Séraphine
Martin Provost
- Francia/Belgio/Germania 2008 - 2h 5'

   Vita (oscura), arte (segreta) e tragedia (dimenticata) di Séraphine Louis, meglio nota come Séraphine de Senlis, domestica e pittrice francese morta in manicomio nel 1942 dopo una breve notorietà dovuta al critico e collezionista tedesco Wilhelm Uhde, riscoperta di recente anche grazie a questo film del 2008 che in Francia ha riempito le sale, vinto 7 César. E messo in orbita la grande Yolande Moreau: attrice-sceneggiatrice-regista belga che presta a Séraphine il fisico imponente, gli occhi acquosi, i trasalimenti improvvisi con cui dà corpo al talento misterioso e per certi versi inquietante di questa pittrice autodidatta.
Séraphine infatti ricopriva piccole tavole e poi grandi tele di fiori e di frutti ossessivamente assemblati e dipinti con la terra, il sangue degli animali e il succo delle piante, obbedendo all'impeto imperioso di tanti artisti naif. Ma anche a una vena mistica che poi degenererà in mania e forse in follia. Provost concentra nell'epilogo gli anni terribili del manicomio diffondendosi invece sul mistero della donna e della sua arte, ovvero sull'incontro casuale quanto decisivo con il collezionista Uhde (Ulrich Tukur), che era stato il primo ad acquistare un Picasso e a organizzare una mostra del Doganiere Rousseau.
Il meglio sta nel misto di orgoglio e remissività, selvatichezza e fatalismo, con cui Séraphine vive la sua condizione di domestica, ignorata o disprezzata dai padroni, capace di aprirsi solo col suo pigmalione (omosessuale, dunque a sua volta "diverso"), fino a riporre in lui speranze forse eccessive. Il limite nel tono un poco medio del racconto, elegante, sensibile, accurato, privo di veri colpi d'ala (di scelte decise) ma sicuramente capace di gettare una luce cruda e rivelatrice su un destino singolare quanto crudele.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   In Francia, ai primi del 900, un collezionista d'arte tedesco incontra una povera paesana dotatissima per la pittura. Tra le biografie degli artisti, da Van Gogh a Basquiat, quella di Séraphine de Senlis soffre dell'anonimato della protagonista: una pittrice naive (ma giustamente l'uomo che la scopre preferisce il termine "primitiva") che di giorno faceva la colf, la notte dipingeva quadri visionari con colori fatti di terra e sangue d'animali. Yolande Moreau, l'operaia di Louise-Michel, interpreta con grande empatia Séraphine, vittima di genio destinata alla follia; la storia è affascinante anche se la regia di Martin Provostfilm successivo in archivio, trattenuta e neutra, non sempre favorisce la partecipazione emotiva.

Roberto Nepoti - La Repubblica

promo

La storia della vita di Séraphine Louis, che diventa celebre come Séraphine de Senlis, umile governante agli inizi del Novecento e artista "spontanea", con una grande e non educata predisposizione alla pittura, il cui lavoro venne scoperto per caso dal critico d'arte e mecenate Wilhelm Uhde. Un film di cui non si può che parlare bene. Invita al dibattito sciorinando temi diversi, dall’emancipazione della figura femminile al centro della scena (autodidatta, culturalmente acerba, vagamente simile alla nostra Alda Merini, poetessa) all’esasperazione dei conflitti di classe (ancora una volta, veri motori della storia) fino alla relazione di crescita reciproca tra due personaggi di estrazione sociale opposta. La prova della protagonista Yolande Moreau, premiata con un meritato César, l’Oscar francese, è semplicemente superba.

film del week-end precedente

TORRESINO - novembre 2010

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