Ricordati di me
Gabriele Muccino - Italia 2003 - 2h

      Ci ricorderemo di Ricordati di me? Forse è questo il grande problema di Muccino, anche lui come i suoi personaggi ha un disperato bisogno di farsi ricordare. Farsi ricordare come quel “nuovo regista” che all’inizio del millennio aveva rammentato un po’ a tutti gli ultimi baci della propria vita. Il suo nuovo film parte da quell’ Ultimo bacio, per raccontare la storia di chi mette su famiglia, fa un figlio e poi un altro, e poi questi figli hanno da fare la maturità e da compiere diciott’anni. La storia di chi non fa l’artista, non diventa attrice come succede a Laura Morante, e non diventa scrittore come capita a Fabrizio Bentivoglio. Questi personaggi in due ore di film sbattono porte, urlano i loro motivi, baciano labbra dimenticate, baciano labbra per avere un provino, baciano labbra che non corrispondono; corrono per la felicità, corrono per fuggire in una casa al mare, corrono per scappare di casa, telefonano per fissare appuntamenti, per dirsi addio o per avvertire che non torneranno a casa a dormire.
Tante sono le cose compiute da questi personaggi che è impossibile annoiarsi. Apparentemente è un pregio: grande ritmo, bravi interpreti e una storia che vorrebbe parlare a tutti. Perché in fin dei conti essere ricordati ha qualcosa a che vedere con l’essere amati, e questo è un desiderio che riguarda tutti.
E allora, cosa non va quindi in tutto ciò? Non va il fatto che questa danza di parole, urla, temi, desideri sia talmente veloce da sfuggire a ogni approfondimento. Ma Muccino mette le mani avanti e, citando Hegel, spiega, per voce di una delle sue creature di celluloide, che “la vera profondità sta in superficie”. Bella scusa e forse triste verità. Rimane il fatto che la contraddizione di questo lavoro sta proprio nel parlare di cose profonde e complesse con una superficialità da televisione chiacchierata. Non a caso Muccino con il suo cast si è fatto tutte le “messe cantate” della televisione, con una promozione porta a porta, che ha bussato oltre al programma di Vespa, anche a Quelli che il calcio, praticamente a tutti i Tg delle sei reti pubbliche-private (non va dimenticato che il film è distribuito da Medusa, azienda di Berlusconi) fino ad arrivare direttamente tra le braccia delle veline di Striscia la notizia. Insomma secondo Muccino non vale nemmeno la pena di approfondire queste contraddizioni, e ha sposato la politica di Oscar Wilde: “Non m’importa se si parla bene o male, basta che si parli”. Ecco questo è il grosso male di Ricordati di me, il male sta in tutte le parole spese, tra televisione, stampa e pubblico che davanti a questo lavoro avranno la sensazione di aver visto “il cinema italiano che fa divertire ma che fa anche pensare”. E tutti parleranno dei loro pensieri, e delle sensazioni provate nascoste tra i sorrisi. E si parlerà tanto, troppo, e ci si sentirà tutti un po’ più intelligenti, come Muccino che riesce alla sua giovane età a scrivere i pensieri dei padri, dei figli e dei nonni. Muccino che quando si tratta di raccontare la tristezza profonda dei suoi personaggi risolve tutto con una smorfia che dice e non dice.
Il film di Muccino è una chiacchiera. Le chiacchiere si dimenticano, i discorsi si ricordano, un po’ di più.

La Difesa del Popolo (Alberto Fassina - 23 febbraio 2003)