia (tratta dal romanzo semi-autobiografico di Umberto Contarello) di un grande gesto d'amore, il film è - si diceva - anche una commedia, spesso divertente ma senza rinunciare a motivare l'evoluzione psicologica dei caratteri. Angelo e Alberto subiscono una regressione: già l'amicizia (come l'amore) è regressiva; loro però, dopo la paura, recuperano l'ingenuità un po'cialtrona e disarmata degli adolescenti. Benché sembri un film declinato al maschile, film precedente in archivio Francesca Archibugi rivolta delicatamente le carte mettendo al centro di tutto una donna, Rossana, intorno alla quale ruotano gli avvenimenti. L'andamento del racconto è verosimile, senza forzature, con particolari accurati, simboli discreti (la Rolls bianca e la 500 nera), acute notazioni d'ambiente (il Pigneto, dov'è la casa di Angelo). Unica nota stonata, forse, la visita ad Alberto, degente in ospedale, dei vip del nostro cinema; con Carlo Verdone che si fa il verso, simpaticamente fuori luogo. Ma, se lo sono, si tratta di peccati veniali. Il cast principale, quello funziona molto bene; e Albanese, in un "carattere" insolito per il nostro cinema, è davvero eccellente.

Roberto Nepoti - La Repubblica

  Film Una bellissima storia di amicizia maschile e bravissimi attori stanno al centro di Questione di cuore, diretto da Francesca Archibugi, tratto dal romanzo di Umberto Contarello (Feltrinelli). Due uomini giovani si conoscono per caso nel reparto rianimazione dell'ospedale romano in cui sono tutti e due ricoverati per aver subìto un infarto. Non si somigliano, hanno nulla in comune. Kim Rossi Stuart è uno degli infiniti italiani senza più identità sociale: ex sottoproletario, ex carrozziere di ex borgata divenuto piccolo imprenditore d'un quartiere alla moda. Quel che non ha perduto è l'identità umana: un uomo bello, calmo, innamorato della moglie, buon padre di due figli, generoso, scherzoso. L'altro, Antonio Albanese, è uno sceneggiatore solitario, temperamentale, rumoroso, freddo sentimentalmente. Diventano amici senza ragione, al modo degli adolescenti: complicità, risate, divertimento, confidenza.
Dimessi dall'ospedale, hanno convalescenze opposte: Albanese, di nuovo solido e resistente, ha recuperato quasi completamente la forza del cuore; Kim Rossi Stuart ha recuperato quasi nulla, poco a poco si fa sempre più fragile, grigio in faccia e sfinito, muore ogni giorno un poco. Questo gli suggerisce un progetto che coinvolge l'amico, nel futuro in cui lui non ci sarà più. La bravura degli attori, specialmente di Kim Rossi Stuart, è grande; la drammaticità della vicenda pure, e anche la presenza di Micaela Ramazzotti nella parte della moglie di Kim è essenziale per espressività e femminilità profonde. La finezza dell'attrice nel vedere spegnersi il marito e fingere di nulla è simile alla eloquenza di Rossi Stuart con le sue gambe deboli, il colorito terreo, i piccoli gesti affaticati, i sorrisi forzati della paura. Albanese, bravissimo sempre, sembra una molla caricata di vitalità: chiede e chiede al nuovo amico divenuto ormai indispensabile, vuole lavorare con lui e sperimentare i vantaggi della fatica fisica, si mescola alla famiglia di lui, pare un cinghiale che frughi alla ricerca di nutrimento.
Bisogna essere davvero bravi per ottenere qualcosa di simile, e lo è Francesca Archibugi, da sempre architetto dei sentimenti, investigatrice delicata e forte del cuore della gente, eccellente direttrice d'attori e analista d'Italia.

Lietta Tornabuoni - La Stampa

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