La religiosa (La religieuse)
Guillaume Nicloux - Francia/Germania/Belgio 2013 - 1h 54'

   Francia. Attorno al 1768. La giovane Suzanne viene inviata in convento dai genitori contro la propria volontà. Cerca di resistere ma scopre di essere figlia illegittima e di dover scontare la colpa materna. Trova inizialmente una Madre Superiora anziana e comprensiva ma quando costei muore chi la sostituisce la sottopone a una serie di angherie difficilmente sopportabili.
Forse non tutti sanno che Denis Diderot, che scrisse il romanzo a cui il film si ispira, aveva un fratello sacerdote, una sorella morta in convento e che egli stesso aveva avuto la tonsura a 13 anni a cui era seguita, più in là negli anni, una reclusione in un convento con relativa fuga. Aveva quindi più di un motivo per scrivere un romanzo di denuncia nei confronti della costrizione a una vita religiosa non voluta. Guillaume Nicloux a sua volta proviene da una famiglia religiosa e dichiara di aver pensato di entrare in seminario fino a che la preadolescenza e la lettura del romanzo in oggetto lo indirizzarono su altre vie. Si può comprendere quindi con quale spirito abbia affrontato questa rilettura cinematografica. Perché di rivisitazione si tratta dopo che sia Rivette che Grualt hanno in passato affrontato il romanzo offrendogli il finale (che in Diderot è assente). Nicloux esplora una possibilità diversa: il coraggio nella rivendicazione del diritto all'autodeterminazione viene premiato.
Ancora una volta ci troviamo dinanzi a un film dagli ottimi intenti che però non riesce a sollevarsi dalle secche della corretta illustrazione. La scelta di Pauline Êtienne per il ruolo di Suzanne è indubbiamente più che adeguata. Nei suoi occhi traspare l'innocenza che non si disgiunge mai dalla determinazione di reagire a un sopruso...

Giancarlo Zappoli - Mymovies.it


  ...A distanza di quasi 50 anni dalla precedente versione di Jacques Rivette (Susanna Simonin, la religiosa, 1966), Guillaume Nicloux recupera il libello di Diderot - caustico attacco alla religione scritto da un fervente illuminista - per farne una nuova versione. Il regista opta per una messinscena realistica, lontana sia dal misticismo ieratico (ma assai laico) di Rivette, sia dall'eccesso grafico che ci si potrebbe aspettare da un racconto che include violenze sadiane e perversioni femminili. Con un occhio indagatore ma non voyeurista Nicloux filma la sua Suzanne, eroina della perseveranza, martire delle logiche economico-religiose dell'epoca, con partecipazione dolorosa ma lievemente distaccata, quel tanto che basta per non cadere nel melodramma o nell'eccesso della messinscena: le angherie subite dalla ragazza da parte di una perfida madre superiora sono così mostrate più nelle loro implicazioni psicologiche che fisiche, così come le avances cui è soggetta da parte di un'altra monaca (Isabelle Huppert) sono visivamente assai caste, tanto da deludere chi si aspetta qualche risvolto pruriginoso che relazioni questo film ai nunsplotation stile Interno di un convento (1978) o Flavia, la monaca musulmana (1974).
Se da un lato questa pudicizia è encomiable, dall'altro si avverte per tutto il film la fastidiosa sensazione che il regista si sia trattenuto troppo: le ragioni dei personaggi sono chiare e ben esposte, ed il dissidio interiore della protagonista è evidente. Tuttavia ci si chiede se ciò che si vede a schermo sia effettivamente sufficiente a far passare l'idea che sta sotto la narrazione, ovvero una denuncia della Chiesa come complice dei poteri forti e tutto fuorché luogo di venerazione del sacro (le uniche suore buone o si uccidono o sono messe in disparte, mentre a governare sono madri superiore kapò o lussuriose). Nel ricercato lieto fine (che cambia lo scritto originale ed il film di Rivette) e nella metodica punizione dei colpevoli, un sospetto di moralismo o di mancato coraggio da parte dell'autore si fa largo nella mente dello spettatore.

Alessandro Giovannini - Storiadeifilm.it

promo

Nella Francia del 1760, la sedicenne Suzanne Simonin, nata in una famiglia borghese, si trova al bivio che accomuna le ragazze del tempo: matrimonio o convento. Animata da una malintesa "vocazione", decide di prendere i voti. Ha un ripensamento, ma è già tardi: una delicata questione familiare la condanna alla vita di convento, dove il suo desiderio di libertà (di pensiero e di vita) si scontrerà con l'ottusità di tre Madri Superiora (l'amorevole ma infida, la giovane sadica, la mendicante di baci). Il regista, oartendo da Diderot,  opta per una messinscena realistica, lontana sia da un misticismo ieratico (come nella versione precedente di Rivette), ma con una partecipazione dolorosa anche se distaccata, quel tanto che basta per non cadere nel melodramma o nell'eccesso della messinscena. Davvero perfetta la scelta di Pauline Êtienne per il ruolo di Suzanne: nei suoi occhi traspare l'innocenza che non si disgiunge mai dalla determinazione di reagire a un sopruso.

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 LUX - settembre 2013

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