SENTIERI DELLO SPIRITO, PERCORSI DELLO SGUARDO
 
(IN BIANCO E NERO!)

SACRO E PROFANO. Il primo termine ha un indiscusso fascino prioritario nel nostro immaginario culturale, cinematografico in particolare. Vengono subito alla mente lo stoico apostolato di padre Christian e dei suoi confratelli (Uomini di Dio) e l’ovattata religiosità de Il grande silenzio, ma il rimando era troppo ovvio e “attuale”, così come ci sembrava poco originale riproporre i titoli di un esotismo che il cinemainvisibile aveva messo in cartellone qualche anno fa con il ciclo PERCHÉ IL CINEMA D'ESSAI È PARTITO PER L'ORIENTE?. La linea guida che porta a questa rassegna è quella di un itinerario spirituale di dubbio e sofferenza, di ricerca di una sacralità profonda, dissimulata, compressa, contrastata dalla secolarizzazione incombente, da un contesto “profano” che tende a relegare ogni anelito spirituale nello spazio dell’utopia. Proprio la voce dell’Utopia e del mito di Shangri-La costituiscono l’essenza di Orizzonte perduto (1939) di Frank Capra che dirotta i protagonisti del racconto e gli stupefatti spettatori (oggi come allora) tra le montagne innevate del Tibet dentro ai confini di "un mondo mite saturo di pace, serenità e longevità “
Allontanandoci dall’american system e dalle semplificazioni di un cinema sempre intriso di populismo e spettacolarità (e Capra non è certo un regista “dello spirito”…), la forza dello sguardo mistico della vecchia Europa si concretizza in tre capolavori di altrettanti maestri del cinema del novecento:
Diario di un curato di campagna (1950) di Robert Bresson (“creare il soprannaturale muovendo dal reale”), Ordet (1955) di Carl Theodor Dreyer (“un'opera di liturgica e solenne bellezza”) e Luci d’inverno (1963) di Ingmar Bergman (“il dramma del silenzio di Dio”). A chiudere un cult-movie senza tempo come Andrej Rubliov (1969), in cui il tema religioso della dicotomia tra un Dio vendicativo e un Dio misericordioso si fonde con la riflessione sul rapporto tra l’artista e la società, il potere, il popolo. Gli squarci colorati dell’epilogo illuminano di un contrasto cromatico memorabile l’affresco di Andrej Tarkovski e suggellano lo sguardo, rigorosamente in bianco e nero, del nostro percorso cinematografico. (e.l.) 

le proiezioni saranno introdotte da Ezio Leoni, Umberto Curi, Gabriele Pedrina, Andrea Panzavolta, Adone Brandalise

cinema invisibile TORRESINO febbraio-giugno 2011