Still Life
Uberto Pasolini – Gran Bretagna/Italia 2013 - 1h 27'

VE 70 - ORIZZONTI: premio miglior regia


   Produttore di successo (era suo Full Monty) e già regista di un esordio riuscito a metà (Machan - La vera storia di una falsa squadra), questo nipote di Luchino Visconti trasferitosi a Londra sceglie per Still Life uno stile di classica semplicità: inquadrature fisse che spesso «rimpiccioliscono» il protagonista riprendendolo leggermente dall'alto, essenzialità narrativa in sintonia con un'economia di mezzi espressivi efficace e funzionale, un ritmo pacato (che è molto diverso da lento) e calmo che in questi tempi concitati ha l'effetto di una boccata d'aria fresca e rigenerante. Praticamente sempre in scena, lo straordinario Eddie Marsan riesce a trasmettere allo spettatore il peso ma anche i doveri di tutta una vita con una recitazione contenuta e controllatissima, fatta di sguardi muti e dialoghi essenziali, che inquadrature spesso frontali sottolineano con sorprendente efficacia. Arrivando a volte a dare l'impressione che i suoi occhi interroghino direttamente lo spettatore (come nella scena in cui esce dal Bed & Breakfast), quasi a instaurare una complicità capace di andare al di là della semplice occasione narrativa. Tutto questo prende poi ulteriore forza perché l'universo in cui si muove May è quello di un mondo oggi tragicamente diffuso, fatto di persone svantaggiate e sole, la cui unica compagnia è spesso quella della bottiglia. May porta lo spettatore dentro le loro case, tutte uguali nel loro squallore fatto di locali anonimi, con calze e mutande stese ad asciugare, puzza di stantio e disordine diffuso, dove l'unico rapporto con gli altri è l'indifferenza. E ci mostra come spesso l'uomo sia il peggior nemico di se stesso. A meno che il destino non decida di giocare qualche strano tiro...

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera

   L'eroe del secondo film di Uberto Pasolini sembra uscito da un libro a fumetti o da una canzone, tanto è ben disegnato dall'attore e da una regia essenziale e calibratissima. Invece è frutto di osservazione diretta oltre che di invenzione poetica. E poetico, in certo modo, è il suo lavoro. O almeno il suo modo di viverlo. L'instancabile John May (fenomenale Eddie Marsan), infatti, vive per i morti. Se qualcuno trapassa e nessuno reclama il corpo, lui va in cerca di congiunti o conoscenti. Ma se li trova scopre che lo avevano perso di vista, non gli volevano bene, non vogliono saperne. Così pensa a tutto lui. I morti insomma sono la sua famiglia, visto che lui famiglia non ne ha. Ma sono anche fonte continua di sorprese e emozioni. Quante cose scopre, Joe May, su quei morti! E quante persone, quanti pezzi di vita, quante possibilità incompiute o abbandonate costellano le sue indagini. Fino a quando tutte quelle vite finite non entrano nella sua, rivelandogliela, arricchendola, facendo balenare altre possibilità. Donandogli una ricchezza insperata, in un certo qual modo. Così come questo film emozionante, in nulla funereo malgrado il tema, capace di portarci con pazienza, curiosità, rispetto, dentro solitudini che non sono mai assolute ma contengono sempre mondi nascosti. E pronti a essere scoperti da uno sguardo attento...

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   Già produttore dello scanzonato Full Monty, Pasolini solo in apparenza è un epigono del neorealismo britannico alla Loach o Leighfilm precedente in archivio perché, anche dopo una brutale sterzata narrativa a danno dell'omino, il tono prescelto (casomai evocante il desaparecido connazionale Davies) resta delicatamente trasognato, commosso, non recriminatorio e piuttosto favolistico. Gli elementi che concorrono alla riuscita di un film così difficile sono, infatti, i ricami psicologici, le corrispondenze tra paesaggi e sentimenti, i colori spenti accesi qua e là da riflessi di generosità e speranza, il sommesso ma deciso richiamo ai doveri della comunità nei confronti degli emarginati, gli sfruttati e i danneggiati…

