The Addiction
Abel Ferrara - USA 1994 - 1h 26'

     Studentessa alla vigilia della laurea in filosofia viene contagiata da una vampira di nome Casanova, traendone piacere, forze e vitalità. Sprofonda nell'abominio del sangue, contagiando uomini e donne con cui viene in contatto. Girato in un bianco e nero (Ken Kelsh alla cinepresa) che percorre tutte le sfumature del nero e che ricalca, nella sua mescolanza di espressionismo e realismo, i toni, le luci, le linee e i tagli del cinema noir americano degli anni '40 e '50, è un angoscioso e delirante film sul disagio, il contagio, la solitudine, l'angoscia, la morte. Ferrara e il suo sceneggiatore Nicholas St. John ricorrono a un materiale narrativo di pulp fiction (un horror che sconfina spesso nella truculenza della spazzatura violenta), imbottendolo di citazioni che sono una piccola antologia del pensiero negativo a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Tra Nietzsche e Auschwitz, il 10° film di Ferrara è una interrogazione sulla presenza del Male nel mondo.


Il Morandini - Dizionario dei Film

     Altro che i topi di Intervista col vampiro. Qui non ci sono colori accesi, maledettismo, letteratura. Solo nervi, sangue e sofferenza, fisica e morale. Qui la linfa vitale si trova per strada, prelevandola con una siringa da un barbone addormentato. Oppure saltando al collo di amiche, amanti, professori. E poiché Kathleen studia filosofia, le sue elucubrazioni sull'eternità del Male vengono sostenute a colpi di Husserl e di Kierkegaard, mentre sullo schermo si disegnano ombre alla Dr. Caligari. È l'unico a resistere alla sfrenata Kathleen, con un candido ma insormontabile 'no grazie', sarà un giovane che distribuisce santini davanti a una chiesa. Finale nerissimo, ma speranzoso. Dopotutto Ferrara, che quanto a droga sa di cosa parla, dice di aver fatto il film: 'per i ragazzi che crescono'. E l'aspetto più incredibile di questo horror quasi didattico, proprio la sua capacita di assimilare e trasformare tutto. A partire da una colonna sonora che fonde funky, rap, Vivaldi e uno spartito di Friedrich Nietzsche. Per non parlare di quel prete, che compare sul finire. Un sacerdote in un horror? "Ma certo - risponderebbe Ferrara - E dove se no?".

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

     The Addiction riprende quasi tutti i luoghi comuni dei film sui vampiri ma riesce ad aggiornarli con straordinaria forza. Anche il finale (da non rivelare ovviamente)gioca sul tema dell'immortalità, con un colpo di coda che riscrive totalmente il genere horror al quale The Addiction appartiene. E come se, per Ferrara e St. John, i vampiri fossero pedine di un gioco più grande. Questo gioco è quello del peccato e dell'espiazione. Il film ci parla della necessità di affrontare i nostri fantasmi, di lottare contro il nichilismo che il silenzio di Dio potrebbe instillare nelle nostre coscienze. The Addiction è il film che avrebbe fatto Ingmar Bergman, se fosse nato nel Bronx come Abel Ferrara. Insieme a Fratelli, che è subito successivo e che ritrova il silenzio di Dio all'interno della mafia e dalla famiglia è l'indiscusso capolavoro di questo discontinuo regista. Da vedere assolutamente.

Alberto Crespi - L'Unità

cinema invisibile TORRESINO febbraio-giugno 2009

promo

The Addiction riprende quasi tutti i luoghi comuni dei film sui vampiri ma riesce ad aggiornarli con straordinaria forza. E come se, per Ferrara, i vampiri fossero pedine di un gioco più grande. Questo gioco è quello del peccato e dell'espiazione. Il film ci parla della necessità di affrontare i nostri fantasmi, di lottare contro il nichilismo che il silenzio di Dio potrebbe instillare nelle nostre coscienze.