The Idol (Ya Tayr El Tayer)
Hany Abu-Assad - Palestina/Qatar/Gran Bretagna
2015 - 1h 40’


   Il poeta libanese Khalil Gibran ha scritto che il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta e il battito del cuore di chi ascolta. Quella vibrazione diventa potente al punto da scuotere la Storia se il cuore in ascolto è quella di un intero popolo. E più o meno quello che è successo a Gaza due anni fa, quando uno dei suoi figli, Mohammad Assaf, partecipa al talent Arab Idol e lo vince. Riscattando, senza spargimenti di sangue, tutti gli abitanti della Striscia.
Una vicenda rievocata con grande partecipazione emotiva dal regista palestinese Hany Abu-Assad, già due volte candidato all’Oscar con Paradise Now (2005) e Omar (2013), due film molto duri sulla realtà dei Territori Occupati. Con
The Idol cambia registro, anche se la sostanza è la stessa: sullo sfondo di una narrazione più leggera, più pop, resta un popolo in libertà vigilata in un territorio che sembra un carcere a cielo aperto, con problemi e difficoltà di ogni genere.
Abu-Assad ce lo ricorda ogni momento, quando inquadra gli edifici sventrati dell’ultimo bombardamento israeliano, quando ci fa toccare con mano la pericolosa prossimità tra spazi di vita e spazi di morte, tra la spiaggia bagnata da un mare che non porta da nessuna parte e il reticolato spinato dove rimbalzano le speranze di ogni palestinese, tra il gioco dei bambini e gli affari illeciti degli adulti. Abu-Assad coglie il nocciolo del dramma palestinese nel dilemma tra la mobilità irrefrenabile dei sogni e l’immobilità fisica imposta. E laddove le diplomazie sono impotenti, c’è l’arte a vincere l’impasse, nel modo più inimmaginabile e insieme più banale possibile: creando unione dove c’è divisione. Suddiviso tra una prima parte briosa legata all’infanzia di Mohammad (il bravissimo Qais Atallah) e una seconda ambientata nel 2013, più schematica ma in crescendo emotivo, con il protagonista (qui interpretato da Tawfeek Barhom) che trova il modo di coronare il suo sogno,
The Idol è un’operazione alla The Millionaire, ma con un peso politico affatto diverso. Abu-Assad guarda al mercato internazionale, semplifica e smussa dove può ma senza mai camuffare il contesto. L’emozione è sincera. E il tarab, il particolarissimo canto arabo, per una volta è il canto di tutti.

Gianluca Arnone - cinematografo.it

   Muhammad Assaf ha il dono di una voce straordinaria e la sorella maggiore Nour lo sprona a credere in se stesso. Ma nella miseria di Gaza è difficile anche solo sognare di emergere. Quando Nour muore perché la famiglia di Assaf non dispone dei soldi necessari per le cure, Assaf piomba nella tristezza più cupa. Dodici anni dopo, la prospettiva di partecipare ad Arab Idol e vincerlo diventa una ragione di vita. Una parabola chiaramente consolatoria quella di Muhammad Assaf, divenuto simbolo di pace e ambasciatore ONU solo grazie alle proprie doti canore, sufficienti a ridare speranza al popolo palestinese. Assaf proviene dalla striscia di Gaza, teatro di combattimenti perenni e circondata come una prigione a cielo aperto: una realtà con cui Assaf si scontra per tutta la vita, fino a dover falsificare la propria identità pur di raggiungere l'Egitto e partecipare a Arab Idol. Hany Abu-Assad abbandona i teatri di guerra che hanno caratterizzato Omar e Paradise Now per abbracciare un racconto popolare in cui il dramma palestinese resta sullo sfondo. La paranoia è sempre in agguato, come dimostra la sequenza thriller in cui Assaf attraversa il confine con l'Egitto, ma è stemperata dal romanzo di un successo inaspettato che unisce un popolo e lo porta al sorriso.
The Idol è suddiviso rigidamente in due segmenti distinti: nel primo si racconta l'infanzia di Assaf, dominata dalla figura di Nour, sorella vagamente tomboy con le idee chiare su come relazionarsi con il mondo. Dopo un ellissi di dodici anni di vita, si arriva invece ai giorni che precedono l'iscrizione di Assaf a Arab Idol. L'epilogo comporta un ennesimo cambiamento stilistico. Realtà e finzione si mescolano, in un'alternanza di immagini di cronaca del vero Assaf e di ricostruzione fittizia della competizione.

Emanuele Sacchi - mymovies.it



promo

Anni '50. Siamo a Gaza. Sinonimo di tanti conflitti, distruzione e disperazione, ma per Mohammed Assaf e sua sorella Nour, Gaza è la loro casa e il loro parco giochi. È dove, insieme ai loro migliori amici Ahmad e Omar, fanno musica, giocano a calcio e hanno il coraggio di sognare in grande. La loro band è alla buona, utilizzano vecchi strumenti musicali, ma nonostante tutto hanno grandi ambizioni. Mohammed e Nour desidererebbero cantare all'Opera Hall del Cairo; per raggiungerla sarebbe necessaria una vita intera, ma Mohammed scoprirà che per alcuni sogni vale la pena di lottare. Lungo la strada, Mohammed incontrerà la tragedia e proverà la solitudine. Il mondo che lo circonda andrà in frantumi. Nonostante tutto, comunque, Mohammed sa che la sua voce lo libererà dal dolore che lo pervade, e porterà a un popolo senza voce la gioia. Per pagarsi gli studi universitari canta ai matrimoni e guida un taxi. Anche quando l'assedio nel territorio di Gaza si intensifica, e si vive in una situazione sempre più minacciosa, Mohammed sa di avere un dono raro; con la sua voce può far sorridere e dimenticare i problemi e i dolori. Una sera, ecco la possibilità che il sogno si avveri: sente in tv che i provini per "Arab Idol", lo show più popolare nel mondo arabo, si svolgono al Cairo. I confini sono chiusi. Sembra non esserci via d'uscita. Ma la voglia di realizzare un sogno è più forte di ogni ostacolo: ecco l'opportunità di cambiare la sua vita e dare a un popolo senza voce la più grande sensazione: la libertà di amare, vivere e sentirsi liberi. Ispirandosi all'incredibile storia vera di Mohammed Assaf, Abu-Assad semplifica e smussa dove può ma senza mai camuffare il contesto, passando dai sogni dell’infanzia di Mohammad alla concretezza della corsa verso il successo. L’emozione è sincera.

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LUX - aprile 2016

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