Road 47 (A Estrada 47)
Vicente Ferraz
- Portogallo/Italia/Brasile 2014 - 1h 47’



 

   Si parla di Liberazione e si pensa alle truppe anglo-americane che percorrono la Penisola per porre fine all'occupazione nazifascista. Ma probabilmente non sono molti a sapere e ricordare che nel 1944, in piena seconda Guerra mondiale, a combattere lungo la Linea Gotica c'erano anche militari brasiliani della Feb (Força Expedicionaria Brasilera), giovanissimi venuti ad affrontare un conflitto che non li riguardava, in una terra a loro sconosciuta, mandati al fronte con un addestramento minimo, tormentati da un freddo mai conosciuto in vita loro, con i piedi in una neve che vedono per la prima volta. In 25 mila arrivarono a Napoli mal equipaggiati e 12 mila furono spediti nel gelido inverno bellico del Centro e Nord Italia. Ora Road 47 del regista brasiliano Vicente Ferraz vuole rispolverare questa memoria. "Più che realizzare un film di genere, un 'film di guerra', il mio intento è quello di portare alla luce una parte sconosciuta della storia: quella riguardante i soldati dell’unico esercito latino-americano che lottò in Italia a fianco degli Alleati, durante il rigido inverno del 1944-45. Il film si allontana dall’epica militare, per concentrarsi più sulle contraddizioni sorte con l’arrivo di giovani soldati brasiliani, per la maggior parte umili e disperati, in una terra lontana, in Europa". Nel cast anche Sergio Rubini nei panni di un soldato repubblichino, in fuga dai suoi doveri di militare.

Simona Santoni - panorama.it 

   Dicembre del '44. Sull'Appenino tosco-emiliano l'inverno è gelido e sconosciuto per i militari brasiliani della FEB, mandati a combattere una guerra lontana e per loro incomprensibile. L'esplosione di una mina uccide due di loro e il panico li disperde. In quattro, sbandati, affondati nella neve, si uniranno ad un corrispondente di guerra, ad un disertore repubblichino e ad un sergente tedesco ferito e forse pentito, in cerca del campo minato che ancora sbarra la strada all'avanzata degli Americani e alla liberazione. La metafora della macchina fotografica in frantumi è chiara: di quel brandello di storia non c'è memoria, la partecipazione dei soldati brasiliani alla Seconda Guerra Mondiale, sul suolo italiano, non è cosa risaputa. Il film insinua l'idea che in qualche modo ci sia un pregiudizio di mezzo, che abbia relegato quella realtà nel faldone ideale del non degno di nota, non memorabile. Lo stesso pregiudizio che nel film è inizialmente incarnato dal personaggio interpretato da Sergio Rubini: un italiano con il mito degli Americani nella testa, l'odio per i Tedeschi nel cuore e una sorta di indifferenza ideologica mista a scherno per questi brasiliani sperduti, incapaci di restare uniti tra loro, tormentati dal freddo, con un addestramento militare minimo alle spalle. Ma è proprio questo pregiudizio, e il suo ribaltamento, a costituire l'oggetto di Road 47 .
Il film combatte l'oblio e l'errore con la propria esistenza, riesumando e preservando il ricordo dei brasiliani che hanno lottato a fianco dei partigiani italiani (ne morirono 450), e lo fa fornendo, con l'avventura della liberazione della Strada 47 lungo la Linea Gotica, quell'impresa storica che può erroneamente apparire come motivazione necessaria all'omaggio cinematografico (come se non bastasse il sacrificio). Invece il film riesce, al di là di qualche squilibrio e qualche ingenuità, proprio perché declina quell'impresa non in un traguardo da eroi, con la retorica che vi si affiancherebbe, ma in un'avventura quotidiana, di persone che compiono il loro dovere mosse da motivazioni personali differenti, persino contrastanti, e nel successo, meritato eppure quasi fortuito, trovano il senso smarrito, l'unione che latitava. Soprattutto, Ferraz raggiunge questo risultato con il linguaggio silenzioso del cinema, non quello, cioè, dei dialoghi, ma quello della regia, evitando effetti speciali e scene di massa e raccontando la strada percorsa e lo sminamento con i tempi e la precisione di un documentario e trovando così, nella sequenza principale, un momento al presente, che sfugge alla cornice del film d'epoca e alle ragioni d'interesse commemorativo ed extra cinematografico.
Per il pubblico italiano, la presenza di Rubini, col suo volto così noto in mezzo alle facce sconosciute degli altri attori (che diventano famigliari solo strada facendo, man mano che il film si addentra nelle loro storie) rischia di sbilanciare l'equilibrio globale, affidandogli un peso maggiore del dovuto (complice un'uscita di scena pomposa nella scelta dell'inquadratura), ma è l'unico sentore degli accordi di coproduzione internazionale che hanno permesso il film e non ne compromette certo la visione.

Marianna Cappi - mymovies.it 




promo

Dicembre 1944. Sull'Appennino Tosco-Emiliano, un gruppo di genieri della Forza di Spedizione Brasiliana (FEB), inesperti e a disagio nel terribile gelo europeo, tenta nottetempo di neutralizzare uno dei numerosi campi minati tedeschi lungo la Linea Gotica: ma una mina esplode, uccidendo due dei loro, e il reparto, preso dal panico, si disperde nella terra di nessuno. Comincia così un viaggio in mezzo alla neve, in cui cinque sbandati incontrano una postazione avanzata americana misteriosamente abbandonata, un corrispondente di guerra brasiliano, un soldato repubblichino che ha disertato e cerca di raggiungere la sua famiglia in una fattoria vicina, una pattuglia tedesca e un sergente tedesco che afferma a sua volta di voler disertare. Soprattutto incontrano il campo minato che ha impedito ai carri americani di raggiungere un paese liberato dai partigiani e sotto la minaccia di un contrattacco tedesco.... La partecipazione dei soldati brasiliani alla Seconda Guerra Mondiale, sul suolo italiano, non è cosa risaputa e Road 47 declina l'impresa non in un traguardo da eroi, ma in un'avventura quotidiana, di persone che compiono il loro dovere mosse da motivazioni personali differenti ma che nel successo, quasi fortuito, trovano il senso smarrito della loro missione. Ferraz raggiunge questo risultato con il linguaggio silenzioso del cinema, con una regia attenta e partecipe, raccontando senza enfasi ma con la credibilità di un documento di storia ritrovata.

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 LUX - aprile 2015

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