Valerio Caprara - Il Mattino

   Delicato e profondo Still Life è la storia di John May (Eddie Marsan), un impiegato comunale senza famiglia, che organizza i funerali delle persone decedute senza nessuno al loro fianco. (...) In questo film, dove la fretta della vita metropolitana è contrapposta a funerali silenziosi e solitari, si fa strada, senza far rumore, il senso puro della 'pietas'. Una 'pietas' che avrà il suo culmine quando John è chiamato a curare il caso di Billy Stoke, vicino di palazzo e di finestra. Un defunto uguale a tanti altri defunti, ma che porta una novità nella sua quotidianità. Non solo perché John è stato licenziato ed è l'ultimo caso di cui si occuperà (il profitto, che non ha scrupoli soprattutto in tempi di crisi, considera inutili i dettagli per dare dignità alle esequie), ma anche perché nelle sue ricerche troverà amici, compagni di bevute, e anche una figlia (la brava Joanne Froggatt, conosciuta per il suo ruolo di Anne in Downton Abbey). «Il titolo Still Life ha vari significati: 'vita ferma' (come la vita di John) o 'ancora vita' o 'vita fotografata'. In italiano 'Still Life' si traduce 'natura morta', ma nella lingua inglese si punta al termine 'vita' più che alla 'morte'. Infatti Still Life è, per me, un film non sulla morte, ma sul valore della vita degli altri. La mia è un'analisi personale di cosa vuol dire essere soli nella vita. Ho ripensato alle mie serate quando rientro e la casa è buia, silenziosa, senza presenza umana. Il mio riferimento cinematografico è il cinema di Yasujiro Ozu perla capacità di colpire mantenendo basso il volume del film, di raccontare storie di tutti i giorni, con una recitazione realista, pacata e contenuta». E così con un finale commovente e forte Pasolini regala allo spettatore, nel periodo delle solite commedie natalizie, un film da non perdere.

Emanuela Genovese - Avvenire

   Pasolini lavora in sottrazione, con una messa in scena minimale e trattenuta quanto i sentimenti del suo protagonista: al resto ci pensa Eddie Marsan, eterno caratterista, sempre maiuscolo in ruoli minori, che qui regala al suo piccolissimo uomo un’interpretazione gigantesca. Nei panni di un personaggio che parla poco e non alza mai la voce, ogni sopracciglio sollevato, ogni labbro contratto diventano precisa punteggiatura di un discorso silente e disegnano un paesaggio interiore sterminato. Favola nerissima che passeggia lieve a braccetto con la morte, Still Life è un’amara riflessione (addolcita, forse troppo, solo dall’inquadratura finale) sul posto che occupiamo nel mondo e su quello che occuperemo sotto terra.

Ilaria Feole - FilmTV


promo

Struggente racconto donchisciottesco sulla vita, l'amore e il 'post mortem'. Meticoloso e organizzato fino all'ossessione, John May è un impiegato del Comune incaricato di trovare il parente più prossimo di coloro che sono morti in solitudine, entrando così con delicatezza nei dettagli delle loro vite. Quando il suo reparto viene ridimensionato, John concentra i suoi sforzi sul suo ultimo caso, addentrandosi in un liberatorio viaggio che gli apre nuovi orizzonti per cominciare a vivere appieno la propria esistenza. Non un film sulla morte bensì sulla vita, indagata nella dignità degli invisibili. Un’opera solo apparentemente 'statica' (da cui il titolo 'still'), giacché procede con rigore a scoprire l'essenza dell'Uomo. Austero, minimale, con un protagonista (Eddie Marsan) straordinario, Still Life si avvale di uno stile è sorvegliatissimo: inizialmente gelido, avvolge pian piano lo spettatore in un'empatia che nel finale strappa una sincera e liberatoria commozione.

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 LUX - gennaio 2014

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