Reality
Matteo Garrone
- Italia 2012 - 1h 55'

Gran Premio della Giuria

 Mutamento di rotta e registro per Matteo Garrone dopo Gomorra. Ma resta intatta in Reality un'incoercibile attrazione - che è una sua chiave di lettura e visione del mondo che lo circonda - per i Mostri del suo tempo. Lì la criminalità organizzata e l'influenza corruttrice sull'ambiente, qui la meno cruenta ma non meno pervasiva capacità di penetrazione e trasformazione operata dai modelli di intrattenimento e dunque di comportamento di massa. (...) L'escalation assume, nella percezione sua e nello stile del racconto, tonalità irreali. E sul finale forse liberatorio (nel senso del definitivo smarrimento di sé del personaggio?) lo sguardo è fellinianamente non giudicante.

Paolo D'Agostini - La Repubblica

 Il genocidio di un popolo e di una cultura, di cui parlava Pasolini si è ormai compiuto e Garrone ce lo racconta con un film intenso e dolente, apparentemente lontano dallo sguardo cronachistico e 'neorealista' di Gomorra ma in realtà speculare e altrettanto 'politico'. Reality, presentato in concorso a Cannes, non racconta soltanto l'involuzione paranoica di un pescivendolo convinto che qualcuno lo spii nascostamente, ma soprattutto ci illustra il vuoto di valori e di senso della realtà di un popolo intero, quello che ha barattato la sua cultura e la sua morale per molto meno di un piatto di lenticchie, per un'identità inconsistente e volatile, che promette successo e ricchezza e invece offre stanche maschere da marionetta. (...) Questa parabola autodistruttiva, Garrone la racconta all'inizio con i toni della commedia farsesca, a volte venata di una favolistica surrealtà (...), a volte di una più concreta e intrigante meridionalità (...) e servita da un cast straordinario, a cominciare dal protagonista Aniello Arena (carcerato a Volterra) per proseguire con molti volti presi dalle compagnie dialettali campane. Arrivando a un certo momento a liberarsi da ogni costrizione narrativa (e cinefila: il ricordo di Bellissima è struggente nella sua inattualità) per preoccuparsi solo di pedinare lo smascheramento di un uomo - e di una nazione - che non sa più distinguere i reality dalla realtà. Senza cinismo, senza disprezzo ma con una coscienza del vuoto morale e culturale italiano degna di un grande antropologo.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera

 Ci sono momenti di puro genio in Reality di Matteo Garrone. Quando riesce a far scintille mettendo insieme il Grande Fratello (inteso come programma Endemol), con il Grande Fratello di George Orwell (quello che in 1984 ti spiava contro la tua volontà). (...) Pensate a quanti manoscritti poetici ricevono le case editrici, inviati da gente che non ha mai letto una poesia altrui. Davvero siete convinti che la vanità e la voglia di comparire siano diverse nel caso del Premio Strega e del Grande Fratello? A noi, guardando dal di fuori, non sembra. A differenza di Gomorra, che era moderno e girato all'americana, Reality rende omaggio al cinema italiano. Non solo Bellissima, anche molto Federico Fellini: sequenze dall'alto, sequenze a Cinecittà, grassone con improbabili abiti da matrimonio arricchiti di lustrini (altro piano sequenza, quando vecchie e giovani si spogliano). (...) Eppure il regista non riesce a non guardare con una punta di moralismo i divertimenti dei poveri. Perfino i camorristi erano visti con occhio più benevolo dei teledipendenti. Intendiamoci. Matteo Garrone (con Paolo Sorrentino) è sempre posizionato molte spanne sopra gli altri registi italiani. Sa raccontare per immagini, sa come si compongono le scene, sa come si scrivono i dialoghi - il dialetto è un grande aiuto - sa come si scelgono e si dirigono gli attori. Presi dove capita. (...) Spiace doppiamente, quindi, che il suo film non abbia un finale: ci eravamo appassionati alla famigliona, perché il resto del lavoro tocca allo spettatore?

Mariarosa Mancuso - Il Foglio

  II primo di tutti i reality? La famiglia. Luciano (il detenuto-attore Aniello Arena, strepitoso), pescivendolo e piccolo truffatore napoletano, sogna il reality con la maiuscola, il Grande Fratello, ma già lo vive a casa sua. Grand Prix a Cannes, Reality inquadra l'odissea di Luciano, che nell'attesa ossessiva di entrare nella Casa esce fuori di testa. Con stile umanista, denuncia in fuoricampo e metronomo tra miseria (sociale) e nobiltà (televisiva), Garrone mostra come il reality sia oggi modus vivendi, format esistenziale: non è più la società dello spettacolo di Debord, ma lo spettacolo della società. Reality o realtà? Da vedere.

Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano

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Il napoletano Luciano, trentenne sposato e con due figli, gestisce una pescheria insieme ad un cugino e per arrotondare mette in atto piccole truffe insieme alla moglie Maria. Luciano, però, ha un sogno: partecipare a un celebre reality show. Il suo desiderio si trasformerà ben presto in una vera e propria ossessione che gli farà credere di vivere una realtà distorta, mettendo in serio pericolo gli equilibri familiari e la sua stessa esistenza. Riuscirà a evadere da questa realtà contraffatta e tornare alla normalità? Una parabola autodistruttiva che Garrone racconta con i toni della commedia farsesca, a volte venata di una favolistica surrealtà, a volte di una più concreta e intrigante meridionalità. Senza cinismo, senza disprezzo ma con una coscienza del vuoto morale e culturale italiano che affligge l’Italia. Non è più la "società dello spettacolo”, ma lo spettacolo della società. Reality o realtà?

